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  • Martedì 24 maggio 2016

Cose da Cantona, che compie 50 anni

È stato un matto e un fenomeno, nonché inventore del gesto che ogni bambino degli anni Novanta ha riprodotto giocando con gli amici

(Anton Want/Allsport/Getty Images)
(Anton Want/Allsport/Getty Images)

Quelli che giocano a calcio con il colletto della maglia alzata di solito sono considerati un po’ arroganti: gente che se la tira. Eric Cantona, che oggi compie 50 anni, lo faceva e lo era. Ma era anche un calciatore spettacolare, famoso e iconico per molto altro oltre le sue qualità tecniche. Cantona ha giocato in molte squadre ma è diventato Cantona – o King Eric – nelle ultime stagioni della sua carriera, al Manchester United, dove ha vinto quattro Premier League in cinque stagioni. È adorato dai tifosi di quella squadra e nel 2001 un sondaggio della rivista Inside United l’ha scelto come miglior giocatore di sempre del Manchester United: la stessa squadra in cui hanno giocato George Best, Bobby Charlton, David Beckham o Cristiano Ronaldo, per capirci. Cantona è stato allo stesso tempo un giocatore capace di pensare cose quasi impossibili e renderle possibili; e anche un calciatore eccentrico, scostante, sbruffone, sopra le righe, che ha fatto spesso cose da matti come prendere a calci e pugni avversari, compagni, giornalisti e persino tifosi.

La storia di Eric Cantona

Cantona è nato a Marsiglia il 24 maggio 1966: padre di origini sarde, infermiere e pittore nel tempo libero, e madre sarta di origini catalane. Daniele Manusia, che a Cantona ha dedicato un libro, ha scritto: «Quando gli chiedono quale delle due influenze sia stata maggiore su di lui, la tradizione italiana o lo spirito di ribellione catalano, Eric risponde: “Nessuna delle due. Sono figlio di Cantona e di nessun altro. Sono così e basta. Un Cantona doc. Marchio registrato”». Insieme al padre, Cantona girò per musei, iniziò a dipingere e si appassionò al calcio: al fortissimo Ajax del fortissimo Johan Cruijff, soprattutto, e all’Olympique Marsiglia, la squadra della sua città. Iniziò a giocare a calcio in una squadra più piccola, lo Sport Olympique Caillolais. All’inizio giocò in porta – «Per me non c’erano che due possibilità: portiere o attaccante. Miravo solo a una cosa: essere il salvatore della squadra» – ma la squadra era forte, prendeva pochi gol e c’era quindi poco da salvare. Allora diventò attaccante, e pare che segnò più di 200 gol in circa 200 partite.

A 14 anni Cantona entrò nel giro delle nazionali giovanili e poco dopo andò a giocare all’Auxerre – 600 chilometri a nord di Marsiglia – dopo che l’Olympique Marsiglia lo giudicò troppo lento. Lì Cantona giocò due anni nella squadra giovanile e il 5 novembre 1983 debuttò in prima squadra, nel più importante campionato francese. Dovette poi andare a fare il militare e una volta tornato fu dato in prestito al Martigues, una squadra che giocava nel corrispettivo francese della Serie B. Giocò bene e tornò all’Auxerre, dove divenne titolare e segnò 21 gol in 68 partite. Nell’estate del 1988 partecipò all’Europeo Under 21 con la Francia: lo vinse e fu venduto all’Olympique Marsiglia.

All’Olympique Marsiglia – la squadra della sua città, e per cui tifava – Cantona ebbe molti problemi. Non si trovò bene con i compagni e con i tifosi, anche a causa del suo pessimo carattere: nel gennaio del 1989 durante un’amichevole strappò la maglietta della squadra e la gettò via. Passò il successivo anno e mezzo in prestito al Bordeaux e al Montpellier, dove le sue ottime prestazioni convinsero l’Olympique Marsiglia a riprenderselo e dargli un’altra possibilità. La stagione successiva, a causa di alcuni contrasti con l’allenatore Raymond Goethals, fu venduto al Nîmes. Nemmeno lì le cose andarono bene: durante una partita nel dicembre del 1991 lanciò la palla verso il pubblico e tirò la propria maglietta all’arbitro. Dopo aver ricevuto una squalifica di un mese, i giudici sportivi gli prolungarono la sospensione dall’attività agonistica per altri due mesi. Cantona – che aveva 25 anni e aveva mostrato di essere talvolta geniale ma spesso ingestibile – annunciò il suo ritiro dal calcio.

Si dice che fu Michel Platini – che allora allenava la Francia – a convincere Cantona a tornare a giocare. Sta di fatto che Cantona cambiò idea, riprese ad allenarsi e fu acquistato dal Leeds, una delle squadre inglesi più forti di allora, con cui nel 1992 vinse il campionato. Ha scritto ESPN che alla fine della stagione il Leeds lo «scaricò» al Manchester United: Howard Wilkinson, allenatore del Leeds, disse che Cantona «non era pronto a tollerare le regole e i limiti validi per tutti gli altri». Al Manchester United, Cantona divenne Cantona.

Giocò benissimo per molte stagioni e con costanza, divenne l’idolo dei tifosi e segnò anche molti gol, alcuni dei quali bellissimi. Ne segnò 64 in 143 partite e vinse quattro volte la Premier League: l’unico anno in cui il Manchester non vinse la Premier fu quello in cui Cantona fu squalificato per nove mesi dopo che diede un calcio a un tifoso sugli spalti. Si ritirò a 30 anni.

Cantona non ha mai vinto il Pallone d’oro (arrivò terzo nel 1993, quando vinse Roberto Baggio), non vinse mai la Coppa dei Campioni e non vinse niente con la nazionale maggiore della Francia (con cui ebbe una storia, guarda caso, complicata e turbolenta). È però ricordato come un calciatore fortissimo, e la sua carriera è stata piena di grandi momenti, belli e brutti.

QUEL calcio

Successe il 25 gennaio 1995, quando Cantona attaccò violentemente un tifoso del Crystal Palace durante una partita di Premier League, tirandogli un calcio e un pugno nel giro di pochi secondi. Anche il tifoso del Crystal Palace fu condannato a una settimana di prigione per avere provocato Cantona con parole e gesti offensivi (poco prima della fine del processo prese anche per il collo il magistrato dell’accusa).

Cantona e i tifosi

Nel 2004 Cantona disse, riferendosi ai tifosi del Manchester United che continuavano a dedicagli i cori durante le partite:

Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla.

Cantona e i giornalisti

Dopo la squalifica per il calcio al tifoso, Cantona disse dell’eccessivo interesse dei giornalisti nei suoi confronti: «Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine».

Nel 2001 Cantona ne fece un’altra. Ospite di un programma televisivo francese si mise a litigare con alcuni giornalisti, parlando proprio di quel calcio del 1995: e disse che lui, a loro, “gli pisciava in culo”.

Il gol più bello di Cantona

Di sicuro è quello più famoso: lo segnò il 21 dicembre 1996 in una partita in cui il Manchester vinse 5-0 contro il Sunderland. Nel suo libro Manusia ha scritto:

Eric prende palla a centrocampo. Si districa in mezzo a due avversari, è pesante, anche goffo, sembra che le ginocchia gli si pieghino verso l’interno. Al tempo stesso si capisce subito che gli avversari non possono fare niente per fermarlo, trasformati in statue di sale dalla fluidità un po’ a scatti di Cantona. Dopo un triangolo con McClair si ritrova al limite dell’area. Un difensore lo sta chiudendo in scivolata da sinistra e il portiere è avanzato fino al limite dell’area piccola chiudendogli lo specchio. In una frazione di secondo Cantona riesce a immaginare che ci sia lo spazio per fare un pallonetto. E forse quello spazio non c’è. Ci sarebbe quello sul primo palo, alla sinistra del portiere, ma sembra troppo vicino alla porta perché la palla scavalchi il portiere e scenda in tempo per entrare in rete. Quello che ne viene fuori è un colpo unico, un cucchiaio teso che sembra non scendere mai (anche a causa della prospettiva schiacciata della telecamera) e in diagonale sbatte sulla parte alta del secondo palo e per via dell’effetto continua la sua corsa sull’interno della rete.

La cosa più bella di Cantona, secondo Cantona

Dopo essersi ritirato dal calcio, Cantona ha giocato a beach soccer, ha allenato la nazionale francese di beach soccer, ha dipinto, ha fatto il direttore sportivo dei New York Cosmos – una squadra di calcio di New York – e ha fatto l’attore, con buoni risultati. Il suo film più famoso è Il mio amico Eric, un film di Ken Loach del 2009 incentrato su di lui. In quel film Cantona dice qual è la cosa più bella che ha fatto nella sua carriera. Non è un gol ma un assist, «a Irwin, contro gli Spurs» (è anche il film in cui dice: «I am not a man, I am Cantona»).

«Au revoir»

Tra le tante altre cose Cantona è anche stato un testimonial della Nike, per cui ha girato molti spot da giocatore e da ex giocatore. È stato l’arbitro in “The Secret Tournament”, le pubblicità del 2002 con le partite nella gabbia, ma ancora prima era stato quello che giocava con Paolo Maldini, Ronaldo e Luis Figo, tra gli altri, una partita contro il Male, segnando il gol decisivo. Dopo essersi alzato il colletto della maglietta, ovviamente, e aver detto «Au revoir»: un gesto che non c’è bambino degli anni Novanta che non abbia riprodotto giocando con gli amici.