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  • Domenica 23 luglio 2017

Repubblicani e Democratici contro la Casa Bianca, sulla Russia

Un nuovo disegno di legge bipartisan prevede che Trump non possa alleggerire o cancellare sanzioni senza l'approvazione del Congresso

La sede del Congresso, il Capitol Building, a Washington, il 17 luglio 2017 (AP Photo/Andrew Harnik)
La sede del Congresso, il Capitol Building, a Washington, il 17 luglio 2017 (AP Photo/Andrew Harnik)

Negli Stati Uniti i parlamentari Repubblicani e Democratici si sono messi d’accordo per fare una nuova legge che imponga nuove sanzioni economiche alla Russia come punizione per la sua interferenza nelle elezioni politiche del 2016 – ormai data per certa dall’FBI e dalla CIA – e per la sua politica estera eccessivamente aggressiva. L’accordo è molto importante perché negli ultimi anni è stato molto raro che i due partiti americani collaborassero in questo modo, e soprattutto perché il disegno di legge che è stato scritto limita i poteri del presidente di alleggerire le sanzioni senza il consenso del Congresso: in una certa misura è come se i Repubblicani avessero preso posizione contro Donald Trump, che durante la campagna elettorale e negli scorsi mesi ha detto di voler migliorare le relazioni tra gli Stati Uniti e la Russia e ancora oggi rifiuta le conclusioni dell’intelligence americana sull’interferenza nelle elezioni.

Il disegno di legge prevede in generale che se il presidente volesse alleggerire o cancellare le sanzioni nei confronti della Russia dovrebbe mandare al Congresso un rapporto sulle sue motivazioni. Poi i parlamentari avrebbero trenta giorni per decidere se accettare le motivazioni o rifiutarle. Nel rapporto, il presidente sarebbe tenuto a dimostrare la fine delle condizioni che hanno portato alle sanzioni.

Più nel dettaglio, la nuova legge prevede inoltre restrizioni alla possibilità di fare credito a società russe e alle aziende russe del settore energetico e militare, e sarà proibito loro di fare affari con cittadini statunitensi. Sono previste anche nuove sanzioni contro altri due paesi “nemici” degli Stati Uniti: l’Iran e la Corea del Nord. Per come è scritto ora, il disegno di legge permette a qualunque senatore di manifestare formalmente la propria contrarietà nel caso in cui l’amministrazione voglia alleggerire le sanzioni; una cosa simile a quella richiesta dai Repubblicani nel 2015, in relazione alle sanzioni contro l’Iran, che l’allora presidente Barack Obama aveva detto di voler alleggerire.

Kevin McCarthy è il capo dei Repubblicani alla Camera.

Il disegno di legge sarà votato dalla Camera dei Rappresentanti martedì 25 e dopo essere approvato dovrà passare al Senato. Se entrambi i rami del Congresso lo approveranno senza fare modifiche – cosa che al momento sembra probabile – il disegno di legge arriverà a Trump, la cui firma è necessaria per trasformarlo in legge. A quel punto Trump avrà due opzioni, entrambe piuttosto negative per lui: potrebbe decidere di firmare la legge e di fatto abbandonare il tentativo di collaborare con la Russia, oppure potrebbe rimandarlo indietro mettendosi contro la dirigenza del suo stesso partito. La portavoce della Casa Bianca Sarah Huckabee Sanders ha però detto più volte che l’amministrazione è contraria alla possibilità del Congresso di avere più potere sulle sanzioni, perché lo considera un modo per limitare il potere del presidente in ambito diplomatico. Oggi, durante una trasmissione televisiva di CNN, il nuovo responsabile della comunicazione della Casa Bianca Anthony Scaramucci ha detto che Trump non ha ancora deciso se firmare il disegno di legge.

Il disegno di legge potrebbe essere votato da tutto il Congresso prima dell’inizio di agosto. Sarebbe un risultato positivo sia per i Repubblicani (reduci del fallimento della riforma sanitaria) sia per il Democratici. Se Trump si rifiutasse di firmare il disegno di legge (sarebbe la prima volta dall’inizio dalla presidenza), darebbe spazio alle critiche secondo cui avrebbe una posizione di parte nei confronti del presidente russo Vladimir Putin, cosa che andrebbe ad aggiungersi alla questione dei rapporti tra i collaboratori di Trump e lo stesso presidente con il governo russo che attualmente sono oggetto di una serie di indagini, dell’FBI e del Congresso.