Harvey Keitel ha carattere

E da oggi ha anche 80 anni: è stato Mr. White, Mr. Wolf, Giuda, il cattivo tenente di Abel Ferrara e un grande vecchio in Youth, solo a dirne alcuni

Quando si parla di Irishman – il prossimo atteso film di gangster di Martin Scorsese – si parla spesso dei suoi due attori principali: Al Pacino e Robert De Niro. Più raramente, e in genere con meno enfasi, si dice che ci sarà anche Harvey Keitel. Probabilmente a lui va bene così: sembra aver fatto l’abitudine a essere il principale attore non protagonista, anche perché quel ruolo da comprimario è spesso stato fondamentale per la sua carriera.

Per capirci: Harvey Keitel, che oggi compie ottant’anni, è stato Giuda in un film sull’ultima tentazione di Gesù. E in uno dei suoi ruoli più ricordati e famosi, quello del signor Wolf di Pulp Fiction, che «ha carattere» e risolve i problemi, Keitel comparve su schermo giusto una manciata di minuti. Insomma: una carriera lunga e piena, che non ci sta in cinque righe. Iniziata, tra l’altro, recitando nel primo film di Martin Scorsese, dove non c’erano né Pacino né De Niro.

Keitel è nato a Brooklyn, New York, il 13 maggio 1939: il padre e la madre avevano una specie di locanda, erano ebrei e avevano origini rumene e polacche. Ha raccontato che da adolescente gli capitò di fare qualche piccolo furto (ha detto che rubare e mentire, dicendo di non aver rubato, lo aiutò molto a capire le basi della recitazione), ma a 17 anni scelse di arruolarsi nei Marines, con i quali finì in Libano nell’Operazione Blue Bats, in cui gli Stati Uniti intervennero per risolvere uno scontro politico-religioso tra due schieramenti opposti. Nei primi anni Sessanta, intorno ai vent’anni, tornò a New York. Per qualche anno lavorò come stenografo nei tribunali: ha detto che era il lavoro perfetto per lui, perché potevi stare zitto e nessuno ti parlava.

Lui però aveva evidentemente anche voglia di parlare e si iscrisse allora all’Actors Studio, la famosa e allora rivoluzionaria scuola di recitazione di di Lee Strasberg. Keitel studiò, recitò a teatro, lasciò il lavoro da stenografo, fece una particina in Riflessi in un occhio d’oro (di John Huston, con Marlon Brando ed Elizabeth Taylor) e nel 1967 andò a fare un provino per il film di un altro ragazzo di New York, di qualche anno più giovane di lui. Fu preso e divenne così il protagonista di Chi sta bussando alla mia porta, il primo lungometraggio di Scorsese. Nel film Keitel è un ragazzo di New York che beve e cazzeggia con gli amici, e che poi si innamora; idealizza la ragazza e non vuole farci sesso, poi la lascia quando scopre che lei non è vergine. Roger Ebert scrisse del film: «Non ho remore nel descriverlo come un grande momento per il cinema americano».

Seguirono altri tre film con Scorsese: Mean Streets, Alice non abita più qui e Taxi Driver, dove Keitel è il protettore della giovane prostituta interpretata da Jodie Foster. Fu qui, nella prima metà degli anni Settanta, che Keitel iniziò a imporsi come il personaggio duro, spesso stronzo, con un codice morale tutto suo. Poi fu bravo a fare anche altro. Fece un western – Buffalo Bill e gli indiani, di Robert Altman – e recitò in I Duellanti: il primo film di Ridley Scott, ambientato nella Francia napoleonica.

Negli anni Ottanta la carriera di Keitel prese un giro strano: recitò molto con registi europei, in particolare italiani, spesso in film minori e d’autore. Del cinema italiano ha detto, non molti anni fa: «Il vostro cinema e quello francese sono la madre da cui tutto è nato». Gli esempi migliori sono La morte in diretta, un film di fantascienza del francese Bertrand Tavernier, e Il mondo nuovo, un film di Ettore Scola in cui Marcello Mastroianni interpretò Casanova. Keitel trovò però anche il tempo di tornare a recitare per Scorsese in L’ultima tentazione di Cristo, in cui Cristo è Willem Dafoe.

Poi Keitel compì cinquant’anni e arrivò la prima metà degli anni Novanta. E ci sono pochissimi attori che possono dire, specie a cinquant’anni, di aver messo in fila così tanti film così ben riusciti, come Keitel in quel periodo. Nel 1991 fu il gangster Mickey Cohen in Bugsy, di Barry Levinson e il detective di Thelma & Louise; nel 1992 fu Mr. White in Le Iene, di cui fu anche co-produttore, e il tormentato protagonista del neo-noir Il cattivo tenente, diretto da Abel Ferrara. Nel 1993 recitò in Lezioni di piano, ambientato a metà Ottocento in Nuova Zelanda. E nel 1994 risolse problemi in Pulp Fiction.

Sia nel Cattivo tenente che in Lezioni di piano, due film complessi, con ruoli difficili,  Keitel ebbe delle scene di nudo integrale; il New York Times scrisse che con il «suo corpo a tronco d’albero e il suo petto nodoso, e la sua faccia contorta e il suo volto corrucciato, Keitel rappresentava la mascolinità in modo sofferente, frustrato ed estremo».

Sempre allora, nel 1993, il New York Times aggiunse: «Harvey Keitel non è il più ricco, non è il più bello e non è nemmeno il più noto tra gli attori di Hollywood, ma al momento è il più cool».

Oltre ad aver lavorato ai primi film di Scott e Scorsese, Keitel fu anche indispensabile per l’esistenza di Le Iene, il primo film di Tarantino. Amici di amici fecero arrivare la sceneggiatura del film a Keitel, che la lesse e volle subito incontrare Tarantino. L’incontro, hanno raccontato i due, andò così: Tarantino disse «piacere signor Kitel»; Keitel disse che si diceva Keei-tel e chiese a Tarantino se fosse cresciuto in un quartiere malfamato, se avesse amici criminali, o parenti che facevano rapine. Tarantino rispose con una serie di no, e Keitel gli chiese quindi: «Come diavolo ha potuto scrivere una storia come questa?». Tarantino rispose: «Ho guardato tanti film». Tarantino fu convincente e il budget del film, che era di qualche decina di migliaia di dollari, fu alzato a poco meno di un milione di dollari. Su Abel Ferrara, invece, Keitel ha detto che dalla sua sceneggiatura non capì niente, ma che decise di recitare in Il cattivo tenente dopo aver letto la scena della suora, che viene stuprata e non vuole denunciare gli stupratori perché dice di averli perdonati.

Sempre negli anni Novanta, Keitel fece il detective in Clockers di Spike Lee e recitò in due film di Wayne Wang in cui interpretò un tabaccaio di Brooklyn. Visto che non si possono fare sempre bei film, Keitel ebbe anche una parte in Il mio West, con protagonista Leonardo Pieraccioni. Interpretò Satana in Little Nicky e rifiutò la proposta di interpretare Dio in un altro film. Poi, dopo il Duemila, lavorò a un paio di film di Wes Anderson e recitò in Youth – La giovinezza di Paolo Sorrentino. In un’intervista per quel film disse: «D’accordo, lo ammetto. Avrei voluto fare anche La grande bellezza».

Dal 1995 al 2017 Keitel è stato co-presidente dell’Actors Studio. Il film più famoso che non ha fatto è Apocalypse Now: arrivò sul set per fare Benjamin L. Willard ma qualcosa non funzionò tra lui e Francis Ford Coppola e allora se ne tornò a casa, sostituito da Martin Sheen. Un film in cui recita senza che molti se ne siano accorti è Bastardi senza gloria, dove è uno dei comandanti la cui voce si sente a un certo punto in radio. Dei suoi personaggi più violenti e fuori da certi canoni ha detto: «Non sono solo da odiare, sono problematici. Non li vedo come dei cattivi. Non faccio fatica a farli restare umani». Il video musicale più famoso in cui compare è “Pretty Hurts” di Beyonce. Il film che ha fatto, che probabilmente non avete visto e che lui vorrebbe guardaste è La zona grigia: del 2011, di Tim Blake Nelson, ambientato ad Auschwitz. «Meritava di più, invece non ha avuto la notorietà che era giusto avesse», ha detto.