Il calcio dalle periferie ai Mondiali

Come negli ultimi vent'anni i quartieri popolari d'Europa hanno cambiato lo sport più giocato al mondo

di Pietro Cabrio

Blaise Matuidi, centrocampista della Juventus, durante un allenamento della Nazionale francese. Ai Mondiali in Russia sarà uno dei tanti calciatori cresciuti nelle periferie di Parigi (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)
Blaise Matuidi, centrocampista della Juventus, durante un allenamento della Nazionale francese. Ai Mondiali in Russia sarà uno dei tanti calciatori cresciuti nelle periferie di Parigi (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Ai Mondiali di calcio in Russia molti dei calciatori più rappresentativi e attesi avranno una storia in comune: aver conosciuto il calcio, e averlo poi iniziato a giocare, in un campetto di periferia, probabilmente di cemento, in quartieri popolari con altri ragazzi perlopiù figli di immigrati. La maggior parte di loro sarà originaria delle periferie francesi – le banlieue – e in particolare quelle che circondano Parigi, come nei casi di Paul Pogba, Kylian Mbappe e Blaise Matuidi, che in Russia rappresenteranno la Francia, una delle nazionali più attese e talentuose, di cui sono fra i titolari.

Ai Mondiali, però, questa formazione giovanile (perché di questo si tratta, dal punto di vista sportivo) sarà comune anche fra i giocatori di altri paesi. Fedor Smolov, uno dei giocatori più importanti della Russia, è arrivato in nazionale dopo aver iniziato a giocare nelle korobka, i campetti in cemento delle periferie russe. Uno dei fratelli Boateng, Jerome, nato e cresciuto a Wedding, quartiere popolare della periferia di Berlino, sarà invece uno dei due difensori titolari della Germania campione del mondo in carica. Suo fratello Kevin-Prince, con cui condivide luoghi e storia, non ci sarà ma perché gioca con il Ghana, che non si è qualificato. La nazionale del Belgio, una delle più talentuose, avrà con sé i migliori giocatori cresciuti sulle strade di Anversa, città a cui il rapido successo del calcio belga deve molto.

Un murales di Nike dedicato ai fratelli Jerome, George e Kevin-Prince Boateng nel quartiere berlinese di Wedding, dove sono cresciuti (ADAM BERRY/AFP/Getty Images)

Di campioni cresciuti in quartieri poveri e isolati la storia dello sport ne è piena, in particolar modo quella del calcio. Basti pensare al Brasile e ai suoi fuoriclasse cresciuti nelle favelas, alle origini povere di Diego Armando Maradona o ai cosiddetti “giocolieri” cresciuti nella poverissima Belgrado del dopoguerra. Ognuno di questi centri urbani ha modificato a suo modo gli stili di gioco e influenzato interi periodi storici del calcio. Oggi, sono le periferie francesi dell’Ile-de-France quelle da cui provengono i migliori calciatori delle nuove generazioni.

Parigi

Arsene Wenger è stato per più di vent’anni l’allenatore dell’Arsenal ed è tuttora uno dei maggiori conoscitori del calcio francese, compreso quello giovanile, per cui in passato ha anche collaborato con la federazione nazionale. Circa dieci anni fa disse di ritenere la regione dell’Ile-de-France uno dei centri urbani che dava al calcio mondiale più talenti, seconda solo alla regione di San Paolo, in Brasile. Allora Thierry Henry, Patrick Vieira e Lilian Thuram, campioni del mondo e d’Europa con la Francia, provenivano dalle banlieue parigine ed erano i migliori giocatori al mondo. A distanza di dieci anni, ora si può dire che nessun’altra città, nemmeno San Paolo, dia al calcio così tanti talenti quanto Parigi e le sue periferie.

Nel 2016 il giornalista dell’Economist Simon Kuper intervistò Paul Pogba, a quei tempi ancora alla Juventus, che a una domanda sulle origini del successo del calcio parigino rispose dicendo: “Ci crescono così tanti ragazzi talentuosi perché lì c’è solo il calcio. A scuola o nei cortili fra i palazzi, tutti giocano a calcio. È l’unica vera alternativa allo starsene in giro tutto il giorno a non fare niente, o a fare cose stupide che poi sono solo l’inizio di altri problemi”. Nelle banlieue la popolazione è composta perlopiù da famiglie di immigrati africani a basso reddito e non sono presenti altre culture sportive così radicate. La diffusione di campetti in cemento poi, su cui si può sempre giocare, ha reso ancora più accessibile il calcio rispetto ai tradizionali campi in erba, che richiedono indumenti e attrezzature e sui quali non si può sempre giocare. Vista l’utilità sociale di questi campetti, negli anni sono nate diverse associazioni di volontari che avvicinano i bambini al gioco. Da tempo queste associazioni lavorano a contatto con la federazione.

Patrice Evra e Anthony Martial circondati da ragazzini sul campo di Les Ulis in cui sono cresciuti. Il legame tra i calciatori francesi e i loro quartieri è molto forte e fonte di ispirazione soprattutto per i bambini (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Le periferie di Bondy, Les Ulis e Sarcelles, per citarne tre, sono le espansioni più esterne dell’area metropolitana di Parigi. Solamente a Les Ulis, uno dei distretti più isolati non raggiunti né dalla metropolitana né dalla rete ferroviaria, sono cresciuti gli ex nazionali Patrice Evra e Thierry Henry. Anche Anthony Martial, che della Francia fa tuttora parte, viene da lì. Più che un’influenza tattica, questi quartieri isolati e disagiati stanno dando al calcio una nuova generazione di calciatori la cui qualità principale è la tecnica, spesso elevatissima.

È una caratteristica ereditata dalle partite giocate nei campetti di cemento o sintetici: stretti, affollati e in cui il pallone si muove rapidamente per la superficie più dura. Paul Pogba, nato e cresciuto a Lagny-sur-Marne, a 15 chilometri dal centro di Parigi, ne è il più grande esempio: ha caratteristiche da incontrista (il centrocampista il cui compito principale è impedire o ostacolare le azioni avversarie, facendone partire di nuove per la propria squadra) ma possiede una tecnica sopra la media che gli permette di partecipare alla fase offensiva, e quindi anche di segnare spesso, e soprattutto di impreziosire le partite con giocate di alto livello, risolvendo anche le situazioni di gioco più complicate.

Paul Pogba

I campetti di periferia sono un punto di ritrovo per tutto il quartiere. Non esistono squadre prestabilite e le partite vengono disputate dai migliori giocatori presenti nello stesso momento in cui si inizia a giocare. Ragazzi e bambini giocano assieme, e quando l’età dei giocatori si alza, solamente i ragazzini che dimostrano di sapersela cavare dal punto di vista tecnico e in grado di reggere l’impatto fisico riescono a restare in campo. Per questo motivo la Francia abbonda di esterni offensivi di enorme talento, come Ousmane Dembele del Barcellona, Anthony Martial del Manchester United e Serge Aurier del Tottenham, che è cresciuto a Sevran ma ha scelto di giocare con la Nazionale ivoriana. Inoltre, gioca come terzino per la sua struttura fisica massiccia, più adatta alla fase difensiva.

Insieme a loro, nei campetti di periferia sono cresciuti anche altri giocatori di diverse nazionalità, ma con stesse caratteristiche: Riyad Mahrez, esterno d’attacco protagonista della storica vittoria del Leicester in Premier League, è cresciuto a Sarcelles ma ha scelto di giocare con l’Algeria (che ai Mondiali non ci sarà).

Anthony Martial

Rispetto al passato, il calcio delle periferie giocato dai figli degli immigrati sta dando così tanto alla Francia perché non viene più ignorato. La federazione francese tiene sotto osservazione i campetti di periferia più affollati e poi sceglie dalle piccole società i migliori giovani da portare nel centro federale di Clairefontane, dove si allenano le nazionali francesi e dove ha sede un centro d’allenamento d’élite. L’ultimo titolare francese formato a Clairefontane è Kylian Mbappe, attaccante del Paris Saint-Germain e secondo calciatore più costoso di sempre, cresciuto a Bondy, periferia nord-est di Parigi.

Come la federazione, lo stesso fanno le squadre di club, che finanziano strutture e organizzano corsi di allenamento in periferia. Anche alcuni grossi sponsor sono soliti organizzare eventi e tornei a cui partecipano le migliori squadre di periferia. Nike, per esempio, ha fra i suoi principali testimonial proprio i calciatori francesi delle nuove generazioni.

Il Paris Saint-Germain non è rimasto a guardare e con il calcio delle periferie sta costruendo il suo futuro. In estate ha fatto leva sulle origini di Mbappe per riportarlo a Parigi e inserirlo nel suo attacco insieme al brasiliano Neymar e all’uruguaiano Edinson Cavani. Di giovani giocatori parigini attualmente in rosa ce ne sono poi altri tre: Presnel Kimpembe (difensore), Alphonse Areola (portiere) e Adrien Rabiot (centrocampista), tutti promettenti e con molti anni di carriera davanti. A loro, nei prossimi anni, se ne potrebbero aggiungere altri provenienti dal settore giovanile del club, che sta diventando uno dei più folti d’Europa anno dopo anno proprio grazie alla quantità di ragazzi promettenti scovati nelle periferie.

Benjamin Mendy, Adrien Rabiot, Presnel Kimpembe, Kinglesy Koman e Kylian Mbappe — tutti parigini — in allenamento con la Francia a Clairefontaine (FRANCK FIFE/AFP/Getty Images)

Le città e i paesi cambiano il gioco

Fra le tante sfaccettature di cui è composto il mondo del calcio, una delle più interessanti è la sua evoluzione territoriale, ovvero i luoghi e le regioni del mondo in cui il gioco si è maggiormente diffuso e in cui ha subito più influenze. Se esistesse una mappa immaginaria delle zone in cui il calcio è praticato da più tempo, le più evidenti sarebbero le città portuali. Fu lì infatti che a inizio Novecento i marinai e i lavoratori provenienti dall’Inghilterra diedero inizio alla diffusione dello sport in tutto il mondo. Non a caso ad Anversa, Genova, La Plata e Smirne, grandi città portuali, si trovano alcune delle squadre più antiche al mondo al di fuori dell’Inghilterra.

Nel corso del Novecento il gioco del calcio si è poi espanso in tutti i continenti, evolvendosi continuamente soprattutto per le influenze che ha avuto da alcuni grossi centri urbani europei e sudamericani. A metà del Novecento, per esempio, in Austria, Repubblica Ceca, Ungheria e Serbia il calcio subì una rapida evoluzione che lo avvicinò alla modernità: lì si diffuse il modulo composto da 4 difensori, 3 centrocampisti e 3 attaccanti (il 4-3-3) e lì nacque anche il ruolo del trequartista. Circa un decennio dopo l’apice raggiunto dal calcio danubiano, in Olanda un allenatore e una squadra capitanata da Johan Cruyff, l’Ajax, proseguirono il processo di modernizzazione del calcio ridefinendo il concetto tattico di spazio.

Come spiega bene David Winner nel suo libro Brilliant Orange, il “calcio totale” fu una delle maggiori espressioni della ribellione giovanile olandese di quegli anni. In un paese creato e mantenuto seguendo una rigorosa divisione e valorizzazione di spazi, fra acque, canali, terreni coltivabili e centri urbani, una squadra capitanata da un uomo con una personalità ribelle come quella di Cruyff e allenata da Rinus Michels e Stefan Kovacs trasferì al calcio i concetti legati allo spazio così presenti nella cultura olandese. Ne nacquero una squadra, l’Ajax, e una Nazionale, l’Olanda, che per anni furono insuperabili e che poi ispirarono grandi club in tutta Europa, a partire dal Barcellona.

Anversa e le altre

La Francia è il paese in cui il calcio giocato nei campetti di cemento ha cambiato di più l’aspetto del calcio, ma come testimonia la presenza ai Mondiali di calciatori stranieri con questo tipo di formazione, il fenomeno riguarda molti altri paesi. Ad Amsterdam, per esempio, si ritiene che la qualità del gioco delle periferie sia inferiore solo a quella parigina. L’Olanda però non sarà ai Mondiali e sta attraversando un periodo molto complicato, dovuto principalmente al ricambio generazionale. Oltre ad Amsterdam ci sono poi Londra, Berlino, Anversa e Mosca. Nelle periferie russe la popolarità delle korobka ha attirato sponsor e federazioni, tanto che ne è nato un progetto su scala nazionale: Nike K11.

L’allenatore Valery Nepomnyashchy, che nel 1990 portò il Camerun ai quarti di finale della Coppa del Mondo, è il coordinatore del progetto, che ha definito di vitale importanza per il movimento calcistico russo: “Nelle nostre strade giocano tanti ragazzi di talento, con K11 cerchiamo di farglielo esprimere al meglio. L’obiettivo è colmare il divario tra le strade e il campo, perché il maggior limite del calcio russo è che i calciatori di oggi sono cresciuti negli anni Novanta, e in quel periodo c’erano troppi disagi per poter esprimere del talento anche dal punto di vista sportivo”.

Se la Nazionale belga è una delle più forti al mondo e in Russia potrà contare sui molti dei migliori giovani calciatori in circolazione, lo deve in parte anche ad Anversa. Nella città portuale belga ha sede una delle squadre più antiche al mondo, il Royal Antwerp Football Club, fondato nel 1880. Nei quartieri più poveri e disagiati della città, per molti versi simili a quelli parigini, dove il calcio è lo sport più praticato, sono cresciuti Radja Nainggolan, centrocampista dell’Inter, e sua sorella Riana, anche lei calciatrice. Nelle periferie di Anversa hanno giocato le loro prime vere partite Mousa Dembélé, centrocampista del Tottenham, Romelu Lukaku, attaccante del Manchester United, e suo fratello Jordan, terzino della Lazio. Ora fanno tutti parte della Nazionale, di cui Romelu è il centravanti titolare.

La storia del calcio di strada giocato ad Anversa è raccontata bene nel breve documentario De Pleintjes (Le piazze) , a cui oltre ai giocatori professionisti cresciuti in città ha partecipato anche l’attore belga Matthias Schoenaerts. De Pleintjes si trova sottotitolato su YouTube, così come Ballon sur Bitume, il documentario che racconta come il calcio delle periferie francesi abbia cambiato aspetto a quello francese e mondiale. Ballon sur Bitume si trova anche su Netflix con il titolo italiano Asfalto e pallone.