Quanto resta a Snapchat

Secondo le stime del Financial Times, la società che controlla l'applicazione finirà i fondi entro i prossimi tre anni, se non cambierà qualcosa

Il CEO di Snap, Evan Spiegel (Neilson Barnard/Getty Images for Snap Inc.)
Il CEO di Snap, Evan Spiegel (Neilson Barnard/Getty Images for Snap Inc.)

Snap, la società che controlla l’applicazione Snapchat, continua a essere in perdita e a distanza di un paio di anni dalla sua quotazione in borsa fatica a sostenere la concorrenza di altre applicazioni che ora offrono servizi simili, come Instagram (controllata da Facebook). Secondo una recente analisi del Financial Times, in assenza di novità significative e di un passaggio in pareggio o in attivo, tra tre anni Snap potrebbe finire i fondi di cui dispone ed essere costretta ad avviare un nuovo e difficile giro di finanziamenti. L’andamento della società racconta molto di come funzionano le cose nella Silicon Valley da qualche anno, con altre grandi aziende come Uber, Pinterest e Slack che si apprestano a quotarsi in borsa con offerte iniziali d’acquisto multimiliardarie.

Fino a qualche tempo fa Evan Spiegel, il cofondatore di Snapchat, era considerato uno dei più promettenti CEO della Silicon Valley. Prima di altri, Spiegel aveva intuito che molte persone – soprattutto tra i più giovani – erano alla ricerca di social network meno impegnativi, dove i loro contenuti non fossero archiviati per sempre da qualche parte. Snapchat fu la prima applicazione di successo a offrire sistemi di pubblicazione effimeri, con fotografie e video che si cancellano da soli a qualche ora di distanza dalla loro condivisione. L’app divenne rapidamente un successo, attirò milioni di giovani, grandi investimenti e l’interesse degli editori, che avviarono collaborazioni.

Nella primavera del 2017 Snap fu quotata in borsa in una delle operazioni finanziarie più attese degli ultimi anni legate alla Silicon Valley. L’offerta pubblica iniziale portò a raccogliere 24 miliardi di dollari: Snap all’epoca era già in perdita ma aveva comunque una valutazione molto alta, una caratteristica ricorrente tra le aziende tecnologiche di questo tipo, verso le quali gli investitori – alla ricerca dei prossimi Facebook o Google – mantengono grandi speranze.

A distanza di due anni, però, le cose per Snap sono sensibilmente cambiate e c’è meno ottimismo nell’aria. La società ha perso quasi il 30 per cento del proprio valore in borsa, ha dovuto affrontare un esodo di molti dei suoi principali dirigenti e sembra avere una crisi d’identità. Analisti e investitori ripongono meno fiducia in Spiegel e hanno iniziato a chiedersi se Snap non abbia corso troppo, quotandosi prematuramente in borsa, prima di avere una strategia più solida per la propria crescita.

(Google Finance)

La velocità del resto ha contraddistinto la storia di Snapchat. L’applicazione iniziò a riscuotere i primi successi nel 2012, appena un anno dopo aveva già decine di milioni di utenti (soprattutto negli Stati Uniti) che pubblicavano contenuti al ritmo di 400 milioni di immagini e video al giorno, più di quanto facesse Instagram.

Il successo fu tale da spingere Mark Zuckerberg, il CEO di Facebook, a proporre a Spiegel un’acquisizione della società, che fu più o meno gentilmente respinta. Zuckerberg non la prese molto bene e decise di trasformare il suo Instagram nel nuovo Snapchat, aggiungendo funzionalità come le Storie, gli adesivi e gli altri effetti da applicare alle fotografie, che aveva ideato Spiegel. Instagram non fece nulla di illegale e non violò nessun brevetto, ma si attirò molte critiche per avere imitato pesantemente le cose ideate da un concorrente.

Trovando più o meno gli stessi servizi, gli utenti che erano già iscritti a Instagram non ebbero incentivi a installare e iscriversi anche a Snapchat, determinando un problema per la crescita dell’applicazione di Spiegel tuttora presente. Nonostante la concorrenza molto stretta di Facebook, Snapchat viene usata oggi da circa 186 milioni di persone ogni giorno, quasi 60 milioni in più rispetto a un social network che esiste da più tempo come Twitter. Il problema è che molti stanno abbandonando l’applicazione: nell’ultimo anno Snapchat ha perso almeno 5 milioni di iscritti. Il valore di mercato di Snap è pari a 90 dollari per utente, contro i 250 dollari per utente di Facebook.

Le difficoltà non stanno comunque scoraggiando la maggior parte degli investitori, consapevoli di essere in un periodo d’oro e di forte crescita per le applicazioni che mettono insieme sistemi di messaggi e di condivisione di contenuti. WeChat, l’equivalente di WhatsApp in Cina e una delle app più usate in Asia, conta oltre un miliardo di utenti attivi al mese. YouTube, che negli ultimi anni ha integrato diversi sistemi per la condivisione diretta dei contenuti tra i suoi iscritti, arriva a 2 miliardi di utenti al mese. Facebook ha più o meno lo stesso numero di utenti mensili, se si mettono insieme tutte le applicazioni di cui detiene la proprietà (Facebook, Messenger, WhatsApp, Instagram). E ci sono inoltre altri concorrenti che iniziano a farsi notare per il loro successo, come l’app di video TikTok.

Snap negli anni ha esplorato diversi sistemi per produrre ricavi, compresi accordi di vario tipo con gli editori, ma la sua fonte principale di ricavo rimane la pubblicità. L’app mostra annunci pubblicitari che hanno contribuito ai suoi 1,2 miliardi di dollari di ricavi nel 2018. L’azienda deve però affrontare molti costi – per il personale, gli sviluppi e l’infrastruttura – e l’anno scorso ha fatto registrare perdite per 1,3 miliardi di dollari. Questo significa che continua a consumare il capitale di cui dispone, senza la prospettiva di portare qualche guadagno nell’immediato futuro.

Attribuire le difficoltà di Snap alla sola concorrenza molto serrata di Facebook non sarebbe comunque onesto: Spiegel e i suoi colleghi nell’ultimo biennio hanno fatto diversi errori. Il più grande, riconosciuto dallo stesso CEO, ha riguardato la scelta di cambiare il funzionamento di diverse opzioni all’interno dell’applicazione, lasciando spaesati gli utenti più affezionati. Spiegel aveva inoltre promesso di rifare completamente la versione per Android di Snapchat, molto trascurata rispetto a quella per iPhone, ma ha mancato più volte le scadenze che si era fissato. L’aggiornamento inizialmente promesso per un paio di anni fa è in fase di distribuzione solo adesso, e la stessa diffusione della nuova versione richiederà quasi tutto il 2019 per essere completata.

Insieme al suo cofondatore Bobby Murphy, Spiegel detiene circa il 97 per cento delle quote con diritto di voto di Snap. I due cofondatori hanno quindi il controllo assoluto sull’azienda, lasciando agli altri investitori poche possibilità di incidere sulle decisioni. Se da un lato questo garantisce che Snap rimanga fedele ai propri ideali e al talento di Spiegel, dall’altro lascia qualche perplessità sul confronto in azienda per determinarne il futuro, soprattutto nel caso in cui le perdite continuino a essere consistenti fino a esaurire i fondi.

Grazie ad alcune riorganizzazioni interne e a una gestione più attenta delle spese, negli ultimi tempi Snap ha comunque reso più fiduciosi gli investitori. Da inizio anno, il valore delle azioni di Snap è aumentato del 5 per cento circa, nonostante la lieve perdita di utenti e le altre difficoltà. La società non può comunque tagliare più di tanto le proprie spese, soprattutto per quanto riguarda i server e i sistemi di distribuzione dei suoi contenuti. Snap li distribuisce tramite i servizi esterni di Google e Amazon, che da soli costituiscono per la società il 70 per cento delle spese. Non avendo una propria infrastruttura per la distribuzione, è un costo inevitabile e destinato a salire all’aumentare degli utenti raggiunti.

Da quando è quotata in borsa, ha calcolato il Financial Times, Snap ha speso in media 68 milioni di dollari al mese in più rispetto a quanto riuscisse a ricavare. I tagli degli ultimi mesi dovrebbero consentirle di assestarsi intorno a 33 milioni di spesa in eccesso, arrivando a un ritmo sostenibile per tre anni prima di avere bisogno di nuovi fondi. Spiegel confida che questo periodo sia sufficiente per portare Snap in attivo e non avere bisogno di cercare nuovo denaro, con operazioni finanziarie che potrebbero indebitare l’azienda.