Il taglio del tasso sui depositi della BCE

Il governatore della Banca Centrale Europea ha detto che il tasso passerà da -0,2 a -0,3 per cento, mentre il quantitative easing continuerà anche nel 2017: che vuol dire?

Il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi
(NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images)
Il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi (NICHOLAS KAMM/AFP/Getty Images)

Giovedì 3 dicembre la Banca Centrale Europea (BCE) ha abbassato il tasso d’interesse sui depositi da -0,2 a -0,3 per cento. Mario Draghi, governatore della BCE, ha annunciato anche che il programma di acquisto di titoli, il cosiddetto “quantitative easing“, verrà esteso fino a marzo 2017, ed eventualmente oltre, se ce ne sarà ancora bisogno: al momento la BCE spende circa 60 miliardi di euro nell’acquisto di titoli ogni mese, l’ultima decisione prima di oggi prevedeva l’acquisto di titoli fino a settembre 2016. È stato deciso anche che con programma di “quantitative easing”, la BCE potrà acquistare anche titoli di debito di governi regionali, cosa che prima non era permessa.

Draghi ha detto che gli altri due tassi di interesse che potevano essere modificati – quello di rifinanziamento principale e quello marginale, detto “overnight” (fra poco vediamo cosa sono) – sono rimasti invariati, rispettivamente allo 0,05 per cento e allo 0,3 per cento; ha spiegato che dei tre tassi quello sui depositi influisce maggiormente sull’economica nel breve termine. La decisione di oggi era molto attesa: diversi analisti si aspettavano un taglio dei tassi più sostanzioso, di circa 20 punti base, che avrebbe portato il tasso di deposito al -0,4 per cento e un aumento di quantitative easing, in termini di quantità di euro spendibili nell’acquisto di titoli. I principali mercati azionari hanno registrato delle perdite.

Rispondendo alle domande successive alla conferenza stampa Draghi si è detto soddisfatto di quanto ottenuto finora attraverso la politica monetaria della BCE, che con la decisione di oggi ha voluto «consolidare ciò che ha avuto successo» e che le nuove misure hanno bisogno di tempo per mostrare i loro effetti. Non tutto il Consiglio governativo della BCE era d’accordo con le decisioni prese, ma c’era una larga maggioranza.

Il tasso d’interesse sui depositi

I tassi di cui si sta parlando sono quelli che vengono usati nelle operazioni tra la BCE e le altre banche. La Banca Centrale Europea decide il tasso a cui le banche possono chiederle soldi, e quello a cui possono depositare presso di lei del denaro. Il tasso di rifinanziamento principale è quello a cui la BCE è disposta a prestare soldi, quello sui depositi – quello abbassato oggi – è ciò che paga alle banche che depositano. Poi c’è il tasso di rifinanziamento marginale, quello che viene usato dalla banche che hanno bisogno di soldi per dei brevissimi periodi – una sola notte, di qui il termine “overnight” – per mancanze di liquidità solo temporanee.

Da questi tassi dipendono tutti gli altri, anche se non in misura perfettamente corrispondente: se i tassi decisi dalla banca centrale si alzano, si alzerà alla fine anche quello a cui, per esempio, le banche concedono i mutui alle famiglie.

I tassi d’interesse sono uno degli strumenti principali che le banche centrali hanno per influenzare l’economia. Se l’economia cresce troppo velocemente e c’è il rischio che l’inflazione superi il limite considerato sano (in Europa e negli Stati Uniti questo limite è del 2 per cento l’anno), la banca centrale alza i tassi d’interesse: prendere soldi in prestito diventa più costoso, allo stesso tempo diventa più conveniente tenere i soldi depositati in banca – perché crescono al tasso d’interesse, appunto – anziché spenderli. Quindi l’economia rallenta, o meglio: cresce in modo più graduale e senza portare a un aumento eccessivo dell’inflazione e una svalutazione della moneta. Quando l’economia cresce poco, invece, la banca centrale di norma abbassa i tassi d’interesse: le imprese possono prendere soldi in prestito più facilmente per finanziare i loro progetti e crescere, i privati non traggono un gran vantaggio dal tenere i soldi depositati e quindi spendono.

I tassi d’interesse negativi

Anche prima della decisione di oggi, i tassi d’interesse erano negativi, cioè sotto lo zero. Questo vuol dire che una banca che deposita denaro presso la BCE paga per tenerli lì, normalmente invece per i soldi tenuti in deposito si riceve un interesse positivo, cioè dei soldi in più. Il senso di avere un tasso d’interesse negativo sui depositi dovrebbe essere quello di spingere le banche ad utilizzare quel denaro, prestandolo, anziché tenerlo “al sicuro” presso la Banca Centrale Europea. Le banche infatti continuano a prestare meno denaro di quanto la BCE vorrebbe, perché lo considerano troppo rischioso: l’economia europea ha ripreso a crescere, ma ad un ritmo molto basso.

Il problema dell’inflazione

Nonostante una leggerissima ripresa l’inflazione nei paesi dell’euro zona è ancora molto vicina allo 0, mentre l’obbiettivo della BCE è quello di portarla al 2 per cento, Draghi ha detto che si aspetta una crescita dell’inflazione tra il 2016 e il 2017. Secondo molti ricercatori c’è correlazione tra il prezzo del petrolio e le aspettative di inflazione: in questi anni successivi alla crisi finanziaria, quando il prezzo del petrolio scendeva, scendevano anche le aspettative d’inflazione, che poi spesso si tramutavano nel livello di inflazione vero e proprio. Il problema è che il petrolio è denominato in dollari – cioè si parla sempre del suo prezzo in dollari, anche se si abita in Finlandia – e quindi se il dollaro si rafforza, il prezzo del petrolio scende. Finora l’euro è stata la principale valuta alternativa al dollaro: chi ha investimenti in dollari e vede le cose mettersi male per il dollaro, cambia dollari in euro; e viceversa chi ha investimenti in euro. Un indebolimento dell’euro quindi rafforza il dollaro e un rafforzamento del dollaro abbassa il prezzo del petrolio, ma un prezzo del petrolio più basso vuol dire meno inflazione. Nella conferenza stampa di oggi Draghi ha detto che la correlazione tra il prezzo del petrolio e le aspettative di inflazione si è invece ridotta.