• Libri
  • Venerdì 6 maggio 2016

10 libri sul ciclismo

Da leggere tra una tappa e l'altra del Giro d'Italia, che è iniziato oggi

di Marco Verdura – @ilverdura

«Serve una faccenda stramba come il Giro d’Italia? Certo che serve: è un caposaldo del romanticismo assediato dalle squallide forze del progresso»

(Dino Buzzati)

Il Giro d’Italia interessa da sempre cronisti e scrittori. Negli anni Quaranta, Dino Buzzati, Vasco Pratolini, Achille Campanile e il poeta Alfonso Gatto seguivano la corsa come inviati dei grandi quotidiani nazionali. Nel 1955 Anna Maria Ortese, che Sergio Zavoli definì «prima donna clandestina della repubblica delle lettere ciclistiche», scrisse tre reportage dal Giro per L’Europeo. Il Processo alla tappa, storica trasmissione televisiva della Rai in cui si commentava la corsa appena conclusa, ha avuto tra i suoi ospiti Pier Paolo Pasolini e Alberto Bevilacqua.

In alcuni casi, gli scrittori al seguito del Giro hanno raccontato la corsa attraverso riferimenti letterari. Dino Buzzati, alla vista di Gino Bartali che arrivava sfinito a 12 minuti di distacco da Fausto Coppi, scrisse di essersi sentito «come da ragazzo quando noi si seppe che Ettore era stato ucciso da Achille». Pratolini riscrisse la rivalità tra Costante Girardengo e Gaetano Belloni, immaginando che per una volta, Belloni, l’eterno secondo, si trovasse in fuga, da solo e con molti minuti di vantaggio sul rivale. Ma nel racconto di Pratolini, Belloni si innamora all’improvviso di una sconosciuta, si ferma e perde. Come al solito.

Oltre agli articoli di giornalisti e scrittori, ci sono anche numerosi libri dedicati al ciclismo e alle sue fatiche. Ne abbiamo raccolti dieci, tra romanzi, biografie, raccolte di articoli sportivi e testi satirici. C’è anche una guida completa ai primi 100 anni del Giro d’Italia scritta da uno storico inglese. E un saggio del 1900 del criminologo Cesare Lombroso: prevedeva che con il diffondersi delle biciclette sarebbe aumentato di molto il tasso di criminalità e che i criminali sarebbero rimasti impuniti perché sarebbero scappati più velocemente.