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  • Mercoledì 22 marzo 2017

La guerra in Siria sta cambiando

Perché i gruppi jihadisti ed estremisti stanno cominciando a usare tattiche diverse, compresi gli attentati suicidi, ora anche a Damasco

Uomini dei Caschi bianchi cercano di spegnere un incendio dopo alcuni attacchi aerei su Hamouria, nella zona di Ghouta orientale (AMER ALMOHIBANY/AFP/Getty Images)
Uomini dei Caschi bianchi cercano di spegnere un incendio dopo alcuni attacchi aerei su Hamouria, nella zona di Ghouta orientale (AMER ALMOHIBANY/AFP/Getty Images)

Martedì alcuni gruppi di ribelli siriani hanno preso il controllo di diversi edifici governativi nella periferia orientale di Damasco, in quella che il New York Times ha definito «la più ambiziosa offensiva da anni contro la capitale» della Siria. A Damasco si trovano tutti i centri più importanti del potere politico e militare del regime del presidente Bashar al Assad, e finora nonostante la guerra la situazione in città era stata relativamente tranquilla. Negli ultimi dieci giorni però le cose sono cambiate: ci sono già stati tre attentati suicidi che hanno fatto decine di morti e che sono stati seguiti da attacchi di gruppi di ribelli estremisti e islamisti nel nord-est della città. Il regime di Assad ha richiamato in fretta e furia da altri fronti di guerra i soldati siriani e le milizie loro alleate e ha ordinato nuovi attacchi aerei nelle zone ancora controllate dai ribelli attorno a Damasco. I ribelli hanno lanciato a loro volta delle bombe contro la città, ferendo 15 persone e costringendo il governo a chiudere alcune strade di grande scorrimento. Ma la guerra tra Assad e ribelli non doveva essere finita, dopo la sconfitta dei ribelli nell’importante battaglia di Aleppo? Più o meno, diciamo.

damascoLa situazione attorno a Damasco. Negli ultimi giorni i ribelli (in verde) hanno attaccato i soldati siriani (in rosso) nel nord-est della città, riuscendo a conquistare diversi edifici governativi (Liveumap)

La disastrosa perdita di Aleppo orientale da parte dei ribelli siriani, lo scorso dicembre, aveva fatto parlare molti analisti di “fine della guerra”, almeno di quella che si sta combattendo da sei anni tra regime di Assad e ribelli (in Siria si combattono diverse guerre, non una sola). Gli ultimi attacchi a Damasco, ma anche in altre città siriane come Homs, stanno dimostrando che le cose sono un po’ diverse: la guerra non è finita ma sta cambiando. I ribelli, oggi prevalentemente jihadisti ed islamisti estremisti, stanno adottando sempre più quella che in gergo viene chiamata “insurgency”, cioè tattiche di guerriglia (attacchi mirati e coordinati a posizioni del governo nemico) e di terrorismo (come gli attentati suicidi): lo stanno facendo probabilmente perché non hanno più la forza di lanciare grandi offensive militari contro Assad. Allo stesso tempo i gruppi di ribelli moderati sono stati messi da parte: o smantellati, o cooptati dalla Turchia per combattere contro i curdi nel nord della Siria, o costretti ad allearsi con i gruppi più estremisti, perdendo legittimità agli occhi delle potenze occidentali. Questa trasformazione potrebbe avere diversi effetti sulla guerra in Siria e sulla solidità del regime di Assad, ma soprattutto rischia di prolungare ulteriormente il conflitto.

Il gruppo di ribelli che sta condizionando in misura maggiore questa trasformazione si chiama Tahrir al Sham, responsabile dell’attentato a Damasco di sabato scorso e autore di diversi attacchi coordinati contro i soldati siriani a Homs il 25 febbraio. Tahrir al Sham è una coalizione nata di recente dalla fusione di Jabhat Fatah al Sham, un gruppo vicino ad al Qaida, e altre fazioni jihadiste anti-Assad. Non ha niente di moderato: predica il jihad, si scontra spesso con i ribelli meno estremisti e compie attentati che uccidono decine di civili. Il problema è che oggi sembra praticamente impossibile isolare Tahrir al Sham, che sta già collaborando con altri gruppi di ribelli non jihadisti nelle operazioni anti-Assad nel nord-est di Damasco e in quelle anti-ISIS nel nord della capitale siriana.

La situazione è molto complicata e sembra potersi ingarbugliare ulteriormente, come dimostra il caso di Jaysh al islam, un coalizione di islamisti e salafiti (ma non jihadisti) che combatte contro Assad. Jaysh al islam è uno dei gruppi coinvolti nell’offensiva su Damasco, e allo stesso tempo il suo leader, Mohammed al Alloush, sta partecipando come capo negoziatore per l’opposizione siriana nei colloqui di pace organizzati dall’ONU che si stanno tenendo a Ginevra in questi giorni. Il fatto di collaborare con Tahir al Sham, responsabile di attentati suicidi contro la popolazione civile, rischia di mettere Alloush in una situazione molto complicata e delegittimare l’opposizione siriana agli occhi degli stati occidentali. Un altro problema è che il rafforzamento di gruppi jihadisti come Tahrir al Sham potrebbe dare nuovi argomenti ad Assad, che anche prima della vittoria ad Aleppo considerava tutti i ribelli, anche quelli moderati, come dei terroristi.

Riassumendo. Nella guerra siriana stanno continuando a prendere piede i gruppi ribelli di jihadisti e di estremisti radicali. A causa della sconfitta dei ribelli ad Aleppo, questi gruppi non hanno più la forza di avviare grandi offensive militari contro il regime ma sono ancora in grado di fare attacchi rapidi, coordinati e diretti contro i settori più deboli dell’esercito di Assad, oltre che attentati suicidi. Sono tra i pochi ad avere mantenuto una forza militare rilevante abbastanza da poter impensierire il regime e i suoi alleati, mentre i ribelli più moderati sono sempre più deboli e irrilevanti. La guerra in Siria sta cambiando e non sembra essere una buona notizia praticamente per nessuno.