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  • Mercoledì 22 maggio 2019

L’epidemia di HIV in Pakistan

Nelle scorse settimane 607 persone sono risultate positive al virus che causa l'AIDS, la maggior parte sono bambini: c'entrano i medici e i presunti medici, sembra

Un medico con alcune provette di sangue positivo all'HIV (John Moore/Getty Images)
Un medico con alcune provette di sangue positivo all'HIV (John Moore/Getty Images)

A partire da aprile nella provincia di Sindh, nel distretto di Larkana, in Pakistan, 607 persone sono risultate positive all’HIV, il virus che causa l’AIDS, e di queste 494 erano bambini. Tutto è cominciato a febbraio quando alcuni genitori della città di Ratodero, nel distretto di Larkana, hanno iniziato a preoccuparsi per la febbre alta dei loro figli, tra i 2 e gli 8 anni, che non riuscivano a far abbassare. Il medico dei bambini era il pediatra Muzaffar Ghangharo: le sue cure non avevano avuto effetto fino a quel momento, così i genitori si rivolsero un altro medico, Imran Aarbani. Questo decise di sottoporre i bambini al test dell’HIV, un virus i cui sintomi possono essere proprio le febbri alte e persistenti. Il 24 aprile si è scoperto che 15 dei bambini sottoposti al test erano risultati positivi, nonostante nessuno dei loro genitori lo fosse.

Nelle settimane successive le autorità del distretto di Larkana hanno permesso a circa 10mila persone, bambini e adulti, di sottoporsi gratuitamente al test per l’HIV, scoprendo così l’epidemia del virus in corso nella zona. Inizialmente la colpa dell’epidemia era stata data soprattutto a Ghangharo, accusato da molti dei genitori dei bambini risultati positivi di aver utilizzato siringhe infette nelle sue visite. In seguito anche Ghangharo è stato sottoposto al test e ne è risultato positivo. L’uomo, che ha detto di non sapere di essere infetto, è stato arrestato il 30 aprile con l’accusa di aver diffuso volontariamente il virus nei suoi pazienti.

L’arresto di Ghangharo è stato solo il primo passo in un’indagine che ha riguardato tutta la precaria situazione del sistema medico di Larkana. La diffusione del virus nella provincia del Sindh, infatti, non è una novità: già nel 2016 erano stati riscontrati 1.521 casi di persone positive all’HIV, secondo i dati del SACP (il programma di controllo dell’AIDS nel Sindh). In quel caso la maggior parte delle persone infette furono uomini, e la causa del contagio venne attribuita a rapporti non protetti di questi uomini con alcune prostitute. Secondo il dottor Asad Memon, che dirige il SACP a Larkana, la recente epidemia scoperta tra i bambini sarebbe in parte da collegare a quella del 2016.

«Penso che la trasmissione del virus sia stata causata dai membri di un gruppo di persone ad alto rischio (prostitute donne e transgender) e da scarse pratiche igieniche di finti medici locali che hanno infettato i propri pazienti», ha detto a BBC. La diffusione dei finti medici non è una cosa nuova in Pakistan: si pensa che in tutto il paese ce ne siano almeno 800mila. Sono persone che non hanno nessuna qualifica o esperienza, ma le cui cure costano meno di quelle dei veri medici.

Anche la dottoressa Fatima Mir, che si occupa specialmente di bambini malati di AIDS e che ora sta lavorando come volontaria a Ratodero, pensa che i collegamenti tra l’epidemia del 2016 e quella attuale si debbano soprattutto ai bassi standard sanitari dei medici locali. «Ci sono tre modi in cui un bambino può essere infettato: tramite il latte di una madre che ha il virus dell’HIV, tramite trasfusioni di sangue, o tramite una siringa o uno strumento infetto durante una visita medica».

In molti dei casi trattati da lei, le madri sono risultate negative e pochi dei bambini infetti avevano subito trasfusioni di sangue, motivo che le fa pensare che la causa dell’epidemia sia da attribuire ai medici locali. L’indagine per capire le cause dell’epidemia intanto sta andando avanti e nel corso delle scorse settimane nel solo distretto di Larkana sono state chiuse 147 cliniche che non rispettavano gli standard sanitari, e in tutta la provincia di Sindh circa 600 strutture hanno ricevuto un avvertimento da parte delle autorità.