Il più antico disegno realizzato dall’uomo

Nove linee rosse su un pezzetto di roccia, in Sudafrica: lo ha trovato un archeologo italiano, fu probabilmente tracciato dall'Homo sapiens 73mila anni fa

(Craig Foster/University of Bergen/Nature)
(Craig Foster/University of Bergen/Nature)

Un frammento di roccia con alcune linee rosse sopra, ritrovato in una grotta in Sudafrica, potrebbe essere il più antico esempio di disegno umano, secondo un articolo pubblicato su Nature dagli archeologi che l’hanno ritrovato. Il frammento di roccia, lungo meno di cinque centimetri, presenta nove sottili linee rosse, e si pensa risalga a 73mila anni fa: è cioè 30mila anni più vecchio di quelli che erano finora ritenuti i più antichi disegni astratti umani al mondo, e 10mila anni più vecchio delle più vecchie pitture rupestri dei Neanderthal a noi note.

Il disegno astratto è stato con ogni probabilità realizzato da un Homo sapiens, cioè dalla nostra specie, e non da qualche altro tipo di ominide, perché nella grotta di Blombos – circa 300 chilometri a est di Città del Capo – sono stati ritrovati soltanto reperti riconducibili a questa specie come denti, strumenti d’osso, punte di lance, incisioni e piccoli manufatti.

Christopher Henshilwood, archeologo dell’Università di Bergen e autore principale dell’articolo, ha spiegato: «Sapevamo che l’Homo Sapiens di quel periodo sapeva fare molte cose, ma non che sapesse disegnare». Il frammento è stato trovato da un archeologo italiano, Luca Pollarolo, mentre spolverava una serie di reperti estratti dalla grotta nel 2011: «Ho visto oltre diecimila reperti nella mia vita, ma non avevo mai visto delle linee rosse su una roccia. Non potevo credere a cosa avevo in mano».

Il frammento presenta sei linee parallele attraversate da altre tre linee, tutte molto sottili. Pollarolo contattò un altro archeologo dell’università di Bergen, e convennero che erano necessarie analisi più approfondite. Con l’aiuto di Francesco d’Errico dell’università di Bordeaux, esaminarono il frammento con un microscopio elettronico e con un laser per capire se le linee erano davvero disegnate, concludendo che erano state tracciate con l’ocra rossa, un pigmento usato spesso nelle pitture rupestri preistoriche.

Cercarono poi di capire se le linee fossero state tracciate con un pennello o con un rudimentale pastello, ricostruendo gli utensili e concludendo che l’ipotesi corretta era la seconda. Le analisi rivelarono anche che la superficie della roccia originale era più grande, e che forse era una di quelle usate per macinare l’ocra: questo ha portato qualche altro archeologo, come Lyn Wadley dell’università di Witwatersrand, a ipotizzare che quello scoperto non sia un vero disegno, ma che potrebbe essere stato tracciato involontariamente. Questa teoria è stata però respinta da d’Errico, che ha spiegato che in questo caso i segni sarebbero più spessi.

Secondo Henshilwood, i segni sono parte di un messaggio più grande. Testimonia poi, sempre secondo Henshilwood, che i primi uomini africani usavano i simboli e il pensiero astratto, applicato a diverse discipline tra cui il disegno. Il frammento, in origine denominato G7bCCC-L13, è stato ribattezzato #L13.