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  • Lunedì 21 gennaio 2019

Il “piano B” di Theresa May su Brexit

La prima ministra britannica vuole ottenere un nuovo accordo, ma i leader europei hanno già detto di non voler trattare

(ADRIAN DENNIS/AFP/Getty Images)
(ADRIAN DENNIS/AFP/Getty Images)

La prima ministra britannica Theresa May ha detto che nei prossimi giorni tornerà a trattare con i leader europei nel tentativo di persuaderli a cambiare l’accordo raggiunto con il suo governo che la scorsa settimana era stato nettamente bocciato dal Parlamento del Regno Unito.

May ha detto che intende incontrare nuovamente i leaer dei vari gruppi parlamentari, in particolare deputati conservatori (quindi del suo partito) e i suoi alleati nordirlandesi del DUP che una settimana fa hanno bocciato l’accordo. Il suo scopo, ha detto May, è farsi dire a quali condizioni i suoi alleati potrebbero essere disposti ad accettare l’accordo e riferire quindi le loro richieste ai leader europei.

Le richieste riguardarenno la modifica del “backstop“, la parte più controversa dell’accordo bocciato la scorsa settimana. Si tratta di un meccanismo di salvaguardia che entrerà in vigore se la seconda fase di negoziati su Brexit non dovesse concludersi entro la fine del 2020. Prevede una più stretta unione doganale tra Regno Unito ed UE, che non piace ai sostenitori di una Brexit dura, e un regime differenziato tra l’Irlanda del Nord e il resto del paese, che non piace al DUP.

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Il problema è che tutti i principali leader europei hanno detto di essere contrari a riaprire i negoziati per modificare la forma del “backstop”. L’unica voce fuori dal coro è stata quella del ministro degli Esteri polacco, che lunedì mattina ha detto che l’accordo potrebbe essere modificato dando un limite di cinque anni alla durata del backstop (in base all’attuale accordo, invece, una volta entrato a regime il backstop può essere revocato solo con il reciproco accordo di UE e Regno Unito). Per riaprire i negoziati, però, c’è bisogno dell’unanimità tra i 27 capi di stato e di governo dell’Unione. Un voto su un eventuale nuovo accordo, o sullo stesso testo se l’Unione non dovesse accettare proposte di modifica, potrebbe avvenire alla metà di febbraio.

Secondo molti, May sta solo cercando di arrivare il più vicino possibile al 29 marzo, il giorno in cui senza accordo il Regno Unito sarà automaticamente fuori dall’Unione, in modo da presentare il suo accordo come unica alternativa al “no deal” e sperare così di ottenere una maggioranza all’ultimo minuto.

May sembra invece aver scartato l’altra possibilità a sua disposizione: cercare di far passare il suo accordo convincendo i deputati dell’opposizione. Per farlo avrebbe dovuto ammorbidire ulteriormente il testo dell’accordo su Brexit in modo da rendere l’uscita dall’Unione ancora meno netta. Ad esempio, diversi parlamentari laburisti chiedono al governo di impegnarsi per rimanere nell’unione doganale europea o nel mercato unico al termine del periodo di due anni aggiuntivi di negoziati. Per raggiungere questi risultati, ci sarebbe comunque bisogno di riaprire i negoziati.

Cercare nell’opposizione i voti per far passare l’accordo, però, avrebbe il risultato di creare una profonda rottura all’interno del Partito Conservatore, che potrebbe perfino trasformarsi in una scissione, con la fuoriuscita di un centinaio di deputati sostenitori di una “hard Brexit”, un’uscita netta dall’Unione Europea. Anche per questa ragione May sembra aver abbandonato la strada dell’intesa coi laburisti. C’è anche da considerare che Jeremy Corbyn, leader del Partito laburista, ha imposto come condizione per iniziare a trattare che May si impegni ad evitare a tutti i costi un “no deal”, cioè un’uscita dall’Unione senza accordo che, secondo molti, potrebbe avere conseguenze catastrofiche.

Finora May ha rifiutato di impegnarsi e l’incontro tra i due non è avvenuto. Oggi la prima ministra ha ribadito che l’unico modo per “escludere il no deal”, come chiesto da Corbyn, è quello di rinunciare a Brexit, tradendo così il risultato del referendum del 2016.

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In questa situazione il Parlamento potrebbe decidere di intervenire direttamente e obbligare la prima ministra a impegnarsi per evitare il “no deal”. La dichiarazione delle intenzioni di May, infatti, è stata accompagnata da una mozione che potrà essere modificata da una serie di emendamenti presentati dai deputati.

Gli emendamenti saranno discussi e messi al voto il prossimo 29 gennaio. Secondo i giornali britannici, l’emendamento più importante chiederà al governo di evitare il “no deal” con ogni mezzo: anche senza l’appoggio del governo, l’emendamento potrebbe riuscire a ottenere la maggioranza grazie al voto delle opposizioni e dei numerosi deputati conservatori ostili al “no deal”.