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  • Martedì 8 agosto 2017

In Kenya di nuovo Kenyatta contro Odinga

Oggi si vota, i due principali candidati presidenti appartengono a famiglie che si contendono il potere da mezzo secolo: le cose da sapere

Una donna masai vota in un seggio a Lele, 130 chilometri a sud di Nairobi, 8 agosto 2017
(AP Photo/Jerome Delay)
Una donna masai vota in un seggio a Lele, 130 chilometri a sud di Nairobi, 8 agosto 2017 (AP Photo/Jerome Delay)

Oggi in Kenya si vota per eleggere il presidente, i membri delle due camere del Parlamento e quelli dei governi locali. Il voto più importante e più atteso è quello presidenziale. In tutto ci sono otto i candidati, ma solo due hanno davvero delle possibilità di vincere: l’attuale presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, e il suo più importante oppositore, Raila Odinga. La rivalità tra questi due candidati ha condizionato la politica kenyana degli ultimi anni, ma la rivalità tra le famiglie Kenyatta e Odinga ha segnato la storia politica del Kenya dell’ultimo mezzo secolo: Kenyatta è il figlio del primo presidente del paese, Odinga del primo vice-presidente. I due si erano già sfidati alle elezioni del 2013 ed era finita con un ricorso di Odinga alla Corte Suprema per il sospetto che ci fossero stati dei brogli. Alla fine l’aveva spuntata Kenyatta, ma il rapporto tra i due era rimasto molto teso e per il voto di oggi si teme che quelle tensioni spingano il candidato sconfitto a non accettare il risultato elettorale, alimentando violenze e scontri.

Il pericolo di violenze post-elettorali ha convinto il governo a impiegare 180mila poliziotti e altre forze di sicurezza in tutto il paese. Il Kenya ha già avuto momenti di grandi violenze legate alle elezioni. Nel 2007 Odinga, che era stato battuto dall’allora presidente Mwai Kibaki, sostenne che le elezioni fossero state truccate. I suoi sostenitori cominciarono a protestare, iniziarono gli scontri e le tensioni tra gruppi etnici raggiunsero livelli molto elevati. Diverse fazioni si scontrarono armate di machete, in quelle che diventarono le peggiori violenze mai compiute nel paese dal raggiungimento dell’indipendenza, nel 1963. Furono uccise più di mille persone e altre 500mila furono costrette a lasciare le loro case. La situazione si sbloccò solo dopo l’intervento dell’ONU, che nel febbraio 2008 spinse i due candidati a trovare un accordo: fu creato l’incarico di primo ministro, attribuito a Odinga, mentre Kibaki fu confermato presidente. Alle elezioni successive non ci furono violenze, ma Odinga denunciò dei brogli legati al funzionamento della tecnologia per l’identificazione degli elettori che era stata adottata per la prima volta dal governo kenyano: la Corte Suprema gli diede torto.

Kenya
Masai in coda per votare a Lele, 130 chilometri a sud di Nairobi, 8 agosto 2017 (AP Photo/Jerome Delay)

Diversi osservatori pensano che le elezioni di oggi saranno pacifiche, anche se negli ultimi giorni le cose sembrano essersi messe male. Chris Msando, membro della Commissione elettorale kenyana e responsabile del sistema di identificazione degli elettori e della tecnologia di trasmissione dei voti, è stato trovato morto in una foresta fuori Nairobi: sul suo corpo sono stati trovati segni di strangolamento e torture. Intanto ieri diversi negozi e supermercati a Nairobi sono rimasti chiusi, e per le strade c’erano meno persone del solito. Alcune famiglie kenyane, ha raccontato il Guardian, stanno facendo scorte di beni di prima necessità nel caso inizino le violenze. Nonostante Kenyatta sia dato per favorito, gli ultimi sondaggi mostrano che i consensi dei due principali candidati a diventare presidente non si distanziano di molto. Negli ultimi cinque anni di presidenza, i problemi che ha dovuto affrontare Kenyatta sono stati molti: i più rilevanti sono stati la disoccupazione giovanile, che in Kenya è pari al 22,2 per cento, e la siccità che ha colpito diverse zone del paese dal 2016, limitando la produzione di cibo e costringendo 4 milioni di persone a ricorrere ad aiuti alimentari di altro tipo. Per non andare al ballottaggio – che sarebbe il primo nella storia del Kenya – dovrà esserci un candidato con almeno il 50 per cento più uno dei voti e almeno il 25 per cento dei voti in metà delle 47 contee del Kenya.

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Uomini masai discutono dopo aver votato a Eseki, 140 chilometri a sud di Nairobi, 8 agosto 2017 (AP Photo/Jerome Delay)

Comunque vada, il voto di oggi sarà un momento molto importante nella storia del paese. Se dovesse essere rieletto, Kenyatta inizierebbe il suo ultimo mandato da presidente, visto che la Costituzione kenyana ne consente al massimo due; allo stesso tempo potrebbe anche essere l’ultima occasione per Odinga, che alle prossime elezioni presidenziali, fissate per il 2022, avrà 77 anni. Charles Onyango-Obbo, esperto di Kenya citato dal Guardian, ha riassunto così il significato del voto di oggi: «È l’inizio della fine di un’era e sarà doloroso e brutale. In parte perché il Kenya ha evitato i peggiori colpi di stato e le peggiori guerre africane, e per questo non ha mai avuto una transizione verso una leadership post-indipendenza. Ci stiamo avvicinando a un punto di svolta».