Cosa sta facendo Apple

Il calo dei ricavi ha costretto Tim Cook a rivedere i suoi piani, decidendo di puntare di più su nuovi servizi e meno sugli iPhone

(Maja Hitij/picture-alliance/dpa/AP Images)
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La notizia della riduzione dei ricavi di Apple del 5 per cento nell’ultimo trimestre del 2018, la prima da quando l’azienda introdusse gli iPhone nel 2007, ha sorpreso investitori ed esperti del settore. L’amministratore delegato Tim Cook era però già da mesi al lavoro per rivedere le strategie per il futuro di Apple, partendo innanzitutto da diversi cambi ai vertici della società.

I cambi dei dirigenti rientrano in una più ampia scelta dell’azienda di smarcarsi dalla dipendenza dagli iPhone, la cui produzione è stata per anni la principale fonte di ricavo di Apple. Nell’ultimo anno, però, le vendite degli iPhone hanno subìto un sensibile rallentamento, in particolare sul mercato cinese. Il settore degli smartphone sta vivendo da tempo un periodo di crisi, con le persone che tendono a tenere molto più a lungo il loro telefono, prima di sostituirlo con un nuovo modello, oppure preferiscono acquistare modelli meno costosi, come quelli delle aziende cinesi. Nonostante Apple produca dispositivi di vario tipo, dai computer ai tablet, il suo “iPhonecentrismo” alla lunga si è rivelato un problema.

Per questo motivo Tim Cook ha in mente un futuro in cui Apple produrrà meno iPhone e investirà maggiori risorse su servizi e tecnologie. Per arrivarci, ha deciso di cambiare alcuni dirigenti ai vertici della società, per la prima volta da quando nel 2011 ne è diventato amministratore delegato. Il primo nuovo dirigente a entrare nel gruppo di 11 persone che affiancano Cook nella gestione della società è stato John Giannandrea, che in passato aveva lavorato a Google e che era stato assunto da Apple lo scorso aprile e messo a capo del settore di sviluppo dei progetti di intelligenza artificiale. Giannandrea è stato promosso senior vice president, subentrando a Bill Stasior nel ruolo di responsabile dello sviluppo di Siri, l’assistente vocale di Apple.

A febbraio Apple ha annunciato che il prossimo aprile anche Angela Ahrendts lascerà il proprio ruolo di dirigente: dal 2014 era a capo della sezione vendite, il cui posto sarà preso dall’attuale responsabile delle risorse umane, Deirdre O’Brien. Un altro importante cambiamento ha coinvolto il reparto che si occupava dello sviluppo di auto a guida autonoma: dopo aver investito molto tempo e molte risorse, Apple ha gradualmente abbandonato il cosiddetto progetto “Titan” e ha licenziato 190 persone che ci lavoravano, preferendo concentrare i propri sforzi sulla realizzazione di servizi di intrattenimento che possano competere con i siti di streaming di film e serie tv.

Alla guida di questo nuovo progetto è stato messo Eddy Cue, che dirige la divisione che si occupa di software e servizi e che era stato a capo di “Titan”, con l’obiettivo di realizzare al più presto un servizio di streaming che possa competere con Netflix, Amazon Prime Video e altre grandi società che sono attive già da molti anni in quest’ambito. Apple arriva decisamente in ritardo, avendo preferito negli scorsi anni concentrare le proprie risorse su un dispositivo fisico, la Apple Tv, e non su un servizio accessibile a tutti da un computer o da una smart TV.

Per rimediare Apple avrebbe già investito un miliardo di dollari per la realizzazione di nuovi prodotti televisivi originali, che dovrebbero essere presentati il prossimo 25 marzo durante un evento speciale in programma all’Apple Campus di Cupertino, in California. Secondo le prime indiscrezioni il servizio di streaming dovrebbe essere disponibile, almeno negli Stati Uniti, già da aprile, ma non si sa ancora come funzionerà e quanto costerà: secondo il Wall Street Journal sarà incluso in un abbonamento mensile che comprenderà anche lo spazio di archiviazione sul cloud, mentre per CNBC sarà gratuito per i possessori di un dispositivo Apple.

Accanto a questo progetto c’è poi il cosiddetto “Netflix per le notizie”, un servizio a pagamento per leggere gli articoli di vari giornali su una sola piattaforma. Il servizio, in una prima fase disponibile solo negli Stati Uniti, dovrebbe costare intorno ai 10 dollari al mese, ma finora ha incontrato le resistenze di diversi editori statunitensi, a cui non piace l’idea che Apple trattenga per sé metà dei ricavi. Anche questo, comunque, rientrerebbe nella nuova strategia voluta da Tim Cook di ampliare i servizi digitali offerti da Apple, per colmare il buco lasciato dalle mancate vendite di iPhone.

Al momento le vendite degli iPhone costituiscono circa due terzi delle vendite totali di Apple, ma i ricavi derivanti dai servizi digitali – come gli abbonamenti al servizio di streaming musicale Apple Music, iCloud, gli acquisti sull’App Store e Apple Pay – sono in crescita, e per il futuro ci si aspetta che possano aumentare ancora. Entro il 2020 Apple spera di ottenere 50 miliardi di dollari dalla vendita di servizi digitali, e ci si aspetta che questi nei prossimi cinque anni possano arrivare a contribuire per il 60 per cento alle entrate della società, una cifra notevole anche paragonata alle enormi vendite degli iPhone negli scorsi cinque anni, che hanno contribuito per l’85 per cento al giro d’affari di Apple.