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  • Martedì 2 febbraio 2016

Le controproposte dell’UE a Cameron

Sono state presentate oggi: sono una bozza di accordo che accoglie molte delle richieste fatte dal Regno Unito in vista del referendum sulla sua permanenza nell'Unione

Il primo ministro britannico David Cameron e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)
Il primo ministro britannico David Cameron e il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)

Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo, cioè l’organismo che si occupa dei processi di integrazione nell’Unione Europea, ha pubblicato una lettera per rispondere alle richieste che il primo ministro britannico, David Cameron, aveva presentato nel novembre del 2015 in vista del referendum del Regno Unito sulla permanenza del suo paese nella UE. Tusk ha pubblicato un’ampia serie di controproposte, che in buona parte accolgono quanto richiesto da Cameron e che secondo diversi osservatori potrebbero essere una valida base di partenza per i negoziati delle prossime settimane. Se Unione Europea e Regno Unito riuscissero a raggiungere un accordo entro fine febbraio, il referendum potrebbe essere tenuto già in estate accorciando i tempi e le incertezze circa la consultazione, che Cameron aveva già promesso di organizzare entro la fine del 2017.

Nel Regno Unito c’è da sempre una certa diffidenza, talvolta accompagnata da insofferenza, nei confronti dell’Unione Europea e delle sue politiche, vissute come una limitazione alla sovranità del paese e spesso sfruttate politicamente, soprattutto dai conservatori e da qualche anno dal partito di estrema destra UKIP, per rimediare consensi tra l’elettorato. Sia nella sua ultima campagna elettorale, sia dopo la rielezione, Cameron ha sostenuto con convinzione la necessità di cambiare i rapporti con l’Europa, dicendo di essere pronto a sostenere l’uscita del Regno Unito dall’UE al referendum nel caso di un mancato accordo sulle sue richieste. Le controproposte di Tusk dimostrano che la strategia ha mosso qualcosa sui quattro temi principali posti da Cameron.

Qui di seguito le richieste fatte da Cameron a novembre, confrontate con le controproposte diffuse oggi da Tusk.

Economia
Cameron – L’Unione deve tutelare i paesi che non si trovano nell’area euro, ribadendo esplicitamente che al suo interno circola più di una valuta e che gli stati senza euro – come il Regno Unito – abbiano la facoltà di non aderire a tutte le politiche economiche. Questo perché gli stati che adottano l’euro sono 19 su 28, quindi di fatto sempre in maggioranza quando si tratta di prendere decisioni di questo tipo.
Tusk – Sarà adottato un meccanismo per dare più garanzie ai paesi che non adottano l’euro, ma questi non potranno avere opzioni di veto su particolari politiche dell’UE; le imposte pagate dai cittadini britannici non saranno mai usate per sostenere l’eurozona.

Nel complesso la controproposta risponde a buona parte delle preoccupazioni espresse da Cameron, ma è comunque piuttosto vaga e non rafforza il concetto che nell’Unione ci sono più valute. Uno degli obiettivi dell’UE, del resto, è di espandere progressivamente la moneta unica a più stati membri possibile, naturalmente con le dovute cautele del caso.

Sovranità
Cameron – Il Regno Unito deve avere la possibilità di sottrarsi all’impegno (compreso nel Trattato di Roma) di lavorare alla creazione “di un’Unione ancora più stretta” assieme agli altri stati membri, principio che negli ultimi anni è stato usato per giustificare decisioni che hanno ridotto il potere del Parlamento britannico a vantaggio di quello europeo. Ogni paese deve avere più autonomia soprattutto per quanto riguarda la sicurezza nazionale.
Tusk – Il principio di “un’Unione ancora più stretta” non è equivalente al concetto di una maggiore integrazione politica e quindi non deve costituire una preoccupazione, per lo meno nel senso attribuito da Cameron a quelle parole. Tusk propone un sistema in cui i parlamenti nazionali possano imporre un veto a particolari decisioni assunte in ambito europeo, a patto che sia raggiunto il 55 per cento della rappresentanza all’interno del Consiglio europeo.

La controproposta di Tusk sembra essere l’unica percorribile in tempi brevi, perché per rimuovere il concetto di “un’Unione ancora più stretta” sarebbe necessario mettere mano a diversi trattati europei, alcuni dei quali costituiscono le basi stesse dell’Unione Europea. Il sistema per imporre un veto rispecchia molto la richiesta di Cameron e potrebbe essere visto favorevolmente da altri stati membri.

Immigrazione
Cameron – I migranti che arrivano dall’Unione Europea per lavorare nel Regno Unito non possono accedere per i loro primi 4 anni di permanenza alle agevolazioni previste dal welfare britannico, come sgravi fiscali, case popolari e bonus per i figli, di cui spesso beneficiano altri membri della stessa famiglia rimasti nei paesi europei di origine.
Tusk – In casi di stretta e specifica necessità uno stato membro potrà adottare una sorta di “freno di emergenza” per arrestare l’erogazione delle agevolazioni ai migranti stranieri, per un periodo massimo di quattro anni e solo dopo un’approvazione in tal senso da parte del Consiglio dell’Unione Europea.

Questo è uno dei punti chiave per un possibile accordo tra UE e Regno Unito e secondo molti osservatori si è ancora distanti da un buon compromesso. La controproposta di Tusk è molto distante da ciò che chiede Cameron e offre una soluzione progressiva, lasciando irrisolti alcuni temi specifici come quello legato ai bonus per i figli, un tema molto discusso nel Regno Unito.

Competitività
Cameron – L’UE deve rimuovere le norme che di fatto possono frenare lo sviluppo dell’economia, rendendo più semplice e vantaggiosa la circolazione di merci, capitali e servizi.
Tusk – L’Unione è da sempre impegnata ad aumentare la competitività tra gli stati membri riducendo le regole che possono frenarla e disincentivarla.

Tra le quattro richieste, quella sulla competitività era la più generica di Cameron e di conseguenza la controproposta di Tusk è dello stesso tenore.

Cosa succede adesso
Nel complesso David Cameron ha detto che la proposta di accordo presentata dall’UE costituisce il “sostanziale cambiamento” che aveva chiesto alla fine dello scorso anno. Ha però aggiunto che ci sono ancora molti dettagli da mettere in ordine, in vista dell’incontro con i leader degli altri paesi europei previsto per il 18 e il 19 febbraio.

Nei prossimi giorni Cameron si dovrà dare da fare per convincere gli altri leader a sottoscrivere l’accordo in modo da poter fare l’annunciato referendum a giugno, anche se alcuni partiti favorevoli all’uscita dall’UE come lo UKIP dicono che il voto in estate sarebbe troppo vicino alle elezioni locali previste in Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Su molti punti gli stati membri dell’Europa centrale e orientale non dovrebbero avere molto in contrario, ma il tema del blocco delle agevolazioni per i lavoratori dall’estero potrebbe essere problematico, anche se messo a disposizione di tutti i paesi e non solo del Regno Unito.

Qual è il piano di Cameron
L’approccio di Cameron al tema della permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea è sempre stato molto interlocutorio e aperto alla contrattazione. Il suo obiettivo è mantenere il paese all’interno di un’Unione che però sia riformata nei suoi rapporti con gli stati membri: per questo motivo continua a trattare e ha accolto positivamente le controproposte presentate da Tusk. I comitati britannici che invece vogliono l’uscita dall’Unione dicono che l’accordo che si sta delineando non è sufficiente e che di fatto porterà a riaffermare le cose per come sono adesso. Nigel Farage, il leader dell’UKIP, è stato molto duro e ha definito l’accordo “patetico”.