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  • Giovedì 3 marzo 2016

Perché votano Trump

Gli elettori Repubblicani ne apprezzano duttilità imprenditoriale e linguaggio spiccio, spiega il Washington Post, ma soprattutto il fatto che stia facendo ammattire i dirigenti del partito

di James Hohmann - Washington Post

Donald Trump durante un comizio elettorale alla Valdosta State University, in Georgia, il 29 febbraio 2016 (Mark Wallheiser/Getty Images)
Donald Trump durante un comizio elettorale alla Valdosta State University, in Georgia, il 29 febbraio 2016 (Mark Wallheiser/Getty Images)

Con il Super Tuesday ormai alle spalle, Washington non ha ancora colto davvero la potenza del messaggio di Donald Trump. Le élite deplorano Trump ai cocktail party, e si consolano etichettando come ignoranti i suoi sostenitori. Ma mentre il Partito Repubblicano sprofonda in una specie di guerra civile, Trump continua ad allargare la base del suo sostegno.

Molti americani sarebbero stupiti di conoscere i nomi di alcune delle persone che sostengono in segreto Trump ma non lo ammettono pubblicamente. Tra i suoi sostenitori non ci sono soltanto conservatori irriducibili ed evangelici timorati di Dio, ma anche professionisti che si sono formati nelle più esclusive università americane. Alcuni di loro sanno che Trump non è un vero conservatore, ma fingono di non vedere. Altre persone, a cui piace definirsi moderate, ammirano la duttilità del Trump imprenditore. Ne è un esempio Tom Leppert, l’ex sindaco di Dallas in Texas (sconfitto nel 2012 da Ted Cruz alle primarie Repubblicane per il Senato), che ieri ha annunciato il suo endorsement a Trump. Altri ancora, poi, saltano semplicemente sul carro dei vincitori. Più le élite del partito Repubblicano sono in allarme, più alcuni di loro si convincono che Trump possa essere il cambiamento necessario per sconquassare Washington. Non bisogna dimenticare che la maggior parte degli attivisti del Partito Repubblicano considera i politici e gli opinionisti di Washington parte dei problemi degli Stati Uniti. Mentre mi trovavo in Alabama durante il mio viaggio di cinque giorni negli stati in cui si è votato al Super Tuesday, sono stato avvicinato da un funzionario locale, che mi ha chiesto di spegnere il mio registratore e mi ha confessato con un filo di voce di sostenere Trump. Negli ultimi giorni ho incontrato Repubblicani con la stessa posizione dal Minnesota al Massachusetts, passando per Texas e Tennessee.

«È come nel film Il dottor Stranamore», ha detto un importante esponente Repubblicano allineato con la classe dirigente del partito, che sosteneva Chris Christie prima del suo ritiro. «Non vogliono dire ai loro amici e familiari che votano per Trump, ma poi si schierano con lui. Io potrei fare come Slim Pickens alla fine del film: cavalcare la bomba nucleare e vedere che succede».

Chip Saltsman, che ha lavorato come consulente durante la campagna elettorale dell’ex candidato Repubblicano alle presidenziali Mike Huckabee, ha spiegato che la forza di Trump in stati come il Tennessee è dovuta al fatto che i suoi sostenitori sono sparsi in modo omogeneo in tutto lo stato, e non solo in aree rurali o nelle periferie urbane. «Trump non ha una base naturale e quindi non c’è nessun’area in cui non può vincere: è davvero incredibile», ha detto Saltsman, ex presidente del Partito Repubblicano in Tennessee, che non sostiene nessun candidato. «Il Tennessee non è poi molto diverso dal resto degli stati. Rubio era in un buon momento. E il Tennessee è un habitat naturale per Cruz. Ma Trump è andato bene anche lì».

Trump non è un candidato regionale. Martedì si è votato in sette stati del sud, oltre a Alaska, Minnesota, Massachusetts e Vermont. Cruz era il favorito in Texas e ha vinto, ma Trump ha vinto nella maggior parte degli altri stati. Ha già vinto in New Hampshire a nordest, a Nevada a ovest e in South Carolina a sud. Dal Massachusetts, per esempio, il giornalista del Washington Post Ben Harris sosteneva che Trump fosse favorito perché era riuscito perfettamente a incanalare la voce e lo spirito degli appassionati di sport dello stato. «Qui le persone seguono la politica come fanno con il baseball, sostengono i politici che si dimostrano dei combattenti», ha raccontato Geoff Diehl, un deputato Repubblicano del Massachusetts. «Nessuno è stato in grado di scalfire Trump», ha detto un uomo del Massachusetts a una radio locale. Secondo Harris «a questi elettori non interessa il fatto che il Boston Globe abbia di recente pubblicato un editoriale dal titolo: “Il Massachusetts deve fermare Trump”, e nonostante persino loro dubitino che Trump possa mantenere le sue promesse, non sono preoccupati. L’unica cosa che conta è che per la prima volta nella storia un candidato parla la loro lingua».

Alle elezioni, una candidatura di Trump potrebbe rivoluzionare la geografia politica americana in modo sorprendente. Nonostante i media si siano concentrati su come una candidatura di Trump potrebbe danneggiare i deputati Repubblicani che cercano la rielezione in collegi con elettori moderati (come Bob Dold del distretto dell’Illinois che comprende l’area nord di Chicago), Trump potrebbe permettere ai Repubblicani del Congresso di ottenere risultati migliori in posti come la Pennsylvania occidentale o nell’Iron Range, la zona montuosa nel nord del Minnesota famosa per la produzione di ferro. Questo spiegherebbe come mai un deputato Repubblicano come Tom Marino, della Pennsylvania, abbia annunciato di sostenere Trump. Marino ha parlato al sito Politico dell’«incredibile sostegno a Trump» nel suo distretto elettorale: «Trump è l’uomo degli indifesi: lui non rappresenta chi è tutelato, le persone di Wall Street, o gli insider di Washington. Trump è l’uomo dei contribuenti che lavorano sodo». Secondo un sondaggio di CNN di lunedì primo marzo Trump ha il sostegno del 49 per cento dei Repubblicani a livello nazionale, e i suoi sostenitori sono più motivati rispetto ai suoi detrattori: 8 elettori Repubblicani su 10 che sostengono Trump dicono di essere più entusiasti per l’elezione di quest’anno rispetto alle precedenti.

Dopo aver pensato per mesi che bloccare Trump non fosse un loro problema, la classe dirigente Repubblicana ora è nel panico. Stuart Stevens, stratega della campagna elettorale di Mitt Romney nel 2012, ha scritto sul Daily Beast che «un voto a Trump è un voto a favore del fanatismo». I risultati degli undici stati in cui si è votato al Super Tuesday hanno dimostrato però quanto sia difficile ora arrestare la sua corsa verso la nomination Repubblicana. A dir la verità molte delle persone che simpatizzano per Trump non hanno riflettuto pienamente sulle conseguenze che avrebbe la sua elezione a candidato Repubblicano o addirittura alla presidenza degli Stati Uniti. Guardando la nuova infornata di annunci pubblicitari contro Trump, o i suoi scivoloni alle domande sul Ku Klux Klan, alcuni dei suoi sostenitori potrebbero rinsavire e cambiare idea. Ma in nove mesi non è ancora accaduto. Non si può nemmeno negare il fatto che Trump terrorizzi metà dei sedicenti Repubblicani, che si dicono preoccupati per come Trump ridicolizzi lo spirito conservatore, e sottolineano le sfumature fasciste o razziste della sua campagna. Non accettano la possibilità che Trump possa diventare il loro candidato alla presidenziali.

Il 15 marzo è il giorno da segnarsi sul calendario. Se Trump dovesse vincere in Florida e Ohio i giochi sarebbero chiusi: alla convention di Cleveland il partito Repubblicano non potrà più ignorare la volontà della sua base.

© 2016 – Washington Post