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  • Mercoledì 19 aprile 2017

“Alternativa per la Germania” è in crisi

Il partito tedesco di estrema destra è così diviso che la leader Frauke Petry ha annunciato che non si candiderà cancelliera alle prossime elezioni

(Paul Zinken/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Paul Zinken/picture-alliance/dpa/AP Images)

Con un video pubblicato oggi sulla sua pagina Facebook, la leader del partito tedesco di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) ha annunciato che non si candiderà alla carica di cancelliera alle elezioni generali del prossimo settembre. AfD ha ottenuto ottimi risultati alle elezioni locali e il suo successo era considerato un pezzo importante dell’ascesa di partiti di destra populista e nazionalista in vari paesi d’Europa. La leadership del partito, però, si è divisa negli ultimi mesi; le riunioni sono diventate sempre più occasioni di scontri e scissioni tra le varie correnti.

Gli ultimi incidenti sono iniziati dopo la presentazione di una mozione da parte di Petry, co-presidente del partito e la sua dirigente più carismatica e riconoscibile, che proponeva un programma a lungo termine che prevedesse la possibilità di partecipare a governi di coalizione. Secondo Petry, AfD non dovrebbe diventare un partito di “sola opposizione”. La mozione dovrebbe essere discussa il prossimo fine settimana a una conferenza di partito, ma subito dopo la presentazione la proposta ha attirato moltissime critiche da parte dell’area più radicale del partito.

Petry ha da tempo un pessimo rapporto con quella corrente, e poche settimane fa ha ottenuto l’espulsione dal partito di Bjoern Hoecke, leader di AfD nello stato della Turingia. Hoecke aveva detto una serie di cose particolarmente estremiste che avevano messo in imbarazzo un pezzo del partito (che di suo non è un partito dalle posizioni moderate). Tra le altre cose, Hoecke aveva detto che la Germania dovrebbe smetterla di pentirsi del suo passato nazista.

Come ha ricordato in una serie di tweet lo studioso di politica europea Cas Mudde, l’intera storia di AfD è una storia di divisioni e di fusioni più o meno riuscite tra schieramenti politici che non hanno molto in comune. AfD è stato fondato nel 2013 da un gruppo di economisti con un unico punto centrale nel suo programma: portare fuori la Germania dall’euro ma non dall’Unione. Col tempo, spiega Mudde, AfD ha finito però con l’attirare politici di destra sempre più radicali e attivisti con un passato in movimenti neonazisti. È un percorso già visto in Germania, dice Mudde, dove quasi sempre i partiti che nascono a destra della CDU, il partito dell’attuale cancelliera Angela Merkel, finiscono per attirare estremisti di destra.

Inizialmente Petry ha sfruttato questo spostamento a destra, utilizzandolo per emarginare i professori di economia che fondarono il movimento e imporsi come leader carismatica e di successo all’interno del partito. Con un nuovo programma, basato in gran parte sui temi classici del populismo – lotta all’immigrazione, all’Unione Europea e politiche protezioniste – Petry ha ottenuto una notevole serie di buoni risultati alle elezioni locali. Con il tempo, però, ha iniziato a trovarsi sempre più di frequente in disaccordo con le parti più estremiste del partito. Le divisioni, spiega Mudde, si sono acuite anche a causa della struttura del partito, in cui le sezioni dei vari stati mantengono una forte indipendenza dalla segreteria centrale.

Nel video in cui annuncia il ritiro della sua candidatura, Petry ha detto che non è necessario per il partito presentarsi con un candidato cancelliere o con un leader forte alle prossime elezioni. AfD non è mai entrato nel Parlamento tedesco e in molti si aspettavano un buon risultato al voto di settembre: abbastanza da superare la soglia di sbarramento nazionale del 5 per cento e ottenere dei rappresentanti. Non è chiaro ora come il partito deciderà di affrontare la campagna elettorale e quanto pagherà le sue divisioni interne.