Sono giorni difficilissimi per Facebook

Ha perso 50 miliardi di dollari in borsa ed è al centro di critiche, indagini e richieste di chiarimenti per il caso Cambridge Analytica: rischia la sua più grande crisi

Il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg (AP Photo/Jeff Roberson)
Il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg (AP Photo/Jeff Roberson)

Facebook è al centro di nuove e grandi polemiche per il caso Cambridge Analytica, la società di marketing online vicina alla destra statunitense che ha usato una enorme quantità di dati prelevati dal social network senza rispettare le sue condizioni d’uso. La vicenda, avviata da due inchieste parallele del New York Times e del Guardian, è raccontata da giorni su tutti i giornali più importanti del mondo e sta costando a Facebook un grande danno d’immagine, senza contare la perdita di svariati miliardi di dollari in borsa.

Il caso Cambridge Analytica in breve
Nello scorso fine settimana Guardian e New York Times hanno svelato nuove informazioni su Cambridge Analytica, una controversa società che si occupa di raccogliere grandi quantità di dati, analizzarli e costruire campagne promozionali personalizzate, facendo leva sugli interessi e le emozioni dei singoli utenti. Le inchieste hanno fornito qualche dettaglio in più su cose che già si sapevano da tempo e che erano circolate su altri giornali: Cambridge Analytica è finanziata da persone vicine alla destra statunitense, ha avuto come vicepresidente Steve Bannon (ex consigliere personale di Donald Trump ed ex capo del sito di notizie “alternativo” di destra Breitbart News) ed è sospettata di avere avuto contatti con la Russia, a sua volta accusata di avere interferito nella campagna elettorale per le presidenziali statunitensi del 2016.

Non è ancora chiaro quale sia stato esattamente il ruolo di Cambridge Analytica nella campagna elettorale di Trump, né in quella che ha poi portato alla Brexit nel Regno Unito, ma sappiamo che la società qualche anno fa ottenne da uno sviluppatore informazioni sui profili di circa 50 milioni di iscritti a Facebook. Queste informazioni erano state raccolte dallo sviluppatore con una semplice app che aderiva alle regole di Facebook, che però vietano di diffondere i dati ottenuti a società terze. Cambridge Analytica si autodenunciò a Facebook, che chiese la distruzione di quei dati, ma non sappiamo se ciò avvenne. Da allora Facebook ha cambiato le regole sulla raccolta dei dati (propri e delle reti di amici), ma ha comunque sospeso Cambridge Analytica solo quando ha scoperto che Guardian e New York Times stavano per pubblicare i loro articoli. Per una spiegazione più approfondita, abbiamo raccontato tutto con calma qui.

Indagini
Come abbiamo visto, buona parte delle cose di cui si parla in questi giorni, soprattutto legate a Cambridge Analytica, erano note da anni ed erano state raccontate sui giornali. Le testimonianze di un ex collaboratore della società di marketing hanno però fornito nuovi dettagli e portato a un interesse senza precedenti sul tema, tanto da stimolare reazioni da parte della politica e della magistratura, soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

I procuratori generali degli stati di New York e del Massachusetts hanno chiesto a Facebook di fornire informazioni su come Cambridge Analytica abbia utilizzato i suoi dati. Hanno inoltre avviato un’indagine congiunta chiedendo a Facebook di chiarire quali notifiche, informazioni e condizioni d’uso fossero utilizzate per comunicare agli utenti la raccolta dei dati sulle loro attività online (“Mi piace”, commenti e contenuti pubblicati). I procuratori vogliono inoltre capire come Facebook affrontò il problema con Cambridge Analytica e quali richieste mosse per ottenere la cancellazione dei dati.

La Federal Trade Commission (FTC), l’agenzia federale che si occupa di regolamentare le telecomunicazioni negli Stati Uniti, ha avviato una propria indagine per capire se Facebook abbia violato le leggi sulla privacy, avendo reso possibile la raccolta di dati personali da parte di Cambridge Analytica. Nel 2011 Facebook aveva sottoscritto un accordo con la FTC proprio per rendere più chiaro e trasparente agli utenti il modo in cui sono utilizzati i dati dal social network e dalle applicazioni che sfruttano i suoi servizi. L’ipotesi è che quell’accordo sia stato violato.

Il parlamento britannico ha inviato a Mark Zuckerberg una richiesta per comparire davanti a una delle sue commissioni parlamentari, per spiegare come Facebook raccoglie, gestisce e protegge i dati personali degli utenti. I responsabili della “Commissione per il Digitale, la Cultura, i Media e lo Sport” ritengono che Facebook abbia sottovalutato i rischi legati a una gestione scorretta dei dati, e la possibilità che questi finiscano in mano ad aziende che non hanno titolo per utilizzarli. Facebook ha tempo fino al prossimo 26 marzo per rispondere.

Indagini interne
Facebook ha affidato a un gruppo d’indagine le verifiche sul comportamento di Cambridge Analytica, con l’obiettivo di scoprire se i dati ottenuti dall’azienda in modo non autorizzato siano stati eliminati come annunciato. Lunedì 19 marzo le indagini sono state condotte anche presso la sede di Cambridge Analytica a Londra, e hanno portato a qualche problema ulteriore per Facebook. L’Information Commissioner’s Office, l’organismo di controllo indipendente che nel Regno Unito si occupa della protezione dei dati dei cittadini, ha chiesto al gruppo di indagine di allontanarsi e di non toccare nulla, visto che indagini di questo tipo devono essere condotte dalle autorità e senza che siano compromesse le prove.

Politica
Negli Stati Uniti diversi membri del Congresso hanno chiesto a Facebook di fare chiarezza sulla vicenda, anche alla luce dei precedenti sulle presunte manipolazioni da parte della Russia, che avrebbe sfruttato il social network per diffondere notizie false e interferire nelle presidenziali del 2016. Rappresentanti di commissioni parlamentari sia della Camera sia del Senato hanno inviato richieste formali a Facebook, per avere entro pochi giorni un rapporto sul modo in cui sono raccolti e gestiti i dati degli utenti. Alcune lettere sono state indirizzate direttamente a Mark Zuckerberg, ma per ora alle audizioni parteciperanno legali e alcuni dirigenti di media importanza.

Anche l’Unione Europea si sta muovendo e sta valutando quali provvedimenti assumere, considerato che le regole europee per la tutela della privacy sono molto più rigide rispetto a quelle statunitensi. Il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, ha detto che se le accuse contro Facebook fossero confermate si tratterebbe di “un’inaccettabile violazione del diritto alla privacy dei nostri cittadini”, e ha invitato il Parlamento a indagare sulla vicenda.

Borsa
La quantità senza precedenti di articoli e commenti negativi sta mettendo alla prova Facebook e questo si riflette sull’andamento delle sue azioni in borsa. In due giorni il valore di mercato di Facebook si è ridotto di circa 50 miliardi di dollari, il più grande declino nella sua storia in borsa. Si stima che almeno 129 milioni di azioni abbiano cambiato proprietà in poche ore, contribuendo alla forte instabilità del titolo.

Cosa sta facendo Facebook
Nei giorni dopo la pubblicazione delle inchieste, Facebook ha mantenuto un profilo molto basso, affidando ai suoi portavoce comunicati stringati con poche indicazioni su ciò che intende fare nei prossimi giorni. Martedì 20 marzo la società ha organizzato una sessione di domande e risposte con i suoi dipendenti, per aggiornarli su cosa sta succedendo e rassicurarli. L’incontro è stato gestito da un avvocato di Facebook, mentre non erano presenti manager di alto livello della società.

Mark Zuckerberg, di solito molto aperto con i dipendenti e gli utenti attraverso il suo profilo Facebook, non ha fatto nessuna dichiarazione per giorni, scrivendo solo nella serata di mercoledì un post dove ha ammesso le responsabilità del social network. Sheryl Sandberg, direttrice operativa e stretta collaboratrice di Zuckerberg, non ha diffuso commenti. Zuckerberg dovrebbe partecipare alla periodica sessione di domande e risposte del venerdì con i dipendenti.

Mancata ispezione
Tra le critiche e le accuse mosse nei confronti di Facebook c’è quella di non avere fatto verifiche approfondite su Cambridge Analytica, quando questa si autodenunciò dicendo di avere scoperto di essere in possesso di dati provenienti da Facebook che non avrebbe potuto usare. Stando alle ricostruzioni e alle testimonianze, Facebook chiese che i dati fossero eliminati, ma non condusse direttamente ispezioni sui computer di Cambridge Analytica per verificare che ciò fosse avvenuto, anche se ne aveva titolo (l’eventualità era indicata nelle condizioni d’uso di Facebook).

Non sappiamo perché non furono condotte ispezioni approfondite: un’ipotesi è che indagini di questo tipo non assicurano comunque di avere rimosso dalla circolazione tutte le copie dei dati, inoltre sarebbe stato necessario coinvolgere un giudice per avviare i controlli. Un’altra ipotesi è che Facebook temesse di essere accusato di faziosità, visto che sarebbe dovuto intervenire nei confronti di un’azienda chiaramente schierata da una parte politica. Il social network si accontentò quindi di una dichiarazione scritta fornita da Cambridge Analytica nel 2016. Facebook non si preoccupò di fare verifiche più approfondite nemmeno quando iniziarono a uscire alcuni articoli sulla vicenda, sulla stampa specializzata, lo scorso anno. Ora, dopo le notizie diffuse da Guardian e New York Times, le cose sono cambiate e Facebook oltre ad avere sospeso Cambridge Analytica sta valutando azioni legali.

Cambridge Analytica
Martedì 20 marzo il CEO di Cambridge Analytica, Alexander Nix, è stato sospeso dal suo incarico, dopo che l’emittente televisiva Channel 4 aveva diffuso alcuni video girati di nascosto nei quali raccontava i sistemi usati per screditare politici e partiti nelle campagne elettorali. La società rischia intanto indagini giudiziarie e inchieste parlamentari sia nel Regno Unito sia negli Stati Uniti. Il procuratore speciale Robert Mueller, che indaga sulle presunte interferenze della Russia nelle elezioni statunitensi e sull’eventuale coinvolgimento di Trump, ha già chiesto che Cambridge Analytica fornisca documenti sulle proprie attività. Il sospetto è che abbia in qualche modo facilitato il lavoro della Russia per fare propaganda contro Hillary Clinton e a favore di Trump. La società sta collaborando, ma nega qualsiasi coinvolgimento con agenti russi.

Chris Wylie, l’ex dipendente di Cambridge Analytica e la principale fonte dell’inchiesta del Guardian, sostiene che la raccolta di dati da Facebook fosse stata autorizzata già nel 2014 da Steve Bannon, quando era tra i principali dirigenti della società. Era ampiamente coinvolto e aveva approvato la spesa di circa 1 milione di dollari per acquisire dati, compresi quelli di Facebook, con l’obiettivo di creare campagne e fare propaganda in modo molto mirato.

BuzzFeed News ha invece analizzato diverse pubblicità negative contro Hillary Clinton diffuse durante la campagna elettorale del 2016. Furono finanziate da Make America Number One, un comitato indipendente per sostenere candidati politici (Political action committee – PAC) finanziato dalla famiglia del conservatore Robert Mercer, uno dei cofondatori di Cambridge Analytica. Il PAC pagò 1,2 milioni di dollari per i servizi forniti da Cambridge Analytica, compresa la produzione di contenuti per screditare Hillary Clinton, anche se non è ancora chiaro con quali modalità e con che estensione.

Cosa succede adesso
Intorno alla vicenda di Cambridge Analytica c’è molta frenesia, in parte dovuta agli stessi media e alla scarsa conoscenza di come funzionano condizioni d’uso, privacy e vincoli per la gestione dei dati personali da parte delle aziende online. Secondo alcuni osservatori le critiche nei confronti di Facebook sono sproporzionate, considerato che i modi in cui furono ottenuti i dati degli utenti erano consentiti dallo stesso social network, prima che cambiasse le regole. Non c’è stata quindi nessuna violazione dei suoi sistemi, ma questo non toglie che quelle regole fossero troppo permissive e non consentissero di mantenere un controllo sulla diffusione dei dati degli utenti, come si è poi dimostrato quando sono arrivati nelle mani di Cambridge Analytica.

Terminate le verifiche interne, Facebook fornirà una propria versione di quanto accaduto e probabilmente annuncerà nuove regole per rendere più sicura la gestione dei dati. Questo potrebbe portare a un’ulteriore chiusura del social network su se stesso, rendendo ancora meno accessibili i suoi dati, cosa contro cui si battono da anni i ricercatori accademici, che vorrebbero avere più informazioni per fare le loro ricerche e capire come i social network stiano cambiando le nostre società, la percezione che abbiamo del mondo e il modo in cui ci comportiamo.

Le dichiarazioni ufficiali indicano inoltre che i dirigenti di Facebook confidano che la tempesta passi presto, con l’arrivo di qualche altra grande notizia che distoglierà l’attenzione dei media. Questo non esclude comunque che siano poi prodotte nuove leggi e regolamenti, che in futuro obbligheranno Facebook a rivedere pesantemente le sue regole sulla privacy. Le cose per Facebook potrebbero inoltre peggiorare nei prossimi mesi, nel caso in cui Mueller trovasse un diretto legame tra le attività di Cambridge Analytica e i tentativi della Russia di interferire nelle elezioni statunitensi.