Twitter ha spiegato perché non banna @realDonaldTrump

Un post del social network dice – senza citarlo direttamente – che censurarlo danneggerebbe il dibattito pubblico

(Elaborazione grafica da una fotografia di SAUL LOEB/AFP/Getty Images)
(Elaborazione grafica da una fotografia di SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

Un recente tweet del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, con nuove minacce verso la Corea del Nord e allusioni al fatto di avere un pulsante per il lancio di un attacco nucleare “molto più grande e potente” di quello del dittatore Kim Jong-un, ha dato nuovi elementi al dibattito che dura ormai da mesi sul perché Twitter non abbia deciso di sospendere l’account di Trump, vista la sua retorica minacciosa e violenta. Twitter ha pubblicato un nuovo post sul suo blog dove spiega perché ha deciso di non censurare i tweet dei leader politici mondiali, anche se infrangono le regole che lo stesso social network si è dato. Il post non cita mai espressamente Trump, ma è chiaro che sia stato pubblicato per parlare di lui e della facilità con cui pubblica tweet contenenti minacce, commenti fuori luogo o veri e propri insulti nei confronti di altre persone.

Dopo l’ultimo tweet sull’attacco nucleare, alcuni gruppi di oppositori di Trump di estrema sinistra hanno organizzato iniziative per protestare contro Twitter e ottenere la sospensione dell’account del presidente. Un gruppo di manifestanti ha proiettato sulla facciata di uno dei palazzi del social network a San Francisco la frase: “@jack è complice”, facendo riferimento a Jack Dorsey, il CEO di Twitter. Gli attivisti di Resistance SF hanno scritto su Facebook che: “@jack viola le regole della sua stessa azienda, Twitter, per dare voce a uno scriteriato che mette in pericolo il mondo. Jack Dorsey dovrebbe dimettersi o espellere @realDonaldTrump”.

Le critiche sono in parte dovute al fatto che Twitter in passato non ha mantenuto una linea molto chiara, o coerente, sui tweet di Trump. In varie occasioni ha fatto intendere che avrebbe analizzato i suoi messaggi caso per caso, in altre che avrebbe applicato le sue regole se ci fossero state violazioni e in altri casi ancora che non ci sarebbero state sanzioni nei suoi confronti. Il nuovo post conferma questo ultimo approccio, fornendo per la prima volta qualche motivazione in più, che dovrebbe aiutare a comprendere quali regole ha deciso di darsi il social network per i leader mondiali.

Spiegano quelli di Twitter:

I leader mondiali eletti rivestono un ruolo critico nel dibattito per via del loro grande impatto sulla nostra società. Bloccare un leader mondiale da Twitter o rimuovere i suoi tweet controversi nasconderebbe informazioni importanti che la gente dovrebbe essere libera di vedere e discutere. Non porterebbe nemmeno a togliere la voce a quel leader, ma danneggerebbe certamente l’essenziale dibattito intorno alle sue azioni e alle sue parole.

Il post aggiunge che i tweet dei leader sono rivisti “nell’ambito del contesto politico che li definisce”, e che il criterio per applicare o meno censure non è in nessun modo legato “alla crescita” di Twitter. È un chiarimento cui evidentemente il social network tiene molto, considerato che si è detto spesso che Twitter non prenda mai provvedimenti nei confronti di Trump perché il suo account porta traffico, notorietà e nuovi utenti su Twitter. L’effetto concreto di Trump sull’andamento dell’azienda è difficilmente misurabile, ma è comunque indubbio che i tweet del presidente degli Stati Uniti, pubblicati senza filtri spesso per la disperazione dei suoi collaboratori e dell’ufficio stampa della Casa Bianca, attirano molto interesse e da più di un anno abbiano fatto di Twitter il social network di riferimento per la politica statunitense.

Ancor prima del post di chiarimento di Twitter, nei giorni scorsi vari opinionisti avevano comunque sostenuto l’opportunità di mantenere attivo l’account di Trump, e l’inopportunità di censurare un leader mondiale e di impedire alle persone di conoscere il suo pensiero, per quanto sgradevole possa eventualmente essere. Su Slate, Will Oremus aveva ricordato che non è stato certo Twitter a dare poteri particolari a Trump, il quale li ha ottenuti con regolari elezioni e seguendo la Costituzione. Se non esistesse Twitter o non esistessero i social network in generale, Trump avrebbe sicuramente trovato altri modi per provocare Kim Jong-un o insultare qualche oppositore politico: il presidente degli Stati Uniti ha numerosi e diversi canali di comunicazione per far sapere come la pensa, anche senza i filtri del suo staff per la stampa.

Infine, come hanno già fatto notare altri osservatori in passato, i tweet di @realDonaldTrump sono in primo luogo una minaccia per lo stesso Trump. In più occasioni il presidente ha scritto cose che potrebbero essere usate contro di lui, per esempio nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta collusione con la Russia nelle elezioni presidenziali. Conclude Oremus: “Quelli di sinistra che vorrebbero Trump fuori dalla Casa Bianca dovrebbero tifare per farlo twittare di più, non di meno. Potrebbe essere la loro miglior speranza per far terminare la sua presidenza da incubo prima della sua fine naturale”.