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  • Martedì 6 ottobre 2015

Il libro di cui Michiko Kakutani è entusiasta

La più temuta critica letteraria del mondo ha scritto meraviglie sul New York Times del nuovo romanzo di Garth Risk Hallberg

Lunedì la recensione di Michiko Kakutani sul New York Times era entusiasta e ricca di complimenti come accade raramente: a beneficiarne è stato il primo romanzo di uno scrittore giovane e quasi sconosciuto: City on fire di Garth Risk Hallberg, di cui per l’Italia Mondadori aveva acquistato i diritti un paio di anni fa, ed ha annunciato la pubblicazione per febbraio 2016. L’edizione italiana si chiama Città in fiamme. Nell’inizio dell’articolo di Kakutani c’è già tutto: “City on fire è un grande sbalorditivo romanzo e una stupefacente macchina di realtà virtuale, che ci trasporta nella New York degli anni ’70, quell’epoca avida e piena di graffiti in cui la città barcollava sull’orlo della bancarotta, in cui il Bronx stava bruciando e Central Park era un logoro territorio di caccia per i rapinatori, e il Figlio di Sam scorrazzava per le strade. Il punk rock stava nascendo a Downtown e artisti affamati potevano ancora affittare sottotetti a Midtown. Il vinile era l’unica scelta musicale, gli scrittori ancora scrivevano sulle macchine per scrivere, i ricercatori facevano affidamento sui microfilm e nessuno aveva un cellulare”.

Michiko Kakutani è da molti anni la critica letteraria del New York Times, forse oggi la più famosa e temuta nel mondo in un ruolo simile: capace ancora di promuovere, affossare, esaltare o stroncare un libro da sola, cosa che nessun altro più riesce a fare con tanto potere. E siccome le stroncature sono più memorabili delle lodi, la sua fama si deve soprattutto alla cattiveria con cui in oltre trent’anni – Kakutani è la critica del New York Times dal 1983 – ha maltrattato scrittori altrimenti ritenuti intoccabili. Kakutani è quella che definì L’animale morente di Philip Roth “un romanzo leggero e deludente“, Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer, “un romanzo di maniera e irritante“, Zona disagio di Jonathan Franzen “un odioso autoritratto dell’artista da giovane asino“. Franzen in cambio la definì “la persona più stupida di New York”, Norman Mailer la accusò di avercela con gli scrittori maschi bianchi e Salman Rushdie la descrisse come “una donna bizzarra che sembra sentire il bisogno di alternare la lode alla sculacciata”.

A entusiasmare Kakutani nel libro di Hallberg non è soltanto la sua capacità di fare rivivere una vecchia New York, ma anche il talento letterario in generale. Kakutani cita persino Scott Fizgerald, J.D. Salinger e Richard Price, o “l’ardore narrativo dickensiano” che ricorda quello del Cardellino di Donna Tartt.
La trama e i personaggi del romanzo, con le loro miserie e grandezze, si snodano a partire dal ritrovamento in Central Park del cadavere di una ragazzina, Samanta Cicciaro, che poco prima di morire aveva frequentato, insieme al suo amico Charlie Weisbarger, un gruppo di punk anarchici guidati da un tal Nicky Chaos. Samanta era anche l’amante di Keith Lamplighter, un finanziere di Wall Street, sposato a Regan Hamilton-Sweeney, una ricca ereditiera a sua volta sorella di William, pittore sentimentalmente legato con un aspirante scrittore, Mercer, andato a New York per scrivere il Grande romanzo americano.

In City on fire, per Kakutani il privato si fa politico: da un intrico di ritratti individuali Hallberg riesce a estrarre un ritratto complessivo di un’intera città in un’epoca precisa, alternando ricerca del dettaglio, “occhio giornalistico” e una sfrenata capacità narrativa. City on Fire “è un romanzo”, conclude Kakutani, “con un’ambizione da far saltare la testa e il potere di fermare il cuore – un romanzo che dimostra l’instancabile e illimitato talento del suo giovane autore”.