Cosa non va nella legge sul canone RAI in bolletta

Quali sono le critiche contenute nel parere – non vincolante – dato dal Consiglio di Stato

Andrea Vianello in uno spot del 2005 della Rai (ANSA / PAL)
Andrea Vianello in uno spot del 2005 della Rai (ANSA / PAL)

Il Consiglio di Stato – che si occupa della tutela dei diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione e che su alcuni atti amministrativi è obbligato a dare il proprio parere – ha detto che ci sono parti poco chiare (delle «criticità») nel nuovo regolamento sul canone RAI in bolletta contenuto nella legge di stabilità approvata lo scorso 22 dicembre e scritto dal ministero dello Sviluppo Economico.

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Il nuovo canone, in breve
Il governo ha stabilito che dal 2016 si pagherà un canone RAI di 100 euro (poco meno dei 113,50 euro di prima) attraverso un addebito nella bolletta elettrica (l’importo sarà indicato nella fattura con una voce distinta). Solo per il 2016 il primo addebito sarà inserito nella prima fattura elettrica successiva al 1 luglio 2016 e sarà pari a 70 euro. Nelle bollette successive, a partire da agosto, saranno distribuiti i restanti 30 euro.

Dal 2017, invece, si applicherà la versione definitiva: il canone sarà distribuito in 10 rate da 10 euro l’una. Poiché generalmente le fatture elettriche non sono mensili, ma bimestrali o trimestrali, nella fattura elettrica saranno addebitate le rate mensili scadute (se la fattura è bimestrale le rate del canone addebitate saranno due e la fattura sarà quindi maggiorata di 20 euro).

La legge di stabilità ha introdotto anche un nuovo principio, quello della “presunzione” del possesso degli apparecchi tv: dal primo gennaio del 2016 il possesso di un apparecchio si presume nel caso in cui sia aperta un’utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui una persona ha la residenza anagrafica.

Cosa ha detto il Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha scritto in un suo parere – che in questo caso era obbligatorio – che nel decreto ci sono «alcuni profili di criticità». Intanto nel testo «manca un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo». Dato che oggi anche su smartphone, tablet e altri apparecchi si possono vedere programmi tv, «precisare che il canone di abbonamento è dovuto solo a fronte del possesso di uno o più apparecchi televisivi in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare direttamente o tramite decoder costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile». Inoltre il testo non dice in modo sufficientemente chiaro che il canone si versa una volta sola, anche se si hanno più televisori in casa.

Ci sarebbe poi un problema di privacy. L’addebito e la riscossione del canone in bolletta prevedono uno scambio di dati tra i vari enti coinvolti: anagrafe tributaria, autorità per l’energia, acquirente della tv, ministero dell’Interno, comuni e alcune società private. Il testo non prevede un regolamento specifico su questo tema che assicuri il rispetto delle normativa sulla riservatezza. In generale poi il Consiglio di Stato scrive che il decreto è scritto in modo poco chiaro e cita il passaggio (articolo 3) che stabilisce quali sono le categorie di utenti che devono pagare l’imposta: «Nell’individuare, ai fini dell’addebito del canone, le categorie di utenti, utilizza formule tecniche di non facile comprensione per i non addetti al settore». Per il Consiglio ci sono dei problemi anche nella parte del decreto che riguarda chi non deve pagare il canone attraverso l’invio di un modulo all’Agenzia delle Entrate: nel testo non viene chiesta o prevista una sufficiente campagna d’informazione.

C’è un’ultima critica, più tecnica: «L’adozione del decreto non è avvenuta nel rispetto del termine previsto dalla norma di riferimento» e «non risulta espresso il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze» come previsto invece dalla legge di stabilità del 2016. Il ministero dell’Economia si è limitato a prendere atto del decreto che è stato scritto dal ministero dello Sviluppo Economico, ma non ha dato il proprio via libera formalmente, attraverso cioè il meccanismo del “concerto”. Se manca il “concerto”, dice il Consiglio di Stato, si rischia la “non correttezza formale” di tutto il decreto.

I commenti
Il sottosegretario alla Comunicazioni Antonello Giacomelli ha detto che il Consiglio di Stato non ha «bocciato» il decreto come scrivono oggi molti giornali, ma che «siamo di fronte a un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti». Per Carlo Rienzi, presidente del Codacons (Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori), il Consiglio di Stato invece ha «confermato pienamente i tanti dubbi sulla legittimità del canone RAI in bolletta, ravvedendo le stesse criticità sollevate dalla nostra associazione». Perciò, secondo Rienzi, «non sarà possibile inserire il canone in bolletta, almeno fino a che non saranno superate le pesanti criticità rilevate». Il nuovo regolamento dovrebbe partire dal prossimo primo luglio.