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  • Domenica 18 marzo 2018

L’esercito turco è entrato ad Afrin

Insieme agli alleati dell'Esercito libero siriano ha preso il controllo della città del nord della Siria un tempo dei curdi, dopo due mesi di offensiva

Ribelli siriani alleati della Turchia ad Afrin. (BULENT KILIC/AFP/Getty Images)
Ribelli siriani alleati della Turchia ad Afrin. (BULENT KILIC/AFP/Getty Images)

Domenica mattina l’esercito turco è entrato ad Afrin, la città a maggioranza curda nel nord della Siria che era sotto assedio da settimane, e dalla quale decine di migliaia di persone sono scappate negli ultimi giorni. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha detto che l’esercito turco, insieme all’alleato Esercito libero siriano, una coalizione di gruppi ribelli siriani di diverso tipo, ha preso il «totale controllo» della città, dopo un’offensiva durata poco meno di due mesi.

Ribelli siriani alleati della Turchia ad Afrin. (BULENT KILIC/AFP/Getty Images)

Sui social network sono circolate foto dei carri armati turchi nelle strade del centro città e di bandiere rosse con la mezzaluna e la stella sui balconi degli edifici delle istituzioni locali. L’esercito turco ha detto che ora sta setacciando le strade in cerca di mine antiuomo. L’Unità di Protezione Popolare (YPG), la milizia curda siriana alleata degli Stati Uniti che difendeva Afrin, non ha invece ancora fatto comunicati, e ci sono notizie non confermate che abbia lasciato la città. L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione con sede a Londra molto citata dai giornali internazionali, ha dett che dall’inizio dei combattimenti, lo scorso 20 gennaio, sono morti circa 1500 combattenti curdi ad Afrin, e quasi 300 civili.

Negli ultimi giorni si stima che oltre 50mila persone, prevalentemente curde, abbiano lasciato Afrin, per scappare dall’offensiva turca. Venerdì la Turchia aveva circondato la città, mentre migliaia di persone erano ancora in fila per uscire dall’unica via di fuga rimasta aperta. L’unico ospedale operativo di Afrin è stato colpito dalle bombe degli aerei turchi, che hanno ucciso almeno 16 persone tra cui alcuni bambini. In tutto, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, sono morte almeno 43 persone nei bombardamenti di venerdì.

Civili lasciano la città di Afrin, dopo l’ingresso dell’esercito turco e dei ribelli siriani alleati. (GEORGE OURFALIAN/AFP/Getty Images)

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L’operazione turca ad Afrin, rinominata “Ramoscello d’ulivo”, si inserisce nel più ampio contesto delle rivalità e delle alleanze degli schieramenti che stanno combattendo la guerra in Siria, e della guerra contro i curdi portata avanti dalla Turchia: Erdogan accusa l’YPG di avere legami profondi con i curdi turchi del PKK, organizzazione che il governo turco considera terrorista. Domenica Erdogan ha detto: «Non abbiamo invaso la città, l’abbiamo salvata dai terroristi».

Per la Turchia, la questione della creazione di uno stato curdo dentro ai suoi confini o appena al di là è da sempre considerata una questione di sicurezza nazionale: la presa di Afrin ha quindi lo scopo di indebolire i curdi siriani, e di creare una specie di “zona cuscinetto” oltre il suo confine meridionale, in Siria, sottraendolo al territorio attualmente controllato dai curdi.