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  • Lunedì 4 aprile 2016

Keiko Fujimori ha promesso di non diventare una dittatrice

La candidata favorita alle elezioni peruviane ha firmato un contratto con cui si impegna a non fare come suo padre, l'ex presidente Alberto Fujimori

(CRIS BOURONCLE/AFP/Getty Images)
(CRIS BOURONCLE/AFP/Getty Images)

Keiko Fujimori, candidata favorita alle elezioni presidenziali del Perù che si terranno il prossimo 10 aprile, ha firmato un contratto con cui si impegna a non governare con i metodi autoritari utilizzati da suo padre, Alberto Fujimori, presidente dal 1990 al 2000 e oggi in prigione per corruzione e violazione dei diritti umani. Fujimori ha firmato l’impegno durante un dibattito televisivo in quello che Reuters ha definito “un appello finale agli elettori indecisi”, in vista del voto di domenica prossima.

Fujimori ha 40 anni e secondo gran parte dei sondaggi dovrebbe ottenere intorno al 40 per cento dei consensi, quasi venti punti di distacco rispetto ai suoi rivali, ma non abbastanza per evitare il ballottaggio con il secondo classificato. Fujimori e suo padre Alberto discendono da una famiglia di immigrati giapponesi e per via dei loro tratti orientali sono stati soprannominati, rispettivamente, “la cinese” e “il cinese”. Nel contratto, Fujimori si impegna a rispettare l’indipendenza della stampa, la libertà dell’opposizione e a non interferire con le strutture democratiche del paese.

La firma del contratto è stata l’ultimo passo nel progressivo allontanamento politico di Fujimori da suo padre, che le ha garantito un crescente numero di consensi tra gli elettori più moderati. Nel corso del dibattito, Fujimori ha detto: «Conosco quali capitoli della nostra storia dovrebbero essere ripetuti e quali invece andranno evitati», e ha aggiunto: «Mai più un altro 5 aprile», riferendosi al giorno del 1992 in cui suo padre sciolse il parlamento e prese il controllo del sistema giudiziario del paese con l’aiuto dell’esercito. Fujimori ha anche promesso di assegnare all’opposizione il controllo parlamentare sui servizi segreti e di garantire riparazioni economiche alle decine di donne sterilizzate durante il governo del padre: Alberto Fujimori è accusato tra le altre cose di aver sterilizzato fino a 300 mila donne di origine indigena in un tentativo di controllare il numero degli indios in alcune aree del paese.

Keiko Fujimori condivide alcune delle idee del padre, per esempio il sostegno al libero mercato e le posizioni conservatrici sulle tasse. Il suo partito, Fuerza Popolar, è considerata una formazione di centrodestra. Gli analisti considerano la sua ascesa nei sondaggi un altro sintomo della crisi della sinistra sudamericana. All’inizio degli anni Duemila, un movimento da allora ribattezzato la “marea rosa” portò al potere in gran parte del continente numerosi partiti di sinistra o in molti casi di estrema sinistra. Negli ultimi anni molti di questi movimenti hanno perso le elezioni, è successo di recente in Argentina, si trovano con consensi sempre più in calo, come in Bolivia, oppure sono coinvolti in gravi crisi politiche ed economiche, come Brasile e Venezuela.

L’attuale presidente del Perù, l’ex generale Ollanta Humala, era considerato uno degli esponenti della “marea rosa”, anche se nel corso della sua carriera si era allontanato dalle posizioni più radicali dell’allora presidente venezuelano, Hugo Chavez, per avvicinarsi a quelle più ortodosse dell’ex presidente brasiliano, Ignacio Lula da Silva. Humala sconfisse Keiko Fujimori alle elezioni del 2011. In Perù è vietato candidarsi alla carica di presidente per due mandanti consecutivi, quindi Humala non partecipa alle elezioni di domenica.

Secondo i sondaggi, due candidati attualmente si contendono il secondo posto e quindi l’accesso al secondo turno delle elezioni presidenziali. La favorita è Veronika Mendoza, una candidata di sinistra radicale molto vicina alla cultura india. L’altro è Pedro Pablo Kuczynski un economista che ha ricoperto diversi incarichi politici, tra cui quello di primo ministro, durante la presidenza di Fujimori. Kuczynski è appoggiato dalla “Alianza por el Gran Cambio”, una coalizione di partiti di centrodestra.