Il freddo non fa ammalare

Una volta per tutte: mal di gola, influenza e raffreddori sono causati dai virus, e non ci sono prove che "prendere freddo" c'entri qualcosa

“Non prendere freddo!” è probabilmente la frase che si sentono dire più spesso i bambini in inverno da genitori e nonni apprensivi, alla pari del “Non sudare!” nella stagione estiva. È altrettanto probabile che quella raccomandazione diventi ancora più frequente in questi giorni, a causa del fronte di aria fredda che ha reso gelide ampie aree del nord e del centro Italia. La convinzione che stare al freddo faccia ammalare è molto diffusa, soprattutto nei paesi dove il clima è mite per buona parte dell’anno, ma non ha basi affidabili: a oggi nessuna ricerca scientifica ha dimostrato in modo incontrovertibile che aria fredda, neve, pioggia e vento causino più facilmente raffreddore, mal di gola o influenza.

Per ammalarsi è infatti necessaria la presenza di un virus: in sua assenza semplicemente non può verificarsi un’infezione delle vie aeree superiori, quello che di solito chiamiamo appunto raffreddore. Nella loro lotta per la sopravvivenza, i virus si modificano di continuo per ingannare il nostro sistema immunitario, farsi largo indisturbati tra le cellule dell’organismo e contagiarle con il loro codice genetico. Quando infine il sistema immunitario se ne accorge, attiva le sue contromisure per arrestare la diffusione del virus. Sintomi come infiammazione alla gola, naso chiuso, tosse e febbre sono la conseguenza della lotta molto intima che avviene nel nostro corpo, tra virus e sistema immunitario. Siccome questi tipi di virus cambiano di continuo, prendiamo il raffreddore centinaia di volte e l’influenza decine di volte nella vita, perché il sistema immunitario deve ogni volta imparare a riconoscere la nuova minaccia (per questo il vaccino influenzale cambia ogni anno).

In molti tendono a mettere il freddo in correlazione con il raffreddore, ma non c’è necessariamente un legame causa-effetto tra le due cose. I virus che lo causano, così come quelli dell’influenza, sono più diffusi nella stagione fredda ed è quindi naturale che ci sia un più alto rischio di ammalarsi tra autunno e inverno. Questo è anche il periodo dell’anno in cui stiamo di più al chiuso, condividendo spazi ristretti e molto affollati con decine di altre persone: in ufficio, nei bar, alla posta e sui mezzi pubblici. L’aerazione è molto ridotta rispetto alla stagione calda, per non disperdere il calore ed evitare che entri il freddo, e di conseguenza i virus che si diffondono per via aerea sono molto più concentrati e possono contagiare più persone.

Alcuni osservano che paradossalmente nella stagione fredda è il caldo a farci ammalare. Il riscaldamento negli edifici porta l’aria a essere più secca e a ridurre quindi l’idratazione delle mucose del naso (seni paranasali), una delle barriere che aiutano il sistema immunitario a tenere sotto controllo i virus. La mancanza di umidità rende anche più semplice la diffusione dei virus, che non trovano particelle d’acqua cui legarsi che li farebbero poi precipitare sugli oggetti, rimanendo per meno tempo in sospensione nell’aria.

Le ricerche scientifiche effettuate finora sull’eventuale rapporto freddo-malattia non hanno portato a grandi risultati, anche se alcune sembrano suggerire che basse temperature possano in qualche modo ridurre l’efficienza del sistema immunitario. Lo scorso anno, per esempio, un gruppo di ricercatori ha testato la capacità di alcune cellule immunitarie di contrastare un virus a diverse temperature. È saltato fuori che con il freddo le difese sono meno efficienti, rendendo più semplice la diffusione del virus. Il problema è che il test è stato eseguito su un vetro di laboratorio, quindi con un numero di variabili estremamente basse, se confrontate con quelle del nostro organismo.

Un’altra ricerca condotta un paio di anni fa ha trovato qualche indizio sul fatto che i virus che causano il raffreddore tendano a moltiplicarsi più facilmente col freddo. Il test è stato eseguito su alcuni topi di laboratorio, ma non ha comunque portato a risultati convincenti e definitivi. Un altro studio condotto nel 2005 ha interessato 20 volontari, che sono rimasti per 20 minuti al giorno con i piedi immersi in acqua fredda. Dopo un certo periodo, i ricercatori hanno notato che tendevano ad ammalarsi più frequentemente rispetto ai partecipanti del gruppo di controllo, coi piedi all’asciutto, ma anche in questo caso non sono state trovate molte prove o spiegazioni convincenti o che escludessero altre variabili.

Il rapporto causa-effetto tra freddo e raffreddore continua a essere una convinzione molto diffusa, dovuta in parte al senso comune e alla propria esperienza personale. Un raffreddore viene spesso spiegato col fatto di aver preso freddo il giorno prima, magari perché non ci si è coperti a sufficienza: “Ieri mi sono dimenticato la sciarpa e oggi ho mal di gola”. Per come funziona il nostro modo di ragionare, tendiamo a notare di più le casualità quando sono utili per spiegare le cose che ci succedono. Pensiamo di aver preso il mal di gola perché eravamo senza sciarpa, trascurando il fatto che avremo sicuramente dimenticato di indossarla in molte altre circostanze, senza esserci mai ammalati. Il mal di gola è stato causato da altro: un virus, che inoltre impiega diverso tempo prima di causare i sintomi; la causa del malanno era probabilmente già stata contratta prima della passeggiata senza la sciarpa.

Il freddo può essere comunque pericoloso per la salute umana, ma in un campionato diverso da quello dei raffreddori e dell’influenza. Se si rimane per lungo tempo all’esterno senza sufficienti protezioni, la temperatura molto bassa può causare il congelamento delle mani, dei piedi e nei casi più gravi di altre parti del corpo. A seconda della gravità del congelamento e della rapidità dei soccorsi, le lesioni possono essere permanenti o rendere necessaria l’amputazione. Il freddo può anche causare ipotermia, una condizione in cui la temperatura corporea (nel caso degli esseri umani) scende al di sotto dei 35 °C, con il conseguente assideramento e arresto cardiaco. Sono eventualità piuttosto estreme, per quelle meno gravi come un raffreddore potete seguire questa guida di sopravvivenza.