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  • Domenica 28 ottobre 2018

La Svezia non è mai stata così vicina alla NATO

È l'ennesima conseguenza dell'aggressività della Russia: si parla sempre di più di una possibile adesione, ma molto dipenderà dal nuovo governo

Il ministro della Difesa svedese Peter Hultqvist stringe la mano a Jens Stoltenberg, Segretario Generale della Nato. Tallinn, Estonia, 7 settembre 2017. (RAIGO PAJULA/AFP/Getty Images)
Il ministro della Difesa svedese Peter Hultqvist stringe la mano a Jens Stoltenberg, Segretario Generale della Nato. Tallinn, Estonia, 7 settembre 2017. (RAIGO PAJULA/AFP/Getty Images)

In Svezia si è votato il 10 settembre scorso, ma ne è uscito un Parlamento così frammentato da non avere ancora portato alla formazione di un governo: nel corso dell’ultimo mese ci ha provato il Partito Moderato, la principale forza di centrodestra del paese, che però ha fallito; ora è il turno di Stefan Löfven, primo ministro uscente del Partito Socialdemocratico, il più grande partito di centrosinistra. Di qualsiasi orientamento politico sarà la coalizione che darà fiducia al governo, comunque, c’è una questione che aspetta di essere risolta e che da mesi divide partiti e opinione pubblica svedese: l’adesione della Svezia alla NATO.

La Svezia non ha mai fatto parte della NATO, alleanza militare che oggi raggruppa 29 paesi: durante la Guerra fredda, quando la NATO fu fondata tra i paesi alleati degli Stati Uniti e opposti all’Unione Sovietica, l’allora governo svedese decise di restare neutrale, non allineandosi a nessuno dei due blocchi. Oggi la Guerra fredda è ampiamente finita ma la Svezia sta uscendo dalla tradizione di paese non-allineato, per una serie di ragioni che hanno a che fare soprattutto con l’aggressività della politica estera russa.

Il governo svedese iniziò a preoccuparsi con l’invasione della Crimea da parte della Russia, nel 2014, a cui succedettero una serie di eventi anomali, tra cui una massiccia esercitazione in Bielorussia e nell’exclave di Kaliningrad – una regione che fa parte dello stato russo ma che si trova tra la Lituania e la Polonia, affacciata sul mar Baltico – e una serie di violazioni dello spazio aereo svedese da parte di aerei da guerra russi. Poi c’è il contesto più ampio: gli attacchi informatici contro i partiti europei, le persone avvelenate col nervino nel Regno Unito, la guerra contro l’Ucraina, i tentativi di influenzare le campagne elettorali dei paesi politicamente più importanti, in generale l’opera di destabilizzazione delle democrazie e degli avversari di Putin. Come conseguenza, il governo svedese ha cominciato a mostrarsi sempre più preoccupato per questo atteggiamento aggressivo e provocatorio della Russia verso i suoi vicini occidentali e del Nord Europa.

Le preoccupazioni sono serie e hanno già avuto delle conseguenze. La Svezia ha deciso di reintrodurre la leva obbligatoria e nel gennaio di quest’anno una commissione che si occupa di Difesa e che aiuta il governo a decidere la sua politica di sicurezza ha diffuso degli opuscoli nei quali si istruisce la popolazione in caso di guerra: si parla di come affrontare la mancanza di elettricità e di cibo, oppure dell’eventualità che molte persone possano essere ferite o uccise. A giugno del 2018 tutti i 22mila volontari dell’esercito sono stati chiamati per la più grande esercitazione militare non programmata dal 1975. Secondo l’Economist, che ha dedicato un articolo all’avvicinamento della Svezia alla NATO, l’obiettivo di questa operazione militare era non sembrare una facile preda dell’aggressività russa.

L’Economist ha aggiunto: «La Svezia potrebbe non diventare un membro della NATO nel prossimo futuro. Ma sotto la guida di Stefan Löfven, primo ministro per il Partito socialdemocratico negli ultimi quattro anni, si è avvicinata all’alleanza tanto quanto è possibile farlo rimanendone fuori. Rimandando la questione della piena adesione, un tabù per la sinistra, ha creato lo spazio politico per stringersi nel triplo abbraccio dell’America, della NATO e dei paesi confinanti».

L’avvicinamento tra la NATO e la Svezia è mosso da ragioni molto concrete, legate soprattutto alla strategia militare della prima. In caso di confronto nella zona baltica tra le forze armate della NATO e quelle russe, c’è la possibilità che la via terrestre di accesso a Estonia, Lettonia e Lituania rimanga ostruita, poiché passa attraverso il cosiddetto “Suwalki Gap”, una striscia di terra lunga 104 chilometri e larga 65 che costituisce la linea di confine tra Polonia e Lituania e congiunge l’exclave di Kaliningrad con la Bielorussia: cioè un’area che praticamente non appartiene a nessuno. Il “Suwalki Gap” è l’unico passaggio che gli stati baltici hanno per raggiungere la Polonia e quindi l’Unione Europea. Nel settembre dello scorso anno il generale Ben Hodges, ex comandante delle truppe statunitensi in Europa, disse che un attacco a quella striscia di terra «non è inevitabile, ma se il passaggio venisse chiuso avremmo tre alleati a nord potenzialmente isolati».

Il Suwalki Gap evidenziato in rosso (Wikipedia)

In caso questo passaggio venisse bloccato, la NATO avrebbe bisogno di una via marittima che passi per l’isola svedese di Gotland, a un centinaio di chilometri dalla costa lettone. L’importanza strategica di questo avamposto ha fatto sì che la Svezia vi stabilisse un contingente militare nel gennaio di quest’anno, per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale.

Il dibattito sull’entrata della Svezia nella NATO è ancora aperto e bisognerà aspettare il nuovo governo per vedere come finirà questa storia. Molto dipenderà dal suo orientamento politico, dal momento che gli Svedesi Democratici, la forza di estrema destra che ha ottenuto il 17,6 per cento dei voti alle ultime elezioni, è contraria all’adesione. I sondaggi tra la popolazione, comunque, danno chi è favorevole in leggero vantaggio (43 per cento) rispetto a chi è contrario (37 per cento).