Cosa significa questa foto

È stata usata ieri mattina sulle prime pagine di alcuni quotidiani: appartiene a un genere a sé, dice Michele Smargiassi, che aggiunge drammaticità e ansia alla cronaca di un evento

Michele Smargiassi, giornalista esperto ed appassionato di fotografia, ha scritto su Repubblica una riflessione sulla foto che martedì mattina molti quotidiani nazionali hanno scelto di usare per illustrare in prima pagina la crisi di governo iniziata con la sconfitta del Sì al refendum del 4 dicembre: quella che mostra Matteo Renzi sul sedile posteriore di un’auto al suo arrivo al Quirinale, per parlare con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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Smargiassi sostiene che la pubblicazione di quella foto – che di per sé non ha niente di particolare, è anche bruttina – non sia dipesa solo da una mancanza di fotografie con Renzi come soggetto, ma dice che abbia anche avuto un obiettivo specifico, cioè quello di aumentare il livello di drammaticità e di ansia che creano tutte le foto-dal-finestrino, in particolare quelle con un presidente del Consiglio dimissionario.

Mi vengono in mente solo due categorie di persone che finiscono sulle prime pagine dei giornali in fotografie prese attraverso un finestrino dell’auto: i criminali appena arrestati e i premier appena dimessi. Sono in genere fotografie esteticamente orribili, dai colori ammaccati, talvolta sgranate, precariamente inquadrate, disordinate, comunicano sensazioni di clandestinità, di furtivo, di drammatico, e per questo difficilmente rendono gradevole la pagina in cui compaiono. Ma almeno nel primo caso hanno un valore informativo: vi mostriamo che faccia ha il ricercato, l’assassino…

Francamente, che faccia abbia Matteo Renzi direi che quasi tutti gli italiani lo sappiano già. Anche la faccia che aveva il Matteo Renzi sconfitto è stata resa disponibile agli italiani su tutte le reti televisive un’ora dopo la chiusura delle urne. Eppure, anche se non ho fatto una ricerca sistematica, le foto prese al volo dai fotografi d’agenzia a Renzi in mobilità fra i palazzi della politica erano pubblicate ieri, martedì, su una buona metà delle prime pagine che ho potuto vedere, o nelle pagine interne.

Per buona parte della stampa italiana, dunque, la migliore visualizzazione di quel che era accaduto durante il primo giorno successivo all’annuncio di dimissioni del capo del governo consisteva in questo: un uomo politico dal volto non sorridente sbirciato sul sedile posteriore di un’auto. L’effetto di questa scelta ripetuta è quello che un eccellente studioso del fotografico, Clément Chéroux, ha battezzato diplopia. Che nel vocabolario dell’oftalmologia significa vedere doppio. Lui ne parlava a proposito della onnipresenza, il 12 settembre del 2001, su quasi tutte le prime pagine dei giornali del mondo, della stessa (o quasi) immagine delle Twin Towers in fiamme. Multiopia, o forse pluriopia bisognerebbe forse chiamare questa spiccata tendenza dei media, in occasione di breaking news, a omologarsi invece che a differenziarsi nella presentazione visuale delle notizie.

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