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  • Martedì 9 agosto 2016

Quanto è difficile il cavallo con maniglie

Per molti ginnasti è l'attrezzo che crea più problemi in assoluto, perché richiede abilità molto diverse dalle altre discipline

di Liz Clarke – The Washington Post

(THOMAS COEX/AFP/Getty Images)
(THOMAS COEX/AFP/Getty Images)

Per le ginnaste la prova più difficile è la trave, perché rivela in modo spietato qualsiasi mancanza di concentrazione, preparazione e portamento. Nella ginnastica maschile un ruolo analogo ce l’ha il cavallo con maniglie, che richiede una serie di abilità quasi tutte da eseguire alla perfezione toccando l’attrezzo con una sola mano, mentre si fanno roteare le anche in moto perpetuo, distendendo o divaricando le gambe come se fossero un paio di forbici. Le verticali si alternano a momenti in cui i ginnasti si spostano da un’estremità all’altra del cavallo, senza un secondo di pausa nemmeno per riprendere fiato. Se qualcosa nella manovra va anche solo leggermente storto, le conseguenze sono pesanti ed evidenti, e di solito il ginnasta vola giù dall’attrezzo, quasi fosse un cavallo imbizzarrito.

Per iniziare, il cavallo con maniglie richiede punti di forza e qualità che per molti versi sono in contrasto con quelli necessari per eccellere nelle altre cinque discipline della ginnastica maschile: il corpo libero, gli anelli, il volteggio, le parallele e la sbarra. Per ottenere ottimi risultati al cavallo, il ginnasta deve essere fluido e flessibile. Ma tutti gli altri attrezzi – la sbarra e gli anelli in particolare – richiedono un’incredibile forza nella parte superiore del corpo. La maggior parte dei grandi atleti arriva ad avere i muscoli quasi irrigiditi e tende ad avere una struttura compatta. «Per gli anelli bisogna essere molto, molto forti», ha raccontato il coordinatore della nazionale americana Kevin Mazeika, dopo l’allenamento di mercoledì all’Arena Olimpica di Rio, dove i ginnasti hanno avuto per la prima volta la possibilità di fare pratica sull’attrezzo che useranno in gara. «I muscoli si possono ispessire molto ed essere un po’ d’intralcio sul cavallo», che si presta a un altro tipo di corporatura. Avere le braccia lunghe aiuta, perché permette al ginnasta di mantenere una distanza maggiore dall’attrezzo e quindi avere più spazio per far roteare anche e gambe sotto di lui.

Il movimento di base poi – continuare a volteggiare su un piano orizzontale – è l’opposto rispetto al “su e giù” che si fa alla sbarra, sugli anelli e al volteggio, ha detto Mark Williams, che ha formato una dinastia di ginnasti in Oklahoma ed è stato nominato allenatore della squadra maschile americana per le Olimpiadi del 2016. «Sul cavallo devi fare quasi il doppio della fatica per il fatto che si fa una cosa diversa rispetto alle parallele e alla sbarra. È un tipo di forza specifica. Richiede una flessibilità diversa sul retro delle spalle, e quindi c’è bisogno di lavorarci sopra. Mantenere l’equilibrio, poi, è molto difficile. Sei su una superficie molto piccola mentre cerchi di controllare tutto il peso del corpo. La probabilità di perdere l’equilibrio e cadere è molto più alta».

Dal momento che per tutti questi motivi è considerato una specie di anomalia, il cavallo con maniglie non è particolarmente popolare tra i ginnasti più giovani, anche per quelli che hanno ambizioni olimpiche: c’è diffidenza, se non addirittura disprezzo. Alexander Naddour, un ginnasta della squadra olimpica americana a Rio 2016, è stato allenato dal padre fin da quando era bambino. Fin da giovane decise di affrontare di petto il cavallo e raddoppiare gli allenamenti, ripetendo ogni passaggio fino a imprimerselo nella memoria muscolare, nello stesso modo in cui il forte giocatore di basket della NBA Stephen Curry ha perfezionato la sua tecnica di tiro. «Molti paesi, tra cui noi, a volte hanno problemi con il cavallo», ha raccontato Naddour, che è un po’ più alto – circa 1 metro e 72 – della maggior parte dei ginnasti di alto livello e ha delle braccia che a riposo arrivano quasi a toccare le rotule. «Saranno tutti nervosi, e anche io», ha detto Naddour. «Ma mi fiderò del fatto che il mio corpo saprà cosa fare perché mi sono allenato molto. È il motivo per cui penso di essere bravo al cavallo: mi alleno molto».

È la stessa cosa che il britannico Max Whitlock ha detto di considerare la chiave della sua medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra del 2012. «È una cosa piuttosto specifica», ha detto Whitlock dopo l’allenamento di mercoledì. «È tutta una questione di equilibrio, e ti deve piacere. Ci sono molti ginnasti per cui non è così. Mi sono sempre allenato il doppio sul cavallo rispetto agli altri attrezzi. Se una cosa ti piace, la fai di più. E se la fai di più, migliori».

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Max Whitlock ai Campionati britannici di ginnastica a Liverpool, in Inghilterra, il 10 aprile 2016 (Alex Livesey/Getty Images)

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