Tutto il patrimonio storico e culturale tedesco è conservato in due tunnel a prova di bomba atomica

Si chiama Barbarastollen ed è a Friburgo: a srotolare i nastri dei microfilm, sarebbero lunghi 31.200 chilometri

Un operaio all'interno del Barbarastollen, il 13 maggio 2009 (Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)
Un operaio all'interno del Barbarastollen, il 13 maggio 2009 (Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)

In Germania, vicino a Friburgo, c’è un complesso di tunnel sotterranei dov’è conservato in un grosso archivio di microfilm il patrimonio storico e culturale del paese, nel caso in cui una guerra o un grande disastro naturale mettessero in pericolo tutti gli altri archivi, musei e biblioteche esistenti. Viene chiamato Barbarastollen, cioè “Galleria di Barbara”, perché un tempo il tunnel faceva parte di una miniera d’argento e santa Barbara è la patrona dei minatori. È coperto da circa quattrocento metri di roccia: questa posizione e la struttura del complesso sono state scelte per renderlo resistente anche a un’esplosione nucleare, oltre che ai terremoti.

Questo video è in tedesco, ma si vede bene il Barbarastollen dall’interno e i microfilm che vi sono conservati.

I microfilm che si trovano all’interno del Barbarastollen sono riproduzioni di documenti: ci sono per esempio la bolla Exsurge Domine con cui papa Leone X minacciò di scomunicare Martin Lutero, i trattati della pace di Westfalia che mise fine alla Guerra dei Trent’anni nel 1648, i piani per la costruzione del duomo di Colonia e i manoscritti dello scrittore Johann Wolfgang von Goethe. Ci sono anche mappe e contratti e documenti più recenti, come i programmi del Festival Bayreuth (un’iniziativa annuale dedicata alle opere di Richard Wagner). Il nome ufficiale dell’archivio è Der Zentrale Bergungsort der Bundesrepublik Deutschland, che significa “Archivio centrale della Germania”.

Due operai all’interno del Barbarastollen, il 13 febbraio 2009; nei contenitori metallici che si vedono sono contenute le pizze di microfilm (Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)

La Germania cominciò a copiare i suoi documenti importanti sul microfilm nel 1961 per poi depositarli nel Barbarastollen a partire dal 1975, dopo aver adattato a questo scopo il complesso di tunnel. Il Barbarastollen si trova a Oberried, un comune con circa tremila abitanti a sud-est di Friburgo: questa posizione è stata scelta sia per le sue caratteristiche naturali sia per il fatto che è lontana da qualsiasi potenziale obiettivo militare; e perché venga adeguatamente protetto è anche indicato su tutte le mappe militari tedesche.

I microfilm, che sono un supporto di pellicola fotografica, permettono di conservare i documenti in formato ridotto, da 15 a 48 volte rispetto all’originale; continuano a essere usati nonostante l’esistenza di supporti digitali perché per leggere i microfilm basta avere un po’ di luce e una lente di ingrandimento. Gli archivi digitali invece pongono parecchi problemi in una prospettiva futura: primo tra tutti quello dell’obsolescenza progressiva dei supporti fisici in cui sono contenuti, quella per cui oggi sarebbe estremamente difficile leggere i dati all’interno di un floppy disk.

In totale nell’archivio sono conservati 998 milioni di immagini, la maggior parte in bianco e nero e alcune, realizzate dal 2010 in poi, a colori. Se i nastri di microfilm che si trovano attualmente nell’archivio venissero srotolati e disposti uno dopo l’altro in linea retta, sarebbero lunghi 31.200 chilometri: il doppio della distanza Catania-Melbourne. I documenti da copiare su microfilm e inserire nell’archivio – l’opera di archiviazione infatti sta ancora andando avanti – sono scelti in base alla loro importanza e quelli più antichi hanno la precedenza.

Un contenitore di microfilm nel Barbarastollen, il 3 ottobre 2016: quello che si vede in questa immagine è il contenitore interno, a sua volta contenuto nei cilindri metallici dell’immagine precedente (Patrick Seeger/picture-alliance/dpa/AP Images)

Le pizze di microfilm sono contenute in 1.500 cilindri di acciaio inossidabile prodotti da ThyssenKrupp Nirosta: sono progettati per proteggere il microfilm dalla polvere e dalle sostanze inquinanti per i cinquecento anni per cui dovrebbe rimanere leggibile, conservandolo a una temperatura costante di 10°C. I contenitori sono alti 78 centimetri e pesano 122 chilogrammi; ognuno può contenere 24mila immagini in microfilm. Quattro volte all’anno nuovi contenitori vengono portati all’interno del complesso.

Il Barbarastollen è fatto di due tunnel usati come archivi, che sono lunghi 50 metri, più alcuni di servizio; il più lungo, di 680 metri, è quello in cui si entra dopo l’ingresso. I tunnel-archivi sono larghi quasi tre metri e mezzo e alti tre. Le pareti dei tunnel sono state ricoperte di cemento armato e i contenitori delle pizze di microfilm sono disposti su due piani grazie a scaffali metallici. Nei tunnel ci sono telecamere di sicurezza e sensori di movimento; solo due persone che si occupano della sicurezza conoscono il codice per accedere agli archivi.

Un operaio in uno dei tunnel-archivio del Barbarastollen, il 17 aprile 2002 (Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)

Visto da fuori, non si direbbe che il Barbarastollen sia un luogo tanto importante per la Germania, a meno di non saper riconoscere il contrassegno composto da tre scudi blu che si vede al suo ingresso. Lo scudo blu è il simbolo internazionale dell’UNESCO per riconoscere i beni culturali da proteggere in caso di guerra. È stato istituito con la Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato, chiamata anche più semplicemente Convenzione dell’Aia del 1954, e il fatto che sia ripetuto tre volte indica che un bene deve essere protetto in modo speciale.

L’ingresso del Barbarastollen, a Oberried, il 21 novembre 2007 (Rolf Haid/picture-alliance/dpa/AP Images)

Dal 1978 Barbarastollen è l’unico sito tedesco riconosciuto dall’UNESCO come meritevole di protezione speciale. Nel mondo non ci sono molti altri posti così: gli archivi del Vaticano sono i più famosi, poi ci sono alcuni siti archeologici messicani e due archivi simili al Barbarastollen nei Paesi Bassi. La maggior parte del patrimonio culturale italiano non si presterebbe a ricevere la protezione speciale perché si trova troppo vicino a centri industriali o altri obiettivi militari. Il secondo capitolo della Convenzione dell’Aia, all’inizio dell’articolo 8, stabilisce infatti che:

«Potranno venir posti sotto protezione speciale, in numero limitato, rifugi destinati a proteggere beni culturali mobili in caso di confitto armato, centri monumentali e altri beni culturali a condizione:
a) che essi si trovino a distanza adeguata da qualsiasi centro industriale o da ogni obiettivo militare importante, costituente un punto vulnerabile, come ad esempio, un aerodromo, una stazione di radiodiffusione, un porto o una stazione ferroviaria di una certa importanza, o una grande via di comunicazione;
b) che essi non siano usati a fini militari».

A gestire il Barbarastollen è il Bundesamt für Bevölkerungsschutz und Katastrophenhilfe, cioè l’agenzia federale tedesca per la protezione della popolazione e la risposta in caso di disastri, che ha sede a Bonn.

Da quando è stato istituito il Barbarastollen, non c’è mai stata nessuna minaccia di guerra in Germania, né grandi catastrofi naturali, ma si è già rivelato molto utile in un’occasione: nel 2009 l’edificio dell’Archivio Storico di Colonia crollò a causa dei lavori per l’ampliamento della metropolitana della città, e il 90 per cento delle sue collezioni finì sotto le macerie. Parte dei documenti dell’archivio fu completamente distrutta, ma ce n’è ancora una copia grazie al Barbarastollen, dove sono conservati in forma di microfilm 1,1 milioni di documenti dell’Archivio Storico di Colonia. Tra questi anche i commentari sul Vangelo di Matteo del teologo del tredicesimo secolo Alberto Magno.