Due chiacchiere su Milano e Roma

La conversazione da balcone tra Michele Masneri e Andrea Minuz, sul Foglio, intorno a un'intercettazione che resterà, ai luoghi comuni fondati, e allo stadio della Roma (a Milano)

(ANSA/ UFFICIO STAMPA)
(ANSA/ UFFICIO STAMPA)

Il Foglio di sabato scorso ha ospitato – nella sua settimanale sezione di articoli lunghi – una vivace riflessione in forma di “conversazione da balcone” tra due suoi giornalisti (Michele Masneri e Andrea Minuz) sul rapporto tra Milano e Roma, in parte rinnovato e in parte storicamente immutabile: lo spunto è la frase dell’assessore milanese Maran diffusa due settimane fa nella documentazione giudiziaria delle indagini sul nuovo stadio della Roma.

Siamo qui, su un balcone romano, un lombardo (Michele Masneri) e un romano (Andrea Minuz) a discettare su questa frase fondamentale, “A Milano non si usa”, udita e intercettata nelle ultime settimane, in una questione di presunta, tentata ruberia calcistico-immobiliare. Anzi esportazione di un sistema romano (la mazzetta immobiliare) nella città-stato meneghina. Mentre planano gabbiani-tigre, andiamo con ordine. Tentiamo bilanci.
Michele Masneri: Intanto va detto che ‘A Milano non si usa’ potrebbe essere in fondo una frase da inserire nel motto o articolo 1 della nuova costituzione materiale e formale della Terza Repubblica. Altro che ‘fondata sul lavoro’. Una mia vecchia idea era “da giovane sono stato azzurro di sci”, che rende meglio il carattere nazionale. Però di sicuro ormai che Milano è capitale di tutto, della moda, dell’arte, del design, ormai anche del pianoforte e della fotografia e della cucina, è tempo di fare un bilancio della antica rivalità Milano-Roma: di come sono cambiati gli equilibri. Partendo da personaggi e linguaggi da commedia all’Italiana. Prego professore, è campo suo.
Andrea Minuz: Allora, di là c’è il golden boy del Pd milanese, uno che entra in consiglio comunale a venticinque anni, faccia pulita, onesta, molto ecosostenibile, fa le battaglie per il car sharing, l’illuminazione pubblica a led, le “città resilienti”. Di qua, abbiamo gli emissari del gruppo immobiliare che ha trasformato Roma Sud in Dubai (Torrino, Euroma2, le Torri) e che ora punta dritto sullo stadio della “maggica”. Forse provano a piazzargli il solito appartamento, forse no, forse ammiccano, comunque ammiccano male, “un po’ alla Tecnocasa”, come dicono nelle intercettazioni, commentando con un filo di vergogna la trasferta milanese. Sembra tutto un problema di “toni”. Il romano che scherza, allude, sottintende, cerca la sponda, la butta lì facile-facile, il milanese che non si scioglie. L’eterno malinteso dei “modi”. Insomma, più che altro non si capiscono. Anche perché Maran li avrà guardati con la faccia che ha, una faccia che “a Roma non si usa”. Poi come dice uno dei Parnasi, “noi ci siamo andati a prova’, ma lì è proprio un altro mondo”.
MM: Casomai poi Maran doveva dire ‘a Milano non usa’. Che è molto più milanese.

(continua a leggere sul Foglio)