In italiano ci sono alcune espressioni, i cosiddetti modi di dire, che spesso usiamo automaticamente e senza renderci conto che letteralmente vogliono dire poco o nulla: molto spesso sono metafore o altre figure retoriche entrate nell’uso molto tempo fa e cristallizzate in un significato definito e comprensibile a tutti, nonostante il loro riferimento originale si sia perso. Di alcune è molto semplice ricostruire la storia, perché derivano da un contesto chiaro oppure perché non sono così antiche, mentre per altre – come ad esempio “essere al verde” – scoprire da dove arrivano è molto più complicato. Ci sono poi le paretimologie, cioè false etimologie ricostruite in modo ingenuo dalle persone: ad esempio, che “essere al verde” abbia una qualche relazione con il colore di alcune banconote, come i dollari. Oppure che l’espressione “mandare a ramengo” – legata alla parola “ramingo”, che indica una persona che gira senza una meta precisa – abbia una qualche relazione con Aramengo, una località piemontese. Incuriositi, abbiamo raccolto alcune di queste espressioni, ricostruendo la loro origine.
«Fare l’avvocato del diavolo»
Si usa per descrivere il comportamento di chi in una discussione sostiene la posizione meno popolare pur non essendo convinto della sua validità, anche per aiutare la persona con cui parla a formulare meglio le proprie argomentazioni. L’espressione esiste anche in altre lingue europee (nel 1997 è anche uscito un film che si intitola The Devil’s Advocate, in italiano L’avvocato del diavolo, con Keanu Reeves e Al Pacino) perché viene dal latino usato in ambito ecclesiastico (quindi in tutta Europa). L’advocatus diaboli – il cui nome ufficiale era promotor fidei, cioè promotore della fede – era un sacerdote che durante i processi di canonizzazione, cioè quelli in cui si decide se una persona sia santa, doveva trovare tutti gli argomenti che contraddicessero le prove delle virtù e dei miracoli della persona esaminata. In questo modo si aveva la certezza che non venissero fatti degli errori nelle procedure. Dal 1983 questo ruolo non esiste più: è stato abolito da papa Giovanni Paolo II. Da allora il numero di nuovi santi è molto aumentato: solo Giovanni Paolo II ne canonizzò 482, mentre nei quattro secoli prima del suo pontificato ce n’erano stati solo 300.
«Andare in tilt»
Per chi ha giocato a flipper questa è facile: “TILT”, che in inglese significa “inclinare”, è la scritta che compare sui flipper quando il gioco viene inclinato troppo oppure se il giocatore mette troppa forza in un colpo. Segnala l’interruzione del gioco, per evitare che si possa barare per fare cambiare direzione alla pallina: di conseguenza l’espressione “andato in tilt” viene usata per indicare qualcosa che ha smesso di funzionare, o anche una persona molto stanca e confusa.
«Spezzare una lancia»
Nei tornei cavallereschi medievali ci si sfidava usando diverse armi, ma la prima era la lancia: due cavalieri andavano uno verso l’altro a cavallo, puntandosi addosso lance di legno spuntate. Se uno dei due cavalieri riusciva a disarcionare l’avversario colpendolo con la propria lancia aveva già vinto l’incontro; se entrambe le lance si rompevano nell’impatto con le armature dei cavalieri, la giostra proseguiva con le spade. La lancia «spezzata» dell’espressione è quella dell’avversario, che si rompeva se il cavaliere riusciva a resistere al suo colpo. Dato che nell’immaginario popolare i cavalieri combattevano sempre per qualcuno – che fosse una dama o il loro signore – «spezzare una lancia per qualcuno» significa fare qualcosa per qualcuno o in sua difesa.
«Essere a piede libero»
Se di una persona sospettata o accusata di un reato si dice che è a piede libero, si intende che non si trova in carcere. Non è un’espressione difficile da interpretare, anche se forse non tutti sanno che il riferimento ai piedi è dovuto al fatto che in passato ai carcerati veniva fisicamente impedito di camminare: nel Medioevo si faceva con un particolare strumento, i ceppi, cioè grossi arnesi di legno in cui venivano chiuse le caviglie dei prigionieri, oppure con delle catene.
«Gettare la spugna»
Questa espressione, che significa banalmente “arrendersi”, viene dalla boxe: il gesto di gettare la spugna – che nella boxe è un asciugamano – è l’atto con cui la persona che assiste un pugile segnala che il suo atleta si ritira dall’incontro. L’espressione esiste anche in inglese (“to throw the towel”) e anche in questa lingua si può usare in senso figurato. Un’espressione con un significato simile e che curiosamente coinvolge sempre un pezzo di stoffa bianco è “sventolare bandiera bianca”. L’origine di questa espressione è però molto più antica: secondo alcuni testi storici le bandiere bianche erano usate per segnalare la resa in guerra già nel secondo secolo d.C. dai romani e ancora prima dai cinesi. Oggi è riconosciuto come simbolo internazionale di resa dalle Convenzioni di Ginevra che regolano il diritto internazionale umanitario.
«Avere l’argento vivo addosso»
L’espressione si usa solitamente per i bambini molto vivaci, che in sostanza non stanno mai fermi. “Argento vivo” era un modo per indicare il mercurio, un metallo che a temperatura ambiente si trova allo stato liquido, e che quindi “scorre”. Il suo colore invece è simile a quello dell’argento, ragion per cui era chiamato in questo modo. Lo stesso nome “mercurio” gli è stato dato per il dio romano omonimo, che era considerato il messaggero degli dei ed era noto per la sua velocità. Di conseguenza è sempre stato collegato all’idea di rapidità e agitazione.
«Essere al verde»
Ci sono moltissime teorie riguardo all’origine di questa espressione, diverse a seconda dell’area geografica. Il Dizionario Etimologico della Lingua Italiana pubblicato da Zanichelli accredita come spiegazione migliore quella secondo cui l’espressione è legata alle candele: un tempo quelle fatte col sego (cioè col grasso animale) potevano essere colorate di verde alla base, dunque quando si arrivava al verde erano finite. Una parziale conferma: nelle note a un poema del 1688 intitolato Malmantile racquistato (scritto dal pittore e poeta Lorenzo Lippi), viene detto che nelle aste pubbliche del Magistrato del Sale di Firenze per misurare il tempo si usavano delle lunghe candele tinte di verde alla base: le aste si chiudevano quando si vedeva il verde, quindi l’espressione “essere al verde” era usata sia per indicare la fine del tempo, sia per “non avere più soldi” per l’averli spesi all’asta.
Il Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia riporta espressioni come “la candela è al verde” con cui si intende “il tempo stringe, occorre affrettarsi” o anche “essere in situazione di estremo pericolo o difficoltà” da cui poi si arriverebbe facilmente al significato di “essere in condizione di povertà”. In ogni caso non c’è nessuna relazione tra l’espressione “essere al verde” e “andare in rosso”, che invece ha un’origine più moderna ed è dovuta al fatto che quando un conto bancario andava in perdita, questa era segnata sui registri con un inchiostro rosso.
«Il gioco non vale la candela»
Le candele c’entrano anche con quest’espressione, che esiste anche in francese (“le jeu ne vaut pas la chandelle”) e significa che non vale la pena fare una certa cosa. Stando al Dizionario Etimologico della Lingua Italiana nell’italiano scritto non è presente prima del 1952, quando fu usata da Cesare Pavese, ma già da molto prima era usata comunemente. Non se ne conosce bene l’origine, ma è probabile che questo modo di dire sia nato nelle osterie dove si giocava a carte o a dadi: la spesa per l’illuminazione notturna, che anticamente era costosa, poteva non essere conveniente per l’oste se confrontata ai consumi dei giocatori. In alcune località poi pare che fossero proprio i perdenti a dover pagare le candele, come penitenza.
«Papale papale»
Quando si dice una cosa in modo “papale papale” lo si dice chiaramente, con parole semplici e dirette. Questo significato deriva dal fatto che uno dei dogmi della Chiesa cattolica è che il papa – quando parla di fede e dottrina – sia infallibile e dica solo la verità: per questo ogni cosa detta da lui è vera e di conseguenza anche chiara e diretta.
«Fare da cicerone»
Marco Tullio Cicerone era un avvocato e personaggio politico romano vissuto tra il 106 a.C. e il 43 a.C. È probabilmente lo scrittore latino più famoso della storia: era noto per le sue capacità oratorie e nel corso della storia si sono conservate moltissime sue orazioni e opere sull’oratoria. Fin dal Settecento in tutta Europa con l’espressione “fare da cicerone” si intende l’azione di guidare una persona a vedere i monumenti di una città. Probabilmente si è arrivati a chiamare in questo modo le guide per via delle doti oratorie necessarie a questa professione, ma potrebbe avere a che fare anche con l’onomatopea “ci-ci” presente in “cicerone”: un suono che può ricordare quello del chiacchiericcio.
«Salvare capra e cavoli»
Si usa per dire “trovare una soluzione a un problema che concili due esigenze diverse”. In questo caso l’origine dell’espressione non è oscura come negli altri casi: deriva da un problema di logica inventato dal teologo e filosofo inglese Alcuino di York, vissuto nell’ottavo secolo e noto per essere stato invitato dall’imperatore Carlo Magno a dirigere la scuola del suo palazzo e a organizzare l’istruzione nell’impero. Nella sua opera pedagogica Propositiones ad acuendos juvenes si trova questo problema: un uomo deve trasportare dalla riva di un fiume all’altra un lupo, una capra e un cavolo con una barchetta che può sostenere, oltre al contadino stesso, solo uno degli animali o il cavolo. Solo che se lascia soli la capra e il lupo (su una riva o sull’altra), il secondo può sbranare la prima, e se lascia la capra con il cavolo, questa può magiare l’ortaggio. La soluzione non è difficile, ed è l’unica che permette di “salvare capra e cavolo”.
«Prendere un granchio» e «prendere in castagna»
Queste due espressioni – che significano rispettivamente “sbagliarsi” e “sorprendente qualcuno mentre sta facendo qualcosa di sconveniente” – non hanno dietro una storia particolare ma hanno qualcosa in comune. Entrambe per indicare il concetto di “errore” usano una parola il cui significato letterale è un altro. “Granchio” in particolare è sempre stato usato come sinonimo di “strafalcione”, quindi anche di “errore di ortografia”, ma anche di “notizia falsa”. “Castagna” invece è probabilmente arrivato a significare “errore” attraverso la parola “marrone”, che indica sia un tipo pregiato di castagna sia un “grosso errore”, e con quest’ultimo significato è usata in particolare in alcune zone d’Italia. Un’altra cosa particolare su “castagna” e “marrone” è che entrambi sono (o venivano) usati per indicare parti dell’apparato genitale: “castagna” quello femminile, “marrone” quello maschile.