La situazione della Sea Watch 3

Spiegata per punti: dal salvataggio dei migranti all'inchiesta della procura di Siracusa

Uno dei ponti della Sea Watch 3, dal profilo Facebook di Riccardo Magi (+Europa), 27 gennaio 2019.
Uno dei ponti della Sea Watch 3, dal profilo Facebook di Riccardo Magi (+Europa), 27 gennaio 2019.

Sabato 19 gennaio la nave Sea Watch 3 della ong tedesca Sea Watch aveva soccorso 47 persone su un gommone di fronte alle coste libiche: tra loro ci sono anche 13 minori, di cui 8 non accompagnati. Dalla notte di giovedì 24 la nave è bloccata al largo delle coste di Siracusa: il governo ha autorizzato la sua entrata in acque territoriali italiane a causa delle cattive condizioni del tempo, ma non le ha affidato un “porto sicuro” dove attraccare e far sbarcare le persone: «Il diniego di entrare in porto è stato notificato senza alcuna motivazione», hanno fatto sapere dalla ong, anche se di fatto la nave si trova già in Italia.

Il salvataggio e la richiesta di istruzioni
La Sea Watch 3, battente bandiera olandese, ha soccorso 47 persone di fronte alle coste di Zuara, in Libia, sabato 19 gennaio, rispondendo alle richieste di intervento arrivate da Alarm Phone, un call center informale gestito dalla ong Watchformed, e da Moonbird, l’aereo della ong Humanitarian Pilots Initiative che sorvola il Mediterraneo centrale per segnalare eventuali imbarcazioni in difficoltà.

Sea Watch aveva fatto sapere che il soccorso non era stato coordinato da alcun paese, «nonostante da subito» la ong avesse «regolarmente informato le autorità libiche, italiane, maltesi e olandesi (stato di bandiera della nave)». La Guardia costiera libica (la cosiddetta Guardia costiera libica, che, ampiamente finanziata dal governo italiano, è da tempo oggetto di critiche e dubbi in quanto formata da miliziani e trafficanti di esseri umani che alimentano gli stessi flussi migratori e le stesse sistematiche violazioni dei diritti umani che l’Europa dice di voler fermare) non aveva risposto. Sea Watch non aveva ottenuto risposte nemmeno dalle autorità olandesi ed era stata accusata da esponenti del governo italiano di non avere «rispettato la legge del mare»: avrebbe dovuto attendere l’arrivo della Guardia costiera libica che, però, non aveva risposto a nessuna delle chiamate dell’equipaggio. La «legge del mare», comunque, impone di soccorrere immediatamente ogni persona che si trovi in difficoltà in alto mare e i documenti pubblicati dalla ong sembrano confermare la loro versione dei fatti.

Dopo avere atteso istruzioni sul da farsi, e non averle ricevute, la Sea Watch 3 si era dunque diretta verso le acque territoriali maltesi, senza però ricevere l’autorizzazione dal governo di Malta per far sbarcare i migranti. Il 24 gennaio, in vista di un ciclone mediterraneo, la nave aveva cercato riparo a est delle coste della Sicilia. Si trova tuttora bloccata in quelle acque.

Le proteste
Nel frattempo, siamo a sabato 26 gennaio, centinaia di persone avevano organizzato una manifestazione sulla costa di Siracusa in solidarietà con i migranti della Sea Watch cantando “Fateli scendere”. Altre manifestazioni si sono svolte nelle ultime ore in altre città.

Domenica mattina una delegazione composta da Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana, Riccardo Magi, deputato di +Europa, Stefania Prestigiacomo, parlamentare di Forza Italia, Francesco Italia, sindaco di Siracusa, Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, due avvocati, un medico psichiatra e un membro di Mediterranea Saving Humans (un’alleanza tra associazioni che collaborano per testimoniare e denunciare cosa sta accadendo nel Mediterraneo) era salita a bordo della Sea Watch 3 con un gommone privato. Il giorno prima la Capitaneria di porto aveva impedito loro di raggiungere la nave e la sera di domenica – dopo che la delegazione era rientrata – ha emesso un’ordinanza per vietare la navigazione, l’ancoraggio e la sosta di qualunque imbarcazione nel raggio di mezzo miglio dalla nave per fermare, di fatto, qualsiasi ulteriore visita a bordo.

I tre parlamentari hanno pubblicato sui rispettivi profili Facebook le foto scattate a bordo della Sea Watch 3, raccontando le difficili storie di alcune persone migranti, molti dei quali prima di tentare la traversata del Mar Mediterraneo erano stati rinchiusi e torturati nei centri di detenzione libici. Hanno chiesto che il governo italiano li faccia sbarcare immediatamente in Italia, vista anche la presenza a bordo di 13 minori. Nel frattempo il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha sostenuto che l’azione dei tre parlamentari fosse una violazione delle leggi italiane e che favorisse l’immigrazione clandestina (ma non è chiaro in che modo).

E ora?
Questa mattina, scrivono diversi giornali, la procura di Siracusa – che ha aperto un’inchiesta – deciderà se avviare un’ispezione sulla nave per verificare le condizioni di salute delle persone a bordo. In caso di emergenza sanitaria la nave potrebbe essere sequestrata e le persone sarebbero a quel punto “obbligate” a scendere. Luigi Di Maio vorrebbe che le persone migranti venissero trasferite in Olanda, visto che la nave batte bandiera olandese. C’è una precisazione da fare però, al di là delle considerazioni politiche: non esiste una norma che dica che i migranti soccorsi da una nave siano responsabilità del paese di bandiera di quella nave: esiste invece una norma che parla di primo “porto sicuro”, cioè di far sbarcare i migranti nel porto più sicuro e più vicino al luogo dove è avvenuto il soccorso.

La procura sta anche verificando che non siano stati commessi degli illeciti dal capitano della nave durante le rotte seguite dopo il salvataggio: se cioè al momento della tempesta la Sea Watch abbia rifiutato di avvicinarsi al porto più vicino (la Tunisia, come da indicazioni che sarebbero arrivate a un certo punto dalle autorità olandesi) e abbia scelto di dirigersi verso l’Italia, pur sapendo che la distanza da percorrere era più ampia. «Secondo fonti del Viminale», spiega La Stampa, «ci sarebbero elementi chiari che l’imbarcazione avrebbe dovuto dirigersi verso la Tunisia e invece si è prima diretta verso Lampedusa, poi Malta, per poi comparire giovedì al largo della Sicilia. La ong tedesca ha sempre detto una cosa innegabile: le condizioni del mare, in forte peggioramento nel Mediterraneo Centrale, costringevano a riparare verso zone più tranquille, come la costa siciliana. Ma per il Viminale questo non basterebbe a giustificare il comportamento della nave».