• Mondo
  • Sabato 13 maggio 2017

Come funziona l’impeachment negli Stati Uniti

È stato tirato in ballo negli ultimi giorni dopo che Trump ha licenziato il direttore dell'FBI, ma ad oggi è un'ipotesi con pochissima concretezza

Il Senato degli Stati Uniti durante il voto durante il processo per impeachment contro il presidente Bill Clinton, il 12 febbraio 1999 (AFP/Getty Images)
Il Senato degli Stati Uniti durante il voto durante il processo per impeachment contro il presidente Bill Clinton, il 12 febbraio 1999 (AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni, dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha licenziato il direttore dell’FBI James Comey, sono iniziati a circolare dei paragoni con lo scandalo che colpì il presidente Richard Nixon, il “Watergate“, e diversi politici Democratici hanno parlato apertamente della possibilità di avviare una procedura di impeachment – cioè la rimozione forzata da un incarico governativo – contro Trump. In realtà quella di un impeachment contro Trump è una prospettiva molto remota al momento: non solo per ciò che è accaduto finora in tutta la questione Trump-Russia-Comey, ma anche per come funziona la procedura negli Stati Uniti. In breve, è difficile che possa succedere perché solo il Congresso ha l’autorità per avviarla, e al momento il Congresso è a maggioranza saldamente Repubblicana.

La procedura di impeachment fu pensata e introdotta nel sistema legislativo statunitense dai padri fondatori del paese, in particolare da Benjamin Franklin: l’idea era trovare una soluzione per i casi in cui il presidente o un’altra persona con un incarico importante all’interno dello stato avessero abusato del proprio potere. I padri fondatori presero spunto da una legge britannica, ma di fatto furono loro a inventare la procedura, poi adottata in diversi modi anche da altri paesi (tra cui l’Italia). La Costituzione americana prevede tre casi in cui i funzionari federali possono essere coinvolti in una procedura di impeachment: tradimento, corruzione e «altri gravi crimini e misfatti». Il fatto che quest’ultima espressione sia vaga ha sempre creato dibattiti tra gli esperti di diritto su quali atti possano portare a un impeachment e quali no.

Ci sono stati solo due casi di impeachment contro un presidente nella storia degli Stati Uniti: quello contro Andrew Johnson (che fu presidente dal 1865 al 1869) e quello contro Bill Clinton nel 1998. In un terzo caso, quello causato dal Watergate, la procedura stava per essere avviata contro Nixon, ma l’allora presidente si dimise prima che la Camera si riunisse per votarla. Johnson subì l’impeachment per aver licenziato il suo ministro della Guerra. La procedura contro Clinton fu avviata invece dopo lo scandalo nato intorno alla sua relazione con Monica Lewinsky: le accuse erano di spergiuro e di ostacolo alla giustizia, per aver mentito sui suoi rapporti con Lewinsky sia durante un processo sia in pubblico.

In tutti e tre i casi le ragioni dell’impeachment rientravano in quegli «altri gravi crimini e misfatti» difficili da definire. All’epoca dell’impeachment contro Clinton, la maggior parte dei politici Democratici e diversi esperti di diritto ritenevano che il fatto che il presidente avesse mentito sulla sua relazione con Lewinsky non potesse essere considerato un «grave crimine».

Perché è improbabile che avvenga un impeachment contro Trump
Secondo alcuni osservatori Trump potrebbe subire un impeachment per aver commesso un’ingerenza con pochi precedenti: di fatto Trump ha licenziato il capo di un’agenzia indipendente che sta indagando sul suo comitato elettorale. Un’ipotetica procedura ricadrebbe quindi nell’ambigua categoria degli «altri gravi crimini e misfatti», ma non è questa la ragione per cui al momento la procedura ha pochissime possibilità concrete di successo.

Tutto deve cominciare dalla Camera dei Rappresentanti, la camera bassa del Congresso americano. Le accuse alla base di un impeachment infatti devono essere prima approvate dalla maggioranza della commissione Giustizia della Camera e poi da una maggioranza semplice della Camera stessa perché la procedura abbia davvero inizio. Se questo accade entra in gioco il Senato: inizia un processo in cui i senatori hanno il ruolo di giudici e ascoltano la versione dei fatti delle parti coinvolte. Perché un presidente sia rimosso dal suo incarico è necessario che i due terzi dei senatori votino a favore. Oggi i Repubblicani hanno la maggioranza sia alla Camera (dal 2010), dove sono 238 su 435, che al Senato (dal 2014), dove sono 52 su 100. Se anche tutti i parlamentari Democratici votassero a favore dell’impeachment, sarebbero comunque molto lontani dai voti necessari per portarla a termine.

Perché Trump rischi davvero l’impeachment, dovrebbe perdere l’appoggio di una parte consistente del suo partito sia alla Camera che al Senato: cosa che ancora non è avvenuta ed è molto difficile da immaginare, visto che nonostante la differenza di vedute su molti temi l’establishment Repubblicano si è ormai rassegnato ad appoggiare Trump, anche solo per avere la possibilità di approvare alcune delle proposte storiche del partito (e perché capita molto raramente di controllare contemporaneamente Camera, Senato e presidenza).

Qualunque singolo deputato può proporre di avviare una procedura di impeachment, ma molte si risolvono in nulla, come avvenne nel 2008 per l’allora presidente George W. Bush quando il deputato Democratico Dennis Kucinich lo accusò di «altri gravi crimini e misfatti» in relazione alla guerra in Iraq.