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  • Sabato 6 ottobre 2018

Kavanaugh ha i voti per essere confermato alla Corte Suprema

Tre dei quattro senatori indecisi hanno detto che oggi voteranno sì, dopo settimane di scontri durissimi e proteste

Manifestanti protestano contro la nomina di Brett Kavanaugh davanti alla Corte Suprema a Washington. (Drew Angerer/Getty Images)
Manifestanti protestano contro la nomina di Brett Kavanaugh davanti alla Corte Suprema a Washington. (Drew Angerer/Getty Images)

Venerdì tre senatori statunitensi tra quelli ancora indecisi hanno annunciato che voteranno per confermare il giudice Brett Kavanaugh alla Corte Suprema, dopo settimane di animate proteste e di durissimi scontri tra Repubblicani e Democratici, per via delle accuse di molestie sessuali mosse contro Kavanaugh da due donne. Susan Collins del Maine e Jeff Flake dell’Arizona, Repubblicani, e Joe Manchin III della West Virginia, Democratico, hanno detto che voteranno “sì” nel voto al Senato che si terrà quando in Italia sarà sabato sera. Con i loro tre voti, i Repubblicani contano su una maggioranza sufficiente per confermare Kavanaugh, senza che ci sia bisogno del voto del vicepresidente Mike Pence, come previsto nelle situazioni di stallo.

La testimonianza del giudice Brett Kavanaugh alla Commissione Giustizia del Senato. (Chip Somodevilla/Getty Images)

Ieri il Senato aveva votato con 51 voti a favore e 49 contrari per la conclusione del dibattito su Kavanaugh e per tenere il voto finale entro sabato, in un passaggio che era stato considerato fondamentale per la riuscita del processo di conferma. Lisa Murkowski dell’Alaska, una senatrice Repubblicana rimasta indecisa fino a ieri, ha annunciato che voterà contro la conferma di Kavanaugh, spiegando che crede sia un uomo per bene «ma non l’uomo giusto per la Corte Suprema in questo momento». Giovedì si era conclusa la breve indagine dell’FBI per verificare le accuse nei confronti di Kavanaugh, chiesta la scorsa settimana da Flake dopo le testimonianze alla Commissione Giustizia del Senato dello stesso Kavanaugh e della sua prima accusatrice, Christine Blasey Ford, che ha raccontato il presunto tentato stupro nei suoi confronti da parte del giudice, quando entrambi frequentavano il liceo.

Il contenuto dell’indagine non è stato reso noto, com’è prassi in questi casi. Per evitare che i senatori lo rendessero pubblico, un’unica copia del documento con le conclusioni dell’indagine è stato mostrata loro venerdì, a turno, in una stanza del Senato. Sappiamo che è lungo 46 pagine e che contiene le testimonianze di nove persone, sulle dieci contattate. Una di loro è Mark Judge, l’amico di Kavanaugh identificato come l’altro ragazzo presente nella stanza dove avvenne il presunto tentato stupro. Da quanto hanno raccolto i giornalisti americani, l’indagine non sembra aver trovato conferme alle accuse, né sembra abbia scoperto cose significative. I Democratici, che da subito avevano criticato l’impostazione dell’indagine considerandola frettolosa e superficiale, hanno ribadito il loro scetticismo sulla sua utilità.

Trump, che inizialmente era sembrato insolitamente cauto e misurato sulla vicenda, e che aveva espresso apprezzamento e comprensione per la testimonianza di Ford, ha cambiato atteggiamento negli ultimi giorni, arrivando a imitarla e a prenderla in giro in un comizio pubblico in Mississippi.

Venerdì Trump ha definito i manifestanti contro la nomina di Kavanaugh «professionisti pagati», accusando il filantropo ungherese George Soros, bersaglio preferito delle teorie del complotto dell’estrema destra.

Collins, una delle senatrici sulle quali c’erano più attenzioni, ha spiegato in un lungo discorso al Senato i motivi per cui non ha ritenuto provate le accuse contro Kavanaugh, ribadendo l’importanza della presunzione di innocenza. Ha giudicato comunque credibile la testimonianza di Ford e ha sostenuto che «il movimento MeToo è concreto. È importante. Ce n’era bisogno da tempo». Manchin era considerato in bilico perché ha davanti a sé una difficile rielezione al Senato, tra un mese, in uno stato molto Repubblicano. Ha detto che ha ancora riserve riguardo alle accuse e al temperamento di Kavanaugh, ma che lo considera comunque un giudice qualificato. Flake, che aveva chiesto l’indagine dell’FBI dopo essere stato duramente criticato da una donna vittima di violenze sessuali in un ascensore del Senato, ha detto che voterà Kavanaugh a meno che «non cambi qualcosa di grosso».

La conferma di Kavanaugh, 53 anni, rappresenterebbe una grande vittoria politica per Trump e per i Repubblicani, che metterebbero così il secondo giudice conservatore di fila nella Corte Suprema dopo Neil Gorsuch, spostandola definitivamente verso destra. Ma è una vittoria arrivata a un prezzo molto caro, visto che il dibattito sulle accuse mosse contro Kavanaugh ha ulteriormente polarizzato la politica e l’elettorato americani. Da giorni ci sono animate proteste per spingere i senatori a bloccare la nomina di Kavanaugh, organizzate soprattutto da movimenti per i diritti delle donne e per le vittime di violenze sessuali.

Una manifestazione contro la nomina di Brett Kavanaugh a Washington, giovedì 4 ottobre. (Drew Angerer/Getty Images)

Ford aveva accusato Kavanaugh di averla bloccata su un letto e di averle tappato la bocca mentre cercava di toglierle i vestiti, durante una festa ai tempi del liceo. Un’altra donna, Deborah Ramirez, ha raccontato che Kavanaugh le appoggiò il pene in faccia durante un’altra festa universitaria. La scorsa settimana, dopo la testimonianza di Ford, la Commissione Giustizia del Senato ha interrogato a lungo Kavanaugh sul suo comportamento con le donne e sulle sue abitudini con l’alcol da adolescente: ne sono emerse molte incongruenze, secondo la maggior parte degli osservatori, ma l’emotiva difesa di Kavanaugh, che più volte è arrivato sul punto di piangere, è stata ritenuta convincente da molti senatori. Già nel 1991 un giudice era stato confermato dai Repubblicani alla Corte Suprema nonostante le accuse di molestie sessuali: Clarence Thomas, ancora nella corte, accusato dalla professoressa di legge Anita Hill.

Con Kavanaugh i Repubblicani possono contare su una maggioranza di 5 a 4 tra i giudici: Anthony Kennedy, il membro della Corte Suprema che si è dimesso lasciando il posto vacante, era considerato “l’ago della bilancia” e aveva spesso determinato decisioni in senso progressista. Kavanaugh è invece un conservatore molto più tradizionale, contrario all’invadenza dello Stato nella vita privata dei cittadini e nel sistema economico, allineato con l’ala più radicale del Partito Repubblicano sulle armi e la religione, e soprattutto sull’aborto. Nei prossimi anni la situazione potrebbe farsi ancora più complicata per i Democratici: la giudice più progressista della Corte, Ruth Bader Ginsburg, è anche la più malata e anziana (ha 85 anni). Nel caso morisse o si dimettesse nei prossimi due anni, Trump potrebbe scegliere un terzo giudice della Corte, dopo Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh.