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  • Mercoledì 18 settembre 2013

Narendra Modi e il futuro dell’India

L'opposizione ha scelto un candidato molto controverso per le prossime elezioni politiche, considerate "le più importanti dell'ultima generazione"

Gujarat state Chief Minister Narendra Modi speaks during the Vibrant Gujarat 2013, Global Agriculture summit at Mahatma Mandir in Gandhinagar, some 30 kms from Ahmedabad on September 9, 2013. Modi said that some 2500 farmers leave farming daily, some 2,70,000 farmers have commited suicide in last 20 years and some 20% of farm products are lost owing to lack of sufficient and proper warehouses and storage facilities. AFP PHOTO / Sam PANTHAKY (Photo credit should read SAM PANTHAKY/AFP/Getty Images)
Gujarat state Chief Minister Narendra Modi speaks during the Vibrant Gujarat 2013, Global Agriculture summit at Mahatma Mandir in Gandhinagar, some 30 kms from Ahmedabad on September 9, 2013. Modi said that some 2500 farmers leave farming daily, some 2,70,000 farmers have commited suicide in last 20 years and some 20% of farm products are lost owing to lack of sufficient and proper warehouses and storage facilities. AFP PHOTO / Sam PANTHAKY (Photo credit should read SAM PANTHAKY/AFP/Getty Images)

Nella primavera del 2014 si svolgeranno in India le elezioni politiche per il rinnovo del Lok Sabha, la camera bassa del parlamento nazionale: secondo molti quelle elezioni, come ha scritto il New York Times, sono “le più importanti dell’ultima generazione”. I motivi principali sono due: il primo è che potrebbero portare alla sconfitta del Partito del Congresso (Indian National Congress, INC), il principale partito del paese e, fin dall’indipendenza del paese, nel 1947, anche quello dominante (l’INC e il suo primo ministro Manmohan Singh sono attualmente al governo avendo vinto le ultime due elezioni, nel 2004 e nel 2009). Il secondo motivo è che l’altro partito principale del paese, il Partito Popolare Indiano (Bharatiya Janata Party, BJP) di orientamento nazionalista indù e conservatore, ha scelto come proprio candidato Narendra Modi, personaggio politico tra i più controversi degli ultimi decenni. Si teme che la sua candidatura possa causare disordini e violenze nei prossimi mesi di campagna elettorale.

Narendra Modi è attualmente il chief minister – cioè il capo del governo nazionale – dell’importante stato nordoccidentale del Gujarat. Ha posizioni molto radicali contro i musulmani, in un paese in cui gli indù costituiscono circa l’80 per cento della popolazione contro il 13 per cento dei musulmani. Sushil Kumar Shinde, attuale ministro indiano degli Affari interni, ha detto che nei primi nove mesi del 2013 si sono verificati 451 casi di violenza settaria, più di quanti ne se siano accaduti nel corso dell’intero 2012, e ha fatto sapere che i disordini e gli scontri si intensificheranno di più man mano che ci si avvicinerà alla data delle elezioni.

Il Partito del Congresso
Il Partito del Congresso, del quale è presidente Sonia Gandhi, è in difficoltà soprattutto per l’inflazione crescente e i continui scandali di corruzione e malgoverno che hanno provocato a febbraio del 2012 un grande sciopero generale. Il partito non sembra aver affrontato le principali contraddizioni che nel corso degli ultimi anni hanno segnato la politica e la società del paese: l’India del miracolo informatico e degli elevati tassi di crescita è contemporaneamente attraversata da pesanti carenze nello sviluppo delle infrastrutture, da gravi problemi nel campo dell’occupazione, dal permanere della diseguaglianza e della povertà e anche dalla presenza, in alcune regioni più povere, di una qualche forma di lotta armata come quella dei naxaliti.

Nelle elezioni che si sono svolte in sette stati nel 2012, viste come una prima prova per il Congresso in vista delle legislative del 2014, il partito di governo ha subito una pesante sconfitta. Per rinnovare l’immagine del Congresso, nell’ottobre del 2012, il primo ministro Manmohan Singh aveva deciso un rimpasto dell’esecutivo e aveva cambiato 22 tra ministri e sottosegretari.

L’INC non ha ancora comunicato chi sarà il proprio candidato per le prossime elezioni. Singh, che il prossimo 26 settembre compirà 81 anni, è considerato ormai troppo vecchio; Sonia Gandhi, presidente del partito, si dice che sia malata. La scelta potrebbe dunque ricadere su Rahul Gandhi, suo figlio, che il 19 gennaio scorso è stato nominato ufficialmente vicepresidente del Congresso Nazionale Indiano. Se così fosse la nomina di Rahul Gandhi sarebbe anche l’investitura ufficiale della quinta generazione di leader indiani che provengono dalla famiglia Nehru-Gandhi, “dinastia” che va avanti da quasi 100 anni e ha sempre espresso i massimi ruoli politici del paese (e che non ha legami di parentela col Gandhi più noto, il cosiddetto “Mahatma”).

Il Bharatiya Janata Party e Narendra Modi
Il Bharatiya Janata Party (BJP) ha annunciato la scorsa settimana di aver scelto Narendra Modi come proprio candidato premier alle elezioni politiche della prossima primavera. Modi, pur avendo 63 anni, e pur non avendo l’appoggio di diversi esponenti moderati del suo partito, è molto popolare tra i giovani (la metà della popolazione indiana è sotto i 25 anni), è un oratore molto carismatico ed è considerato un abile comunicatore.

Narendra Modi è figlio di un negoziante di tè e ha cominciato la propria carriera politica nel Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), un’organizzazione indù di estrema destra vicina al BJP: fu un ex membro di RSS ad assassinare Mahatma Gandhi, nel 1948. Modi deve il suo iniziale successo politico a una serie di campagne elettorali costruite su misura dell’elettorato indù e sulla demonizzazione della minoranza musulmana. Modi – che è capo del governo del Gujarat dal 2002 – rappresenta dunque per molti la difesa dell’identità indù contro le posizioni meno settarie del Partito del Congresso.

Se per molti indù Modi è un leader, per molti musulmani è il principale avversario. Modi è ritenuto il principale responsabile del dilagare delle violenze tra indù e musulmani in Gujarat, avvenute durante la sua campagna elettorale e subito dopo la sua nomina nel 2002. L’episodio più grave risale al 27 febbraio di quell’anno e causò la morte di quasi mille persone: le violenze iniziarono con l’assalto di un gruppo di musulmani armati al treno Sabarmati Express, che trasportava pellegrini indù di ritorno dalla città santa di Ayodhya. Nell’attacco furono uccise 58 persone, incluse 25 donne e 15 bambini. La rappresaglia indù fu immediata e coinvolse tutti i centri più importanti del Gujarat, con massacri e violenze che la stampa indiana definì “genocidio”. Negli scontri furono uccisi 790 musulmani, 254 indù, centinaia di persone furono ferite e centinaia di moschee e templi vennero distrutti. Modi non si scusò mai per quanto avvenuto e non prese alcuna posizione ufficiale di condanna.

Nel tempo Modi ha saputo abilmente far dimenticare il suo passato controverso concentrando la propria attenzione ai temi dello sviluppo e della crescita economica, e diventando in breve tempo l’esponente principale della classe media, degli industriali e degli uomini d’affari indiani. Molti investitori, sia indiani che stranieri, hanno trasferito nel Gujarat le proprie attività e sebbene nello stato viva solo il 5 per cento della popolazione indiana, esso fornisce il 16 per cento della produzione industriale nazionale e il 22 per cento delle esportazioni. Questo modello di efficienza economica è oggettivamente in forte contrasto con la situazione presente nel resto dell’India. In realtà, nella regione permangono una serie di pesanti contraddizioni: accanto ai quartieri borghesi di case ordinate e bei condomini vi sono aree fatiscenti, strade rotte, baracche di lamiera e spazzatura. La ragione di questa differenza, racconta il New York Times, sta nell’appartenenza religiosa: solo i musulmani vivono nelle zone più disastrate.

C’è un’ultima ragione della popolarità di Modi: il fatto di avere origini popolari e di non avere legami familiari “importanti”. Molti indiani lo considerano infatti lontano dai meccanismi di corruzione e di salvaguardia di determinati interessi che sono invece all’ordine del giorno nella politica indiana. Jay Narayan Vyas, uno dei leader del BJP, ha dichiarato che l’India ha bisogno di un leader forte, qual è Modi, che «non permetta alla democrazia di diventare un passaporto per comportamenti criminosi».