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  • Domenica 28 aprile 2019

«Battersi contro un’Idra a più teste mentre si nuota in uno tsunami di slime»

È come il fondatore di una società di fact-checking assunta da Facebook ha descritto la lotta contro le fake news nelle elezioni indiane

Una donna mentre visita la pagina Facebook del Partito Popolare Indiano del primo ministro Narendra Modi (AP Photo/Manish Swarup)
Una donna mentre visita la pagina Facebook del Partito Popolare Indiano del primo ministro Narendra Modi (AP Photo/Manish Swarup)

Dall’11 aprile e fino al 19 maggio si vota in India per eleggere il nuovo Parlamento, che a sua volta darà la fiducia a un nuovo primo ministro. Le elezioni si svolgono in sette fasi e sono considerate le più imponenti della storia della democrazia mondiale per l’enorme numero di persone che hanno diritto al voto, quasi 900 milioni. Una delle preoccupazioni di molti osservatori indipendenti è la diffusione delle fake news, che in India come altrove è diventata sempre più massiccia durante i periodi elettorali.

Rispetto al 2014, quando le elezioni furono vinte da Narendra Modi del BJP, il Partito Popolare Indiano, i social network sono diventati un veicolo di notizie false che possono interferire nello svolgimento corretto di un’elezione, e in particolare Facebook è stato al centro di numerose critiche per non aver fatto abbastanza per affrontare il problema.

Cosa sta facendo Facebook 
In vista delle elezioni in India, Facebook ha annunciato di volere aumentare i suoi sforzi per promuovere la trasparenza e la corretta informazione sul social network: si è affidata a sette società che si occupano di fact-checking per segnalare e rimuovere le notizie false, scritte in almeno 10 delle 23 lingue ufficiali parlate nel paese. «In un paese dominato in larga parte dalle notizie locali – ha detto Ajit Mohan, direttore generale e  vice-presidente di Facebook in India – sapevamo che era fondamentale avere dei partner che verificassero i fatti e che potessero esaminare i contenuti nelle diverse regioni e lingue».

Bloomberg ha raccontato il lavoro di una di queste sette società: si chiama Boom Live, è stata fondata nel 2016 dall’ex giornalista televisivo Govindraj Ethiraj e in passato aveva già collaborato con Facebook in occasione del voto regionale del 2018. Boom Live ha 11 dipendenti, un organico del tutto insufficiente per l’enormità del lavoro da compiere. Karen Rebelo, vicedirettrice della società, si è chiesta: «Cosa possono fare 11 persone quando centinaia di milioni di persone che utilizzano uno smartphone per la prima volta condividono ogni video sospetto o notizia falsa che vedono?»

Sia Boom Live che le altre società che si stanno occupando del fact-checking hanno accesso a un software interno di Facebook che le avverte quando alcuni contenuti diventano sospettosamente popolari. Alcune volte le segnalazioni arrivano direttamente dagli utenti che inviano a Boom Live i messaggi virali ricevuti su WhatsApp o visti su Facebook. Il lavoro di Boom Live consiste nell’analizzare e smentire tutte queste notizie ogni giorno, anche se non sempre il loro obiettivo viene raggiunto. Per esempio, scrive Bloomberg, dopo essere riusciti a far chiudere una pagina di destra chiamata “Postcard News” che diffondeva notizie false, ne è nata una nuova che ripubblicava tutti i video della prima.

Le fake news in India
Il problema delle notizie false è un fenomeno particolarmente sentito in India, dove negli ultimi anni la diffusione degli smartphone ha permesso a molte persone, spesso poco istruite tecnologicamente, di accedere a una massa enorme di informazioni tramite i social network. È successo per esempio che alcune notizie false (o parzialmente corrette) diventate virali abbiano avuto conseguenze drammatiche, come quando lo scorso anno alcuni uomini furono linciati dalla folla perché accusati ingiustamente di rapire bambini.

Un caso di fake news di cui si è parlato di recente in India è quello che ha riguardato il candidato del Partito del Congresso Rahul Gandhi, figlio di Sonia Gandhi e dell’ex primo ministro Rajiv. Una foto diventata virale nei giorni scorsi mostrava alcuni sostenitori di Gandhi durante un comizio sventolare una bandiera verde con una luna e una stella bianche. Chi ha fatto circolare la foto sosteneva che la bandiera fosse quella del Pakistan, implicando che Gandhi fosse appoggiato da uno stato storicamente rivale dell’India. In realtà la bandiera era quella della Lega musulmana indiana (Iuml), un partito dello stato del Kerala alleato con il Partito del Congresso.

Le difficoltà del fact-checking
A causa della vastità delle informazioni che circolano in India, secondo Ethiraj combattere le fake news come fa Boom Live è come «battersi contro un’Idra a più teste mentre si nuota in uno tsunami di slime».

Fare fact-checking implica anche avere a che fare quotidianamente con la grande quantità di messaggi d’odio che circolano sui social network, che possono causare nei lavoratori stress e traumi simili a quelli raccontati dai moderatori di Facebook di recente. Rebelo, per esempio, che prima di arrivare a Boom Live era stata una giornalista economica, ha raccontato di essere stata molto male dopo aver visto un video di una ragazza abusata sessualmente da un uomo più anziano, che poi si è rivelato essere il suo patrigno.

Ora i membri di Boom Live aggiungono per precauzione avvertimenti ai video o alle immagini, prima di inviarli ai colleghi per analizzarli. Rebelo ha detto a Bloomberg che utilizza la meditazione per mantenersi in salute mentale, e che ha ordinato a tutti i colleghi di staccare la spina tra le 23 e le 6 del mattino: «fate le cose che amate, coltivate un hobby, praticate sport, muovetevi, spendete del tempo con i vostri amici e la vostra famiglia, leggete libri e dormite di più» è stato il consiglio che ha dato ai suoi colleghi per superare lo stress del lavoro.