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  • Mercoledì 21 febbraio 2018

Il massacro di Ghouta orientale

Nell'enclave ribelle nella periferia di Damasco, in Siria, i bombardamenti del regime di Assad e dei suoi alleati stanno facendo centinaia di morti, come non si vedeva da tempo

Un uomo e i suoi tre figli in un ospedale gestito dai ribelli a Ghouta orientale, il 20 febbraio
(Samer Bouidani/picture-alliance/dpa/AP Images)
Un uomo e i suoi tre figli in un ospedale gestito dai ribelli a Ghouta orientale, il 20 febbraio (Samer Bouidani/picture-alliance/dpa/AP Images)

Negli ultimi tre giorni le forze militari del presidente siriano Bashar al Assad hanno bombardato con enorme intensità Ghouta orientale, un’area nella periferia di Damasco abitata da circa 400mila persone e controllata dai ribelli siriani. Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani – organizzazione non governativa con sede a Londra, considerata vicina ai ribelli e molto citata dai giornali internazionali – sono state uccise almeno 250 persone, il bilancio più grave nella guerra siriana dall’agosto 2013, quando il regime di Assad bombardò con armi chimiche questa stessa zona. Nonostante se ne parli di più negli ultimi giorni, comunque, l’attacco a Ghouta non è iniziato tre giorni fa e la situazione umanitaria nell’area è molto grave da diverso tempo.

Attenzione: alcune immagini sono forti.

I video, le immagini e le testimonianze degli ultimi giorni da Ghouta orientale sono molto forti. I bombardamenti, compiuti da aerei siriani e russi, stanno colpendo anche ospedali e altre infrastrutture civili. Gli abitanti di Ghouta sono costretti a nascondersi nei rifugi sotterranei, che però non sempre si dimostrano sicuri, e le strutture mediche rimaste in piedi hanno carenza di personale, di medicine e di attrezzature di vario tipo. Ghouta è infatti circondata dal 2013: per diverso tempo è stato possibile per i ribelli e la popolazione civile far entrare beni di ogni tipo sfruttando dei tunnel sotterranei, ma da quando le forze alleate di Assad hanno preso il controllo sui territori circostanti questo tipo di traffici si è interrotto.

Anne Barnard e Carlotta Gall, due giornaliste del New York Times, hanno parlato via telefono e via chat con alcuni abitanti di Ghouta orientale per farsi raccontare cosa sta succedendo negli ultimi giorni. Tareq al Dimashqi, che vive a Ghouta con sua moglie e sua figlia di 5 mesi di nome Loulou, per l’attrice Gina Lollobrigida, ha detto: «Ho solo questa bimba e non riusciamo a trovarle del cibo. Non abbiano altra scelta che resistere fino all’ultimo momento. La morte e la vita per me è uguale». Shadi Jad, padre di un bambino di tre settimane, ha raccontato che suo figlio non vede la luce del sole e non respira aria fresca da 48 ore, perché è costretto a stare nascosto in un rifugio sotterraneo.

Bombardamenti e attacchi così intensi non sono nuovi nella guerra in Siria: già in passato, per esempio nella battaglia contro i ribelli ad Aleppo orientale, il regime di Assad aveva fatto della violenza un’arma strategica, ovvero uno strumento per annullare la volontà dei suoi nemici e della popolazione civile. Assad sta giustificando gli attacchi dicendo che a Ghouta orientale non vivono praticamente civili e sta attaccando la stampa accusandola di diffondere notizie false. La situazione a Ghouta potrebbe aggravarsi ulteriormente nei prossimi giorni, o settimane: sembra infatti che Assad e i suoi alleati siano intenzionati ad avviare anche un’operazione di terra di modo da riprendere il controllo del territorio e sconfiggere definitivamente i ribelli in quest’area.