Cos’è una “tragedia” per Facebook?

La funzione "Safety Check" è stata attivata per gli attentati in Francia e in Nigeria, ma non per quelli di ieri in Indonesia: forse c'entra il numero dei morti

di Andrea Peterson – Washington Post

I social network sono uno dei primi posti in cui le persone cercano aggiornamenti dopo una tragedia. “Safety Check” – uno strumento di Facebook molto sponsorizzato e progettato per rendere più facile comunicare ad amici e parenti che stiamo bene durante una crisi – non è stato attivato dopo l’attacco terroristico che giovedì ha coinvolto la capitale di uno dei maggiori mercati di Facebook. A Giacarta, in Indonesia, ci sono stati attacchi suicidi e sparatorie, in quello che pare essere stato un tentativo dello Stato Islamico di attaccare la città nello stile degli attentati di Parigi. Ma se durante gli attentati di Parigi Facebook aveva prontamente attivato Safety Check, lo stesso non è stato fatto nelle ore seguite alle violenze di Giacarta, ponendo dei dubbi su cosa sia necessario per far attivare lo strumento.
Facebook è una realtà enorme in Indonesia: nel 2014, l’azienda aveva dichiarato di avere quasi settanta milioni di utenti nel paese. Dopo gli attentati di Giacarta, in mancanza del Safety Check ufficiale, alcune persone hanno comunicato che stavano bene usando l’hashtag #SafetyCheckJKT su Facebook e su Twitter.

Gli ingegneri di Facebook avevano inizialmente ideato Safety Check come risposta a catastrofi naturali, come terremoti, tsunami o uragani, lanciando il servizio nel 2014. Safety Check è stato usato per la prima volta in risposta a un attacco terroristico durante gli attentati di Parigi, quando 4,1 milioni di utenti sono ricorsi alla funzione nelle ventiquattro ore successive all’attacco, secondo Facebook. Alcune persone si erano però chieste come mai Facebook non avesse attivato il servizio per gli attacchi avvenuti a Beirut il giorno prima degli attentati di Parigi. Il vice presidente responsabile per la crescita di Facebook, Alex Schultz, aveva affrontato la questione in un post pubblicato sul sito del social network: «Durante una crisi in svolgimento, come una guerra o un’epidemia, Safety Check non è così utile nella sua forma attuale: non c’è un chiaro punto di inizio o di fine e, purtroppo, non è possibile sapere quando una persona è davvero “al sicuro”», aveva scritto. Ma l’attivazione di Safety Check durante gli attentati di Parigi, secondo Schultz, avrebbe segnato una svolta nell’approccio di Facebook al servizio. «Vogliamo rendere questo strumento disponibile in qualsiasi posto e momento possa essere utile», aveva detto. Una settimana dopo gli attentati di Parigi, Facebook aveva usato il servizio in Nigeria. «Stiamo lavorando velocemente per sviluppare dei criteri per la nuova politica, e determinare come e quando il servizio possa essere più utile», aveva detto all’epoca il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg.

L’esatta applicazione della politica non è tuttavia ancora chiara, e Facebook non ha risposto immediatamente alle domande sul perché Safety Check non sia stato attivato per gli attacchi a Giacarta. Nell’ultima edizione del Global Terror Index (indice globale di terrorismo) dell’Institute for Economics and Peace, l’Indonesia occupa una posizione decisamente più bassa rispetto a Nigeria e Francia, ed è quindi difficile sostenere che il paese sia un posto dove la violenza è così comune da rendere inutile l’utilizzo di Safety Check. Una grande differenza tra gli attacchi di Giacarta e quelli in cui Safety Check è stato effettivamente impiegato è però il numero dei morti. A oggi i morti a Giacarta sono sette, di cui cinque sono attentatori. Gli attentati di Parigi hanno ucciso circa 130 persone, e quelli in Nigeria almeno 34. In un precedente post Schultz aveva detto che, nel decidere in merito all’utilizzo di Safety Check durante le catastrofi naturali, Facebook aveva applicato una serie di criteri tra cui «la portata, la dimensione e l’impatto» dell’evento. E purtroppo, quando si parla di attentati, «la portata, la dimensione e l’impatto» sono determinati quasi per definizione dal numero di morti e feriti.

Contare i cadaveri può sembrare un modo crudele per valutare l’importanza di un attacco. Ma nelle ore e minuti preziosi che seguono un attentato – quando cioè una funzione come Safety Check può essere più utile – Facebook potrebbe tener conto di questi numeri, insieme ad altri fattori – come i riscontri degli esperti e quanto si parla dell’evento sulla piattaforma – per valutare quando mettere in campo il suo strumento. Questo, sfortunatamente, significa che gli sforzi di Facebook per prestare aiuto nei momenti di crisi hanno messo l’azienda nella poco invidiabile posizione di dover decidere cosa rappresenta una tragedia e cosa no.

©2015 The Washington Post