Meglio non usare marijuana durante l’allattamento

Tracce del suo principio attivo sono state trovate nel latte delle madri che l'avevano fumata, anche a distanza di giorni: gli effetti sui lattanti non sono noti

(EZEQUIEL BECERRA/AFP/Getty Images)
(EZEQUIEL BECERRA/AFP/Getty Images)

Nel periodo dell’allattamento, le madri dovrebbero evitare di fumare marijuana per non esporre i loro figli ai suoi composti chimici, anche a giorni di distanza dal consumo. La raccomandazione è stata diffusa dall’Accademia americana dei pediatri (AAP), una delle più importanti associazioni mediche degli Stati Uniti che si occupano della salute dei bambini. Il consiglio solleva nuovi dubbi sugli effetti secondari delle sostanze contenute nella cannabis, il cui uso è in fase di liberalizzazione in molte parti del mondo a cominciare proprio da diverse aree degli Stati Uniti.

Secondo le analisi condotte dall’AAP, l’ingrediente psicoattivo della marijuana (THC) può essere presente nel latte materno anche a sei giorni di distanza dall’utilizzo della sostanza. Lo studio che ha portato a questa conclusione è stato condotto su 54 campioni di latte materno, prelevato da donne che avevano confermato di avere fatto uso di marijuana prima della sua estrazione. Nel 63 per cento dei casi i ricercatori hanno individuato tracce di THC, come spiegano nel loro studio pubblicato sulla rivista scientifica Pediatrics. Per questo motivo l’AAP consiglia di evitare di utilizzare marijuana nel periodo di allattamento, riducendo il rischio di esporre i lattanti a questa sostanza. L’associazione raccomanda inoltre di evitare l’uso anche alle donne incinte, per i medesimi motivi.

Al New York Times, Sheryl A. Ryan dell’AAP ha spiegato che: “Il fatto che la marijuana sia legale in molti stati potrebbe dare l’impressione che sia innocua durante la gravidanza, specialmente alla luce delle molte testimonianze di chi la utilizza per ridurre le nausee a cominciare da quelle mattutine. In realtà, ci sono ancora molti aspetti da chiarire”.

Gli studi realizzati sul tema sono però ancora pochi e non hanno portato a conclusioni definitive. La ridotta letteratura scientifica era dovuta soprattutto alla bassa percentuale di persone che dichiaravano di fare uso di cannabis, condizione che è cambiata sensibilmente negli ultimi anni. Alcuni studi avevano evidenziato già in passato la capacità del THC di superare la barriera costituita dalla placenta, raggiungendo il feto durante la gravidanza. La sua presenza potrebbe fare aumentare il rischio di sviluppare ridotte capacità cognitive, ma si attendono nuove e più approfondite ricerche per poterlo confermare, come è avvenuto in passato con il fumo di sigaretta.

Lo studio dell’AAP è inoltre parziale perché ha analizzato il solo latte materno, senza invece rilevare gli effetti dell’eventuale esposizione al THC da parte dei bambini allattati. L’ammontare stesso di THC potrebbe variare notevolmente a seconda dei casi, del tempo trascorso tra l’assunzione da parte della madre e il momento dell’allattamento. In attesa di ulteriori approfondimenti, l’AAP consiglia comunque di evitare di assumere marijuana fino a quando termina il periodo dell’allattamento, in modo da ridurre al minimo eventuali rischi.