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  • Lunedì 20 maggio 2019

Guida alle elezioni europee in Austria

Sono diventate improvvisamente molto attuali perché il governo di destra è appena caduto, per via di uno scandalo sulla Russia

di Paolo Bovio

(AP Photo/Michael Gruber)
(AP Photo/Michael Gruber)

Il valore politico delle elezioni europee di domenica 26 maggio in Austria è stato completamente stravolto da quanto accaduto negli ultimi tre giorni: il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha infatti deciso di indire elezioni anticipate dopo lo scandalo che ha portato alle dimissioni il vicecancelliere Heinz-Christian Strache, leader del partito di estrema destra che appartiene alla coalizione di governo.

Venerdì pomeriggio i giornali tedeschi Süddeutsche Zeitung e Spiegel avevano pubblicato il video, girato di nascosto a Ibiza nel 2017, di un incontro in cui Strache prometteva a una sedicente oligarca russa influenza e appalti nel futuro governo in cambio di sostegno economico alla propria campagna elettorale allora in corso. Le reazioni alle pubblicazione del video sono state molto estese, in unp contesto politico come quello austriaco che raramente è stato attraversato da uno scandalo di tale portata: i media hanno iniziato a parlare di Ibizagate e Strachegate, mentre sui normalmente sonnacchiosi social network austriaci si parlava solo di quello (da venerdì a domenica la parola “Strache” è apparsa in 250.400 tweet, per dire).

In questo scenario sabato mattina sono arrivate le dimissioni di Strache da vicecancelliere e leader del Partito delle Libertà, mentre sotto il palazzo della cancelleria si è tenuta una grande manifestazione, indetta dalle opposizioni, per chiedere lo scioglimento del governo. Il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen ha accolto la proposta di nuove elezioni, che si dovrebbero tenere nel mese di settembre. Non è ancora chiaro se il governo sia ufficialmente caduto, per via di un litigio in corso fra i due partiti principali: lo si capirà probabilmente nei prossimi giorni.
Le elezioni europee del 26 maggio saranno comunque per i partiti austriaci una specie di prova generale delle prossime elezioni politiche. Dopo lo scandalo intorno a Strache, è probabile che il voto sarà motivato principalmente da giudizi e sentimenti relativi alla politica interna, mentre i temi europei sembrano destinati a finire in secondo piano.

Non che in Austria le elezioni europee siano mai state particolarmente sentite: a parte il referendum sull’ingresso nell’UE e le relative elezioni del 1996, l’affluenza alle europee non ha mai superato il 50 per cento dell’elettorato. Oggi, a 23 anni dall’adesione all’Unione, secondo le ultime rilevazioni dell’Eurobarometro poco meno della metà dei cittadini austriaci (il 46 per cento) ritiene che l’appartenenza all’UE sia una cosa positiva. Un elettore su cinque, invece, sarebbe a favore dell’uscita dall’Unione. È un dato interessante per un paese che si è sempre percepito a cavallo fra l’Europa occidentale e quella orientale.

Come funzionano le elezioni europee in Austria
All’Austria spettano 18 seggi al Parlamento europeo. Gli eurodeputati vengono eletti su base proporzionale in un unico collegio, che copre l’intero territorio nazionale. La soglia di sbarramento per i partiti è fissata al 4 per cento, ma a causa del numero ristretto di seggi disponibili e del metodo di calcolo utilizzato per la loro ripartizione – il metodo D’Hondt, che trovate spiegato qui – riusciranno di fatto a eleggere eurodeputati solo i partiti che supereranno il 5,6 per cento dei voti. È possibile esprimere preferenze, ma tradizionalmente assumono particolare rilevanza i capilista: sono i cosiddetti Spitzenkandidaten, una parola che l’UE ha preso in prestito per chiamare un’altra cosa.

Considerando il basso numero di seggi totali a disposizione, va tenuto conto che la differenza tra il numero di seggi ottenuti dai vari partiti sarà minima: anche la lista che risulterà prima non otterrà più di cinque o sei seggi. Per capire come saranno andate le elezioni europee in Austria, insomma, bisognerà soprattutto tenere d’occhio le percentuali di voto.

Su 8,9 milioni di abitanti gli aventi diritto al voto sono circa 6,5 milioni. Possono partecipare alle elezioni europee tutti i cittadini in possesso di cittadinanza austriaca, tutti i cittadini comunitari residenti in Austria, nonché tutti i cittadini austriaci non residenti in Austria, tramite il voto per posta (una cosa molto rara alle elezioni europee).

Una particolarità: dal 2009 l’Austria è l’unico Stato UE, insieme a Malta, che permette di partecipare alle elezioni europee a tutti i cittadini a partire dal 16esimo anno d’età – per la precisione, che abbiano compiuto 16 anni e si siano iscritti alle liste elettorali entro il 12 marzo di quest’anno.

I partiti e i candidati
A contendersi la maggior parte dei seggi dovrebbero essere i tre partiti principali: il Partito Popolare (ÖVP, Österreichische Volkspartei), quello dell’attuale cancelliere Sebastian Kurz, il Partito Socialdemocratico (SPÖ, Sozialdemokratische Partei Österreichs) e il Partito delle Libertà (FPÖ, Freiheitliche Partei Österreichs), quello di estrema destra coinvolto nello scandalo di Strache.

Sembra probabile però che la FPÖ potrebbe perdere molti consensi per via dello scandalo Ibizagate: a cercare di approfittarne sarà soprattutto la ÖVP, che già da tempo ha spostato a destra le sue posizioni. Anche i socialdemocratici cercheranno di recuperare quei segmenti del proprio elettorato tradizionale che in questi anni erano stati attratti nell’orbita dei populisti, ma non è chiaro se ci riusciranno. Partecipano alle europee anche alcuni partiti minori, cioè i Verdi, i NEOS (liberali), la lista “Europa-Jetzt” e la lista “Anders”, che riunisce i comunisti e il Partito dei Pirati: il loro obiettivo sarà superare la soglia di sbarramento.

Fino a prima della pubblicazione del video di Strache, in campagna elettorale i partiti avevano presentato i propri programmi garantendo una certa rilevanza ai rispettivi capilista, tra i quali si sono tenuti vari dibattiti in televisione. A puntare su di loro sono stati principalmente i partiti all’opposizione, mentre ÖVP e FPÖ hanno cercato di sfruttare la visibilità data dall’essere al governo.

I popolari
Anche prima degli scossoni degli ultimi giorni, il Partito Popolare (ÖVP) era nettamente favorito per la vittoria: è il partito che ha vinto le ultime elezioni politiche del 2017 e a cui appartiene il cancelliere Sebastian Kurz, che è anche leader del partito.

Dopo lo scandalo che ha coinvolto i vertici della FPÖ, i popolari hanno la possibilità di allargare ulteriormente il proprio consenso, pescando tra i voti che sarebbero andati al partito di Strache. Governare da solo è l’obiettivo dichiarato di Kurz, che lo ha chiarito nella conferenza stampa con cui ha annunciato che avrebbe chiesto al presidente della Repubblica di indire le elezioni anticipate: «Voglio continuare a lavorare per l’Austria, secondo il mio approccio, il mio progetto politico, e con il sostegno della maggioranza della popolazione».

È un progetto ambizioso, dato che il sistema elettorale in vigore in Austria è un proporzionale puro: significa che per governare davvero da solo l’ÖVP dovrà ottenere una percentuale intorno al 50 per cento dei voti. Ma Kurz ha già dato prova delle sue capacità poltiiche quando alle elezioni del 2017 il partito ottenne il 31 per cento dei voti (sette punti in più rispetto alla precedente tornata), riportando la ÖVP a essere prima forza politica in Austria dopo quindici anni. Molti attribuirono il successo di Kurz a un cambio di immagine del partito, che modificò il nome ufficiale e abbandonò il suo minaccioso colore tradizionale, il nero, in favore del turchese, rendendo il partito allo stesso tempo più presentabile e attraente e anche più sensibile ai temi alla destra radicale (ci arriviamo).

Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz alle celebrazioni per il 25esimo anniversario dello Spazio Economico Europeo (Sean Gallup/Getty Images)

Kurz ha 33 anni ed è tra i più giovani capi di governo al mondo, ma può già contare su una certa esperienza, anche a livello europeo: è stato ministro degli Esteri dal 2013 al 2017 e tra luglio e dicembre dell’anno scorso ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, nel semestre spettante all’Austria. Oggi è considerato tra le figure di spicco del Partito Popolare Europeo e il suo peso nel Consiglio Europeo – l’organo che raduna i capi di stato e di governo dell’UE – sarà fondamentale per le speranze di Manfred Weber, candidato presidente alla Commissione europea del Partito Popolare Europeo, di ottenere l’incarico. Kurz ha già tenuto vari eventi di campagna a sostegno di Weber, che a sua volta lo considera come uno dei suoi alleati più preziosi.

In passato la ÖVP ha avuto una chiara impronta europeista, mentre oggi, come del resto molti partiti conservatori in tutta Europa, ha assunto un posizionamento più ambiguo nei confronti dell’UE. Da un lato Kurz ha aperto la campagna per le europee dei popolari con un discorso che da una parte è stato appassionatamente europeista – «Non voglio lasciare la nostra UE nelle mani dei casinisti di destra né di sinistra» – dall’altro ha promesso di «portare in Europa il cambiamento che parte dall’Austria». Nelle settimane successive ha inasprito le critiche nei confronti delle istituzioni europee, dicendo per esempio: «Se vogliamo che le persone si entusiasmino di nuovo per l’Europa, dobbiamo fermare il controllo da parte di Bruxelles». Ha parlato di “smania di regolamentazione” da parte delle istituzioni europee, citando apertamente la necessità di riformare i trattati.

Kurz è sembrato escludere un’alleanza tra PPE e partiti euroscettici nel nuovo Parlamento europeo: una posizione in apparente contraddizione rispetto all’attuale assetto di governo in Austria, che però non sembra aver danneggiato più di tanto le prospettive elettorali del partito.

Il protagonismo di Kurz ha di fatto oscurato la campagna, di segno più europeista, dello Spitzenkandidat dei Popolari, Othmar Karas, un esperto europarlamentare che in passato ha ricoperto la carica di vicepresidente del Parlamento europeo.

I Socialdemocratici
Il voto del 26 maggio sarà un test significativo sulle ambizioni del Partito Socialdemocratico (SPÖ), che dalla fine del 2017 è tornato all’opposizione dopo diversi anni al governo, e che dal novembre dell’anno scorso è guidato da Pamela Rendi-Wagner. Medico, 47 anni, ex ministra della Salute, Rendi-Wagner è la prima donna a guidare i socialdemocratici – e in generale a guidare uno dei principali partiti austriaci – ed è arrivata alla leadership della SPÖ con il programma esplicito di riportare il partito al governo: non sarà semplice, dopo la crisi dei consensi che ha subito negli ultimi anni.

Pamela Rendi-Wagner durante una conferenza stampa a Vienna (AP Photo/Michael Gruber)

Il capolista dei socialdemocratici alle europee è Andreas Schieder, 50 anni, già vicepresidente del partito e capogruppo all’Assemblea nazionale, la camera bassa del Parlmento austriaco. Schieder viene da una lunga carriera all’interno della SPÖ, è originario di Vienna ed è diventato capolista dopo il fallimento, in una consultazione interna, del suo tentativo di candidarsi a sindaco della capitale. In campagna elettorale ha insistito molto sui temi della giustizia sociale, in particolare sulla necessità di costringere le grandi piattaforme online a pagare le tasse nei Paesi dove realizzano i profitti, una proposta cara anche al candidato comune del Partito Socialista Europeo Frans Timmermans. Ha usato spesso lo slogan Mensch statt Konzern, cioè “umanità prima degli interessi delle aziende”: il paragone implicito è con le politiche dell’attuale governo, che l’opposizione socialdemocratica in questi mesi ha descritto come più attento agli interessi delle multinazionali che a quelli della classi più povere.

Prima dello scandalo di Strache, per mobilitare i suoi elettori – ormai concentrati quasi solo a Vienna e nelle città capoluogo – la SPÖ aveva cercato di usare la retorica dell’antifascismo, approfittando di alcune controversie che hanno coinvolto l’FPÖ: su tutte, le polemiche sorte in seguito alla pubblicazione di una poesia in cui un esponente locale della FPÖ paragonava i migranti ai ratti e l’emersione dei collegamenti tra FPÖ e i movimenti identitari ed estremisti di destra. Ora sta intensificando i toni contro tutta la coalizione dell’attuale governo, sottolineando la vicinanza tra FPÖ e ÖVP, ed enfatizzando le responsabilità del partito di Kurz nell’aver portato l’estrema destra al governo.

Il Partito delle Libertà
L’Ibizagate ha sconvolto i vertici della FPÖ, che Strache guidava da 14 anni. È un partito su posizioni di destra radicale e nel Parlamento europeo è tra i principali alleati della Lega nel gruppo “Europa delle Nazioni e della Libertà” (ENL). Dopo la pubblicazione del video, Strache si è dimesso da vicecancelliere e da leader dell’FPÖ: alla guida del partito gli è subentrato Norbert Hofer, ministro dei Trasporti e candidato sconfitto al ballottaggio alle convulse elezioni presidenziali del 2016.

Al centro, a destra, Heinz-Christian Strache; al centro, a sinistra, Norbert Hofer (Sean Gallup/Getty Images)

Già nella fase iniziale della campagna, comunque, la FPÖ aveva avuto diverse difficoltà, proprio a causa delle polemiche sulla famigerata poesia dei ratti (“Rattengedicht”) e sulle connessioni con gli estremisti identitari, da cui il partito aveva dovuto ufficialmente prendere le distanze. Aveva anche già messo in conto una perdita di voti a favore del partito di Kurz, proprio a causa del suo progressivo spostamento a destra.

La FPÖ aveva reagito intensificando i messaggi sui suoi temi tradizionali: euroscetticismo e contrasto all’immigrazione. Il partito ha scelto uno slogan eloquente – Mehr Österreicher, weniger Europa, cioè “Più Austria, meno Europa” – e invocato una radicale riforma dei trattati UE. Inoltre aveva accentuato la retorica anti immigrazione: nonostante i numeri dei migranti che arrivano in Austria siano in calo da anni, nell’elettorato austriaco è ancora forte il ricordo della crisi dell’estate 2015, quando nel giro di poche settimane centinaia di migliaia di profughi, soprattutto siriani, arrivarono a Vienna dalla rotta balcanica, in transito verso il Nord Europa o con l’intenzione di chiedere asilo in Austria.

Per questo Strache e il capolista Harald Vilimsky, europarlamentare uscente, avevano fatto campagna “in difesa dell’Europa dalla sostituzione etnica”, aderendo così a una teoria del complotto sempre più diffusa negli ambienti di destra in Europa, e avevano annunciato un piano per la difesa dell’identità austriaca. Herbert Kickl, ministro dell’Interno e fra i principali leader del partito, durante una recente conferenza stampa ha dichiarato che il suo obiettivo è di accogliere «zero» migranti  (e lo ha fatto indossando una divisa della polizia, come fa spesso il suo omologo italiano Matteo Salvini).

È difficile fare previsioni su come l’elettorato della FPÖ reagirà all’Ibizagate. Nei pochi giorni a disposizione, il nuovo leader Norbert Hofer dovrà cercare di ricompattare la base e difendersi soprattutto dall’offensiva dei popolari di Kurz, con l’obiettivo di evitare il tracollo del partito.

I partiti minori
Per i Verdi (Grüne) queste elezioni europee potrebbero essere l’occasione giusta per uscire dalla crisi in cui il partito si trova da circa due anni. Nel 2017 infatti ci fu una importante scissione, e parte del partito seguì l’ex deputato Peter Pilz nella fondazione della Liste Pilz: mentre quest’ultima riuscì a superare la soglia di sbarramento entrando in Parlamento, i Verdi rimasero fuori, per la prima volta da decenni. Seguì una crisi economica e organizzativa del partito, che ora intende capitalizzare la rinnovata centralità dei temi ambientali nel dibattito pubblico. Lo Spitzenkandidat verde è Werner Kogler, che ha assunto la guida del partito dalla fine del 2017.

Anche il partito fondato dall’ex verde Peter Pilz, che nel frattempo ha cambiato nome in Jetzt! (“Ora!”) parteciperà alle elezioni con la lista Initiative 1 Europa, il cui capolista è Johannes Voggenhuber, lui pure ex europarlamentare dei Verdi. Sono candidati anche i comunisti (KPÖ, Kommunistische Partei Österreichs) e i liberali, che rappresentano la formazione più europeista tra quelle candidate, a partire dal nome stesso, NEOS – Das Neue Europa (“La nuova Europa”). Sia i liberali sia i comunisti hanno presentato una capolista donna, rispettivamente Katerina Anastasiou e Claudia Gammon.

Di cosa si è parlato in campagna elettorale
Anche prima dello scandalo e della caduta del governo, il dibattito pubblico si era concentrato su temi e vicende di politica interna: i legami tra la FPÖ e i movimenti identitari di estrema destra, la riforma della Mindestsicherung (una specie di Reddito d’inclusione che era stato introdotto nel 2010 e che il governo attuale ha molto limitato), la riforma fiscale con tagli alle imposte di cui beneficeranno soprattutto i redditi medi e medio-alti, e la riforma delle pensioni arrivata all’approvazione finale proprio in questi giorni. Nelle scorse settimane ha suscitato molta polemica la decisione del governo di ridurre a 1,50 euro l’ora il già esiguo sussidio orario riconosciuto ai richiedenti asilo: una misura fortemente voluta dalla FPÖ e criticata dalle opposizioni come mossa elettorale.

In modo simile a quanto si sta osservando negli altri paesi, anche in Austria tutti i partiti stanno parlando di una Unione Europea da riformare, in vari sensi: con un approccio più rivolto alle fasce sociali impoverite (socialdemocratici), a favore di snellimento della burocrazia (popolari), oppure per difesa dell’identità (FPÖ).

Cosa dicono i sondaggi
Secondo quasi tutte le rilevazioni effettuate prima dello scandalo, i popolari avrebbero dovuto consolidare il distacco ottenuto alle politiche del 2017, mantenendosi attorno al 30 per cento e ottenendo 6 seggi. I socialdemocratici erano dati al 27 per cento, con 5 europarlamentari. La FPÖ era data al 23 per cento e avrebbe dovuto mantenere i 4 seggi occupati in questa legislatura europea, mentre si prevedeva che i verdi ottenessero 2 seggi, perdendone uno a favore dei liberali. Secondo un primo sondaggio realizzato dopo lo scandalo, la FPÖ ha perso cinque punti mentre la ÖVP ne ha guadagnati quattro. Era da sei anni che l’FPÖ non raggiungeva stime così basse nei sondaggi.

Bonus: che cos’è la Wahlkabine
Se avete già letto la guida del Post alle elezioni europee in Germania, sapete dell’esistenza del Wahl-O-Mat: una specie di test online che, a partire dalle risposte a una serie di domande su svariati temi, vi aiuta a definire il vostro orientamento politico (e quindi chi dovreste votare). Secondo una classica battuta di quelle che giocano sugli stereotipi, l’Austria è come la Germania, ma sei mesi dopo: e in effetti, visto il successo del Wahl-O-Mat tedesco, gli austriaci si sono attrezzati con un loro sistema, a cui hanno dato il nome, più logico, di Wahlkabine (“cabina elettorale”).

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Questo articolo fa parte di una serie di guide alle elezioni europee del 2019. Qui trovate tutte le altre pubblicate finora.