Cos’è la storia delle minacce a Chiara Appendino

Secondo i magistrati la sindaca di Torino sarebbe stata ricattata dal suo portavoce Luca Pasquaretta, che voleva un nuovo lavoro dopo essere stato licenziato

(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)

La sindaca di Torino Chiara Appendino è finita in un guaio a causa del suo ex portavoce e braccio destra, Luca Pasquaretta, accusato di traffico di influenze, turbativa d’asta ed estorsione proprio nei confronti della sindaca. Secondo i magistrati di Torino, dopo che l’estate scorsa era stato costretto a dimettersi dall’incarico di portavoce per un’altra inchiesta, Pasquaretta avrebbe minacciato la sindaca di rivelare segreti e informazioni compromettenti se Appendino non lo avesse aiutato a trovare un nuovo lavoro.

Pasquaretta, 42 anni, ex giornalista locale scelto da Appendino come suo portavoce, era stato soprannominato “pit bull” dalla stessa sindaca per via della sua durezza e abilità nel proteggere la sindaca dai giornalisti ostili. Gran parte della stampa locale in un momento o nell’altro è stata oggetto dei suoi modi bruschi diventati in poco tempo proverbiali nell’ambiente. Nel tempo, il suo ruolo è cresciuto da quello di semplice portavoce a braccio destro e principale collaboratore della sindaca. La scorsa estate la sua carriera era stata interrotta da un’inchiesta per peculato, riguardante un compenso percepito per una consulenza che secondo i magistrati non era realmente stata fatta. Costretta dalla maggioranza del Movimento 5 Stelle, Appendino licenziò Pasquaretta. A questo punto, secondo i magistrati, l’ex portavoce minacciò di fare rivelazioni in procura se la sindaca non gli avesse trovato un nuovo lavoro.

Appendino ha respinto tutte le accuse e in consiglio comunale ha detto di non essere mai stata minacciata da Pasquaretta. Lunedì 4 febbraio, Appendino è stata sentita dai magistrati di Torino per circa due ore e, anche non si conoscono i contenuti della conversazione, i giornali locali scrivono che è probabile che la sindaca abbia spiegato di non aver mai percepito intorno a sé l’atmosfera di minaccia necessaria a configurare il reato di estorsione. In caso contrario, ha detto pubblicamente alcune ore dopo aver parlato coi magistrati, ne avrebbe tratto le conseguenze e si sarebbe «dimessa».

Non è ancora affatto chiaro cosa abbiano scoperto i magistrati. Stando a quanto scrivono i giornali che hanno parlato con fonti della procura di Torino non ci sarebbero ancora prove di minacce dirette ad Appendino da parte di Pasquaretta, ma soltanto intercettazioni telefoniche di conversazioni dell’ex portavoce con un assessore della giunta. Di queste conversazioni, i giornali riportano alcuni virgolettati isolati attribuiti a Pasquaretta e che suonano vagamente minacciosi, come ad esempio «andare in Procura e vuotare il sacco» e «raccontare tutto». Sia Pasquaretta che Appendino, però, negano che si sia trattato di minacce e Pasquaretta definisce l’intera vicenda un equivoco che sarà presto chiarito.

Quello che l’ex portavoce avrebbe ottenuto in cambio delle sue minacce, sempre secondo i magistrati, sarebbe stato l’aiuto di Appendino nella ricerca di una nuova occupazione. Alcuni giornali parlano di “decine” di contatti che Appendino avrebbe esplorato in cerca di un lavoro per il suo ex collaboratore. I casi concreti citati però sono solo due. Il primo, non andato a buon fine, sarebbe stato un contatto con un europarlamentare per un posto di assistente. Il secondo, accettato, un incarico da collaboratore della sottosegretaria al ministero dell’Economia Laura Castelli. La sottosegretaria ha annunciato l’allontamento di Pasquaretta dal suo staff venerdì, quando l’ufficio e l’abitazione del suo collaboratore sono stati perquisiti.