Il Nuovo Centro Destra ha un po’ di problemi

C'entra l'inchiesta “Labirinto” ma soprattutto una divergenza interna al partito e sul ruolo di Angelino Alfano: si parla di una potenziale scissione, che inguaierebbe anche il governo

Angelino Alfano (OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)
Angelino Alfano (OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)

Da giorni Angelino Alfano, ministro dell’Interno del governo Renzi, è sulle prime pagine dei principali giornali italiani. Nell’inchiesta giudiziaria “Labirinto”, che all’inizio di questa settimana ha portato all’arresto di 24 persone, sono coinvolti direttamente alcuni esponenti politici del suo partito, il Nuovo Centro Destra. Nelle intercettazioni telefoniche legate all’inchiesta viene poi citato anche il ministro Alfano, che non è però indagato né direttamente coinvolto: si parla di suo fratello, che avrebbe ottenuto un posto di dirigente all’interno di Poste Italiane, e di suo padre in relazione a una presunta lista di persone da raccomandare. Alfano ha reagito alla pubblicazione delle intercettazioni parlando di «riuso di scarti di un’inchiesta per fini politici», ma la situazione sembra aver accelerato la crisi interna e già in corso di NCD e l’indebolimento di Alfano stesso come leader del partito.

Le interpretazioni più diffuse sui giornali di ieri e di oggi – e che derivano in parte dalle stesse parole di Alfano – sostengono che, come ha spiegato il ministro, «qualcuno si stia servendo dell’inchiesta per impostare questa campagna mediatica e accerchiare il governo». E che la maggioranza di governo sia a rischio, soprattutto al Senato. Anche prima dell’inchiesta “Labirinto”, il partito di Alfano stava già attraversando, per altri motivi, un momento complicato.

NCD è nato nel 2013 dall’uscita di un gruppo di parlamentari dal Popolo della Libertà, guidati da Angelino Alfano. NCD fa parte insieme all’UDC di Area Popolare: il gruppo ha 31 deputati alla Camera e 31 senatori. Aveva dato il proprio sostegno al governo di “larghe intese” guidato da Enrico Letta e dal 2014 appoggia – ed è numericamente fondamentale in Parlamento – il governo di Matteo Renzi. Nel governo ha tre ministri: lo stesso Alfano agli Interni, Enrico Costa agli Affari regionali e Beatrice Lorenzin alla Salute. Dopo le notizie sull’inchiesta, mentre le opposizioni hanno chiesto le dimissioni di Alfano, il PD lo ha difeso: «Alfano sta facendo bene il suo lavoro ed è pretestuosa la richiesta di dimissioni», ha detto il capogruppo PD alla Camera Ettore Rosato. Il deputato del PD Emanuele Fiano alla trasmissione In Onda su La7 ha detto: «Le intercettazioni vanno avanti da oltre un anno. Se fosse emerso qualcosa sul ministro sarebbe indagato anche lui».

Da tempo all’interno di NCD (che ha comunque difeso Alfano sulla storia delle intercettazioni) c’è una parte filo-governativa vicina al ministro dell’Interno e una parte invece molto critica che starebbe cercando di avvicinarsi di nuovo a Forza Italia e a Silvio Berlusconi. Tre giorni fa si è riunita la direzione di NCD, e diversi esponenti del partito (Maurizio Lupi e Renato Schifani, in particolare) hanno criticato il governo e dunque implicitamente parte del loro stesso partito, e hanno fatto pressioni su Alfano perché riesca a ottenere da Renzi dei cambiamenti all’Italicum, la legge elettorale voluta dal governo e approvata nel maggio 2015.

Martedì 5 luglio, dopo la riunione della direzione, si sarebbe dovuta tenere una riunione dei senatori di NCD per chiarire le divergenze, ma non c’è stata (ed era già stata posticipata una volta): Schifani ha detto che era stata rimandata per il rimpatrio dei corpi degli italiani uccisi a Dacca, ma secondo alcuni si voleva far passare un po’ di tempo dopo le intercettazioni dell’inchiesta e guadagnare tempo nelle trattative interne. Schifani ha detto che convocherà la riunione saltata due giorni fa la prossima settimana.

Nel frattempo i parlamentari di NCD Giuseppe Esposito e Antonio Azzolini si sono presentati all’assemblea dei senatori di centrodestra che hanno istituito un comitato per il No alla riforma costituzionale in vista del referendum di ottobre con gli esponenti della Lega Nord e di Forza Italia: «Dobbiamo uscire dal governo senza attendere il referendum», ha detto Esposito. Roberto Formigoni pensa a un «sostegno esterno» al governo.

Circola poi la notizia, su diversi giornali, che otto senatori di NCD sarebbero pronti a lasciare il gruppo. La Stampa dice che sono almeno una decina e precisa che a loro si aggiungerebbero anche 5 senatori che fanno riferimento a Denis Verdini, «che stanno trattando il passaggio al gruppo GAL: D’Anna, Falanga, Ruvolo, Scavone e Compagnone». Se questo accadesse, la maggioranza di governo andrebbe in crisi. Al Senato, infatti, il governo ha una maggioranza piuttosto limitata. La maggioranza assoluta al Senato si ottiene con 161 voti. Il PD ne ha 113 ma in realtà sono 112, perché il presidente Grasso per prassi non vota. Area Popolare (NCD-UdC) ha altri 36 seggi, e insieme fanno 148. Poi ci sono 19 senatori del gruppo “Per le autonomie”, che non va confuso con “Grandi Autonomie e Libertà”, che invece sta il più delle volte col centrodestra: fanno 167. Poi ci sono altri voti che arrivano a volte dal gruppo misto, compresi quelli dei senatori a vita, e che in tutto portano il conto teorico intorno a 170, ammesso che ci siano tutti e siano tutti d’accordo.

Repubblica scrive che martedì prossimo al Senato si voterà la riforma del bilancio degli enti locali, che per passare avrà bisogno della maggioranza assoluta e non quella dei presenti: quindi 161 voti. Sarà una prova per il governo: «Se va sotto, il segnale arriverà forte e chiaro».