Ci sono nuove carovane di migranti
Partono dall'America Centrale e sono dirette verso gli Stati Uniti, dove però il presidente Donald Trump sembra avere tutta l'intenzione di non farle entrare
Nelle ultime due settimane in America centrale si sono formate nuove carovane di migranti dirette verso gli Stati Uniti simili a quella partita dall’Honduras il 12 ottobre, già raccontata da diversi giornali internazionali.
Le carovane raggruppano centinaia e a volte migliaia di persone, si spostano dall’Honduras verso il Guatemala e il Messico, seguendo rotte usate per decenni dai migranti latinoamericani che tentano di raggiungere il territorio statunitense. Il fatto che la carovana di migranti partita due settimane fa sia riuscita ad arrivare fino in Messico, ha scritto il New York Times, ha spinto molte altre persone a unirsi ad altre carovane, ribaltando quella che era stata per decenni la logica delle migrazioni verso gli Stati Uniti: non più viaggiare nascosti, nascondendosi per esempio nei carichi dei camion o seguendo le indicazioni dei trafficanti di esseri umani, ma muoversi in gruppi numerosi, sperando così di guadagnarne in sicurezza.
Finora questo sistema sembra avere funzionato, almeno in parte: la prima carovana, per esempio, ha superato il confine tra Guatemala e Messico forzando il blocco della polizia messicana e i migranti hanno attraversato il fiume Suchiate facendo delle catene umane e aiutandosi gli uni con gli altri.
Ci sono però stati anche alcuni effetti negativi a causa della sovraesposizione mediatica del fenomeno e dell’uso politico che ne hanno fatto i Repubblicani statunitensi, e in particolare il presidente Trump, in piena campagna elettorale per il voto del 6 novembre. Nelle ultime settimane diversi commentatori conservatori hanno sostenuto che le carovane di migranti avrebbero potuto «distruggere la società e la cultura americane» e hanno insinuato che fossero state finanziate dal filantropo ungherese George Soros, al centro di moltissime teorie complottiste, soprattutto di destra. Trump ha parlato inoltre di presunte infiltrazioni di persone provenienti dal Medio Oriente, insinuando l’esistenza di un pericolo terrorismo (non c’è nessuna prova o testimonianza che sostenga questa affermazione).
Finora nessuna delle carovane partite nelle ultime settimane è arrivata negli Stati Uniti e sembra difficile che il presidente Donald Trump, già sostenitore di dure politiche anti-immigrazione, decida di fare entrare i migranti che ne fanno parte, soprattutto a pochi giorni dalle elezioni di metà mandato, che rinnoveranno parzialmente il Congresso ed eleggeranno diversi governatori e assemblee legislative locali. Mercoledì, per esempio, Trump ha minacciato di mandare fino a 15mila militari al confine tra Stati Uniti e Messico con il preciso compito di fermare le carovane.
Nelle ultime due settimane il governo statunitense ha fatto molte pressioni ai governi centroamericani per convincerli a bloccare le carovane, con risultati però insoddisfacenti. Guatemala e Honduras hanno detto che avrebbero collaborato con gli Stati Uniti, ma le forze di sicurezza dei due paesi non hanno fatto granché per fermare i migranti. Il governo del Messico, che negli ultimi due anni si è scontrato con Trump sulla questione della costruzione di un muro al confine tra i due stati, ha adottato un atteggiamento più ambiguo, ma ha comunque offerto ai migranti delle carovane la possibilità di chiedere asilo nel suo territorio (finora circa 2.200 hanno accettato l’offerta).
Al momento le carovane in viaggio verso gli Stati Uniti sembrano essere quattro. La prima è partita da San Per Sula, in Honduras, il 12 ottobre e mercoledì si trovava a Juchitán, nel sud del Messico. La seconda si è formata qualche giorno dopo nella città di Comayagua, nell’Honduras centrale, e ora si trova vicino a Tapachula, nello stato messicano del Chiapas. La terza è partita domenica da San Salvador, la capitale di El Salvador, e dovrebbe raggiungere presto il confine messicano. La quarta si è formata nella provincia di Olancho, in Honduras, e ora si trova in Guatemala.