• Sport
  • Martedì 18 settembre 2018

Il ritorno in Europa della Stella Rossa

La storica squadra di Belgrado è la prima avversaria del Napoli: stasera ritorna in Champions League dopo 27 anni in cui le è successo di tutto

Il difensore serbo Vujadin Savic durante la partita di Europa League tra Stella Rossa e Arsenal (Srdjan Stevanovic/Getty Images)
Il difensore serbo Vujadin Savic durante la partita di Europa League tra Stella Rossa e Arsenal (Srdjan Stevanovic/Getty Images)

Stasera il Napoli giocherà a Belgrado la sua prima partita nella fase a gironi della nuova Champions League. Nonostante giochi contro la Stella Rossa, che è l’avversaria più debole del suo girone, dove ci sono anche Liverpool e Paris Saint-Germain, non potrà prenderla alla leggera: giocherà in uno degli stadi più “caldi” d’Europa, un catino da più di cinquantamila posti scavato nel terreno a poca distanza dal centro della capitale serba. Il Rajko Mitic di Belgrado – che però tutti chiamano ancora Marakanà – è lo stadio principale del paese e stasera tornerà a ospitare una partita del più importante torneo di calcio europeo dopo ben ventisette anni dall’ultima volta. Il passaggio della Stella Rossa dalla Coppa dei Campioni vinta a Bari nel 1991 alla totale assenza dal panorama calcistico europeo è stato repentino e inevitabile: prima come sanzione per la guerra in Jugoslavia, poi per il bassissimo livello raggiunto negli anni dalla squadra e infine a causa di una disastrosa situazione economica.

La Stella Rossa venne fondata subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale come polisportiva statale, per offrire a tutti i belgradesi la possibilità di praticare uno sport. Nel corso degli anni, per popolarità e successi ottenuti, le sezioni di calcio e basket divennero di fatto una cosa a parte, continuando a raccogliere migliaia di iscrizioni ogni anno. Nel 1945 a Belgrado venne fondato anche il Partizan, la squadra dell’esercito jugoslavo, che divenne subito “l’eterna rivale” della Stella Rossa. Quest’ultima però continuò a essere la squadra più popolare e di successo, divenendo presto il più grande simbolo dello sport e del calcio jugoslavo in Europa.

L’apice della storia della Stella Rossa arrivò a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, quando la squadra si riaffermò in campionato e migliorò i suoi risultati nelle coppe europee fino alla storica vittoria della Coppa dei Campioni del 1991 nella finale di Bari contro il Marsiglia. Quella finale, considerata una delle più brutte mai giocate (finì ai rigori dopo un pareggio senza reti), fu vinta dalla Stella Rossa con una squadra ricordata ancora oggi per la qualità dei suoi giocatori, tutti slavi (compreso l’unico straniero), tra i quali i giovani Sinisa Mihajlovic, Dejan Savicevic e Robert Prosinecki.

I giocatori della Stella Rossa con la Coppa dei Campioni vinta a Bari contro il Marsiglia (DEMARTHON,PATRICK HERTZOG/AFP/Getty Images)

La storia di quella squadra finì tuttavia molto presto. Nel 1992 vinse la Coppa Intercontinentale battendo a Tokyo i cileni del Colo Colo, ma poi arrivarono le prime guerre d’indipendenza jugoslave. Il governo centrale di Belgrado venne dunque colpito dalle severe sanzioni imposte dall’ONU; dal canto loro, FIFA e UEFA – i principali organi di governo del calcio internazionale – impedirono alle società serbe la partecipazione alle competizioni internazionali. I calciatori della Stella Rossa, già richiesti dalle migliori squadre europee, furono in un certo senso costretti a lasciare Belgrado. La Stella Rossa perse così tutti i suoi migliori giocatori e vide arrivare nelle proprie casse miliardi di dinari in pochissimo tempo, che finirono un po’ ovunque ma non nella squadra, che nella seconda metà degli anni Novanta venne scavalcata in campionato dai rivali del Partizan.

I pessimi risultati sportivi e la qualità ormai perduta della rosa diedero inizio a violente contestazioni delle frange più estreme del tifo organizzato, con cui il club aveva sempre avuti stretti legami. Il tifo organizzato della Stella Rossa, inoltre, aveva assunto una enorme popolarità in una parte del paese per il contributo che tanti suoi componenti avevano dato alle milizie paramilitari serbe responsabili di crimini di guerra nei confronti delle minoranze croate e bosniache. Nel 1996 il loro capo Zeljko Raznatovic, soprannominato Arkan, divenuto una sorta di autorità parastatale a Belgrado, cercò di comprare la Stella Rossa. Nonostante Raznatovic fosse temuto e rispettato dai tifosi, l’ex storico giocatore Dragan Dzajic, allora presidente, mantenne la carica sostenuto dal governo, principale finanziatore del club, che è tuttora pubblico. Raznatovic rispose comprando una piccola squadra di Belgrado, l’Obilic, con cui in due anni vinse un campionato jugoslavo di fatto falsato per le condotte violente e intimidatorie della sua dirigenza. A fine campionato Raznatovic – ricercato internazionale per i crimini di guerra commessi in Jugoslavia – lasciò la presidenza alla moglie Svetlana. Due anni dopo venne ucciso in un agguato in un albergo di Belgrado. L’Obilic scomparve poco dopo.

Nel 2005 la situazione societaria della Stella Rossa era ancora complicata, nonostante la squadra avesse ripreso a vincere in campionato. Il presidente Dzajic si dimise nello stesso anno lasciando un club allo sbando, schiacciato da debiti insanabili di decine di milioni di euro e tenuto in piedi solo dai finanziamenti statali. Venne quindi eletto come nuovo presidente Dragan Stojkovic, altro ex giocatore simbolo della squadra, per cercare almeno di riportare entusiasmo, ma la sua nomina durò poco. In un primo momento la squadra riuscì a ristabilirsi ma solo sul piano sportivo. Venne ingaggiato Walter Zenga come allenatore, il quale portò la squadra a due titoli nazionali consecutivi.

Walter Zenga festeggia la vittoria nella Coppa di Serbia del 2006 (AP Photo/Darko Vojinovic)

Nel 2008 però l’ex presidente Dzajic venne arrestato con l’accusa di riciclaggio di denaro a vantaggio della criminalità organizzata. Un mandato di cattura internazionale venne diramato anche per il latitante Zvezdan Terzic, l’allora presidente della federazione calcistica serba. La Stella Rossa venne inevitabilmente coinvolta e Stojkovic si dimise in fretta per tornare ad allenare in Giappone. Nel 2009 la presidenza del club viene affidata a Vladan Lukic, altro ex giocatore. La squadra intanto aveva toccato il punto più basso della sua storia. La rosa di scarso valore e il settore giovanile in grosse difficoltà la portarono a un terzo posto in campionato dietro il Partizan e il Vojvodina, la squadra di Novi Sad, seconda città della Serbia.

Dopo il peggior risultato di sempre in campionato, il governo serbo intervenì favorendo un fondamentale accordo di sponsorizzazione con Gazprom, la più grande compagnia russa nella produzione e vendita di gas naturale. Gazprom e Stella Rossa stipularono un contratto di sponsorizzazione per un totale di circa venti milioni di euro per cinque stagioni: cifre enormi e sproporzionate sia rispetto alla media del campionato che per gli accordi precedenti del club. Gazprom divenne sponsor della Stella Rossa nel momento in cui iniziò a entrare nel mercato calcistico europeo tramite la sua squadra, lo Zenit San Pietroburgo, e con diverse sponsorizzazioni in tutto il continente, dal Chelsea allo Schalke 04, arrivando poi a diventare anche partner ufficiale della UEFA per la Champions League.

Il presidente russo Vladimir Putin al Marakanà per una partita tra Stella Rossa e Zenit San Pietroburgo (ALEXEI NIKOLSKY/AFP/Getty Images)

Gazprom è tuttora sponsor della Stella Rossa e l’ipotesi più plausibile fatta per giustificare i soldi garantiti negli anni dalla compagnia russa trova le sue ragioni nella politica. Nel periodo dell’accordo il governo russo era impegnato nei progetti di costruzione del gasdotto South Stream, che avrebbe dovuto connettere le riserve russe ai paesi dell’Europa centro-meridionale evitando quelli extra-comunitari, passando proprio dalla Serbia. La sponsorizzazione della Stella Rossa fu considerata correlata all’accordo tra governo serbo e russo per la progettazione del gasdotto, poi definitivamente scartato nel 2014. Nello stesso anno si parlò anche di un possibile acquisto dell’intero club da parte di Gazprom per circa 130 milioni di euro, più il ripianamento dei circa 40 milioni di debiti che bloccavano la società. Ma ciò non accadde, e Gazprom si limitò a prolungare il contratto di sponsorizzazione, aumentandola fino a sei milioni di euro annui.

Da allora si è parlato spesso della possibilità di privatizzare sia la Stella Rossa che il Partizan. Entrambe infatti non riescono a risolvere la loro situazione debitoria, perché l’economia del paese non può permetterselo, il campionato è di bassissimo livello e non offre alcun tipo di garanzie (il sindacato dei calciatori sconsiglia tuttora ai professionisti di firmare contratti con squadre serbe). In questa situazione il governo difficilmente darà il via alla liberalizzazione delle società professionistiche, dato che è l’unico possibile garante di bilanci societari che in qualsiasi altro campionato porterebbero alla bancarotta.

E come ci è arrivata quindi la Stella Rossa ai gironi di Champions League, in queste condizioni?

Nel 2013 tornò alla vittoria nel campionato serbo dopo sette anni. L’anno successivo fu esclusa dalle coppe europee per aver violato il Fair play finanziario. Ci ritornò l’anno successivo, ma venne eliminata ai preliminari di Europa League come accadde anche nella stagione seguente, quando fu il Sassuolo ad eliminarla ai playoff. Negli ultimi tre anni è comunque riuscita a vincere due titoli serbi, grazie alle difficoltà economiche che hanno fermato il Partizan e alla ripresa del suo enorme settore giovanile, tornato a essere efficiente dopo anni in cui aveva fatto molta fatica a tenere il passo di quello del Partizan, diventato nel frattempo il più importante del paese. Nel 2015 la Serbia vinse i Mondiali Under-20 con sedici convocati che giocavano ancora nel proprio paese, la maggior parte dei quali nella Stella Rossa, che da questa nuova generazione è riuscita lentamente a ristabilirsi.

Tifosi della Stella Rossa all’esterno del Marakanà e sullo sfondo il tempio di San Sava (Srdjan Stevanovic/Getty Images)

Ad agosto, dopo aver vinto l’ultimo campionato serbo, la Stella Rossa è riuscita ad eliminare agli spareggi di Champions League una squadra ritenuta sulla carta più forte come il Red Bull Salisburgo. È riuscita a rimontare in un solo minuto uno svantaggio di due gol, eliminando gli avversari e ottenendo la sua prima qualificazione ai gironi di Champions League. Il due gol decisivi per la qualificazione sono stati propiziati dal difensore Milos Degenek, tifoso della Stella Rossa fin da bambino, che è tornato in Serbia quest’anno dopo averla lasciata vent’anni fa, quando la sua famiglia perse tutto nel corso delle guerre jugoslave e si rifugiò in Australia. Grazie al suo contributo decisivo, la Stella Rossa ha ottenuto una qualificazione che aiuterà moltissimo il club, grazie ai ricchi premi di partecipazione distribuiti dalla UEFA.