C’è davvero un ritorno degli effetti speciali “artigianali”?

Secondo il Washington Post sì, ed è “colpa” di Star Wars: ma non per questo la tecnologia digitale diventerà obsoleta

di Jen Chaney – Washington Post

Il 2015 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui il mondo del cinema è tornato ad appassionarsi agli effetti speciali “materiali”, costruiti cioè senza l’aiuto di tecnologia digitale. Nonostante quest’estate i dinosauri creati al digitale di Jurassic World abbiano ottenuto grande successo – più o meno come accadde nel 1993, quando diedero una bella spinta alla diffusione di tecnologie simili nel mondo del cinema – le grandi produzioni di Hollywood sembrano essere tornate ad apprezzare l’arte degli effetti speciali “artigianali”.

All’inizio di quest’anno, Furious 7 ha proseguito la sua lunga tradizione di mostrare Vin Diesel che fa cose spericolate infilando in una scena chiave del film cinque automobili che vengono lanciate – per davvero – da un aeroplano. Mad Max: Fury Road è stato lodato come uno dei migliori reboot degli ultimi anni – cioè film che riprendono vecchie saghe cinematografiche cambiandone alcuni elementi – in parte per via del suo sfondo desertico e dei folli ed enormi macchinari visti nel film, costruiti e poi filmati dalla produzione. E poi c’è Mission Impossible: Rogue Nation, in cui abbiamo visto Tom Cruise appeso con le sue dita reali a un vero Airbus A400M, che poco prima si era alzato in volo sopra un’autostrada (vera anche questa). Tutto questo ha fatto dire al magazine The Verge che quest’anno stiamo assistendo al ritorno degli effetti speciali “materiali”: e la loro affermazione potrebbe essere consolidata dall’uscita di The Martian, il nuovo film di Ridley Scott in cui è stata riprodotta e filmata una tempesta di sabbia su Marte, e da quel film di cui in giro si parla così poco, Star Wars: Il risveglio della Forza.

Dalle prime scene diffuse del Risveglio della Forza si può intuire che la produzione del film abbia investito molto sul ritorno di effetti speciali artigianali come la costruzione di enormi navicelle o pupazzi di mostri: è l’approccio che ha caratterizzato e reso così famosa la prima trilogia, e che è stato successivamente abbandonato nei film della “seconda” trilogia, ricchi di effetti speciali creati con la tecnologia digitale. Dennis Muren – il “guru” degli effetti speciali, che lavora con la celebre Industrial Light & Magic da quando è stata fondata 40 anni fa durante le riprese del primo Star Wars – ha spiegato che la fissazione di Hollywood per le CGI (che sta per “computer-generated imagery”, “immagini generate al computer”) si è intensificata proprio a causa dei film di Star Wars usciti fra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, che avevano dimostrato in che modo la tecnologia digitale poteva espandere le possibilità della cinematografia.

Muren, che in carriera ha vinto 9 premi Oscar per i suoi lavori fra cui Jurassic Park e E.T.: l’extraterrestre, ha spiegato che «tutto è cominciato con George Lucas e “La minaccia fantasma” [il primo film nella “nuova” trilogia di Star Wars], un film che non avrebbe mai potuto realizzare senza spenderci un miliardo di dollari. Lui ha insistito, e alla fine ha fatto vedere a tutti quali erano le possibilità di questa tecnologia. Tutto è diventato enorme perché all’improvviso potevi raccontare queste grandi storie. Credo però che ora sia diverso e le persone abbiano capito che non è necessario mostrare 20.000 mostri sullo schermo: ne bastano 20. Ora si sta cercando di pensare a contesti che possono creare empatia, più che a set enormi».

Stephanie Allen, vicepresidente degli effetti speciali alla casa di produzione Paramount, ha spiegato che «in passato era come se tutti avessero a disposizione un nuovo ed eccitante giocattolo: e così hanno iniziato a giocarci, esplorandone tutte le possibilità. Ora credo che l’orientamento generale preveda di trarre il meglio da entrambe le esperienze: sia quella “materiale” sia quella digitale. Oggi cerchiamo di usare un dato strumento nel modo e nei tempi giusti, e non perché semplicemente si trova nella cassetta degli attrezzi».

Negli scorsi anni l’uso della CGI ha probabilmente raggiunto il picco del suo impiego, ma difficilmente diventerà obsoleto. Quasi tutti i film che prevedono grosse produzioni vengono ritoccati digitalmente nella fase di post-produzione. Anche in Mad Max, con tutti i suoi incidenti fracassoni e le scene nel deserto della Namibia, circa 1600 inquadrature sono state ritoccate in digitale. Ma se gli effetti speciali “materiali” stanno tornando di moda è anche grazie al lavoro di registi come Miller e come Christopher Nolan, che ha realizzato Il cavaliere oscuro e Inception. E anche grazie al nuovo gusto degli spettatori.

Mike Chambers, che ha lavorato agli effetti speciali di Inception, ha detto che «il pubblico sta diventando smaliziato e ha più interesse di un tempo a capire come vengono fatti i film». Secondo Simon Rosenthal, il capo dello studio di effetti speciali australiano che ha realizzato gli effetti di Mad Max, «gli spettatori sono eccitati dal pensiero: “caspita, quello che ho visto è successo per davvero”. Negli ultimi dieci o quindici anni gli effetti speciali digitali hanno fatto sì che alle persone non venissero più in mente cose del genere».

Secondo altri ciò che ha fatto stufare la gente degli effetti digitali è stato il loro cattivo utilizzo. Di recente Freddie Wong, cofondatore di Rocket Jump, uno studio che si occupa di effetti speciali digitali, ha fatto la voce narrante di un video intitolato “Perché gli effetti speciali digitali sono schifosi (anche se in realtà non fanno schifo)”. Secondo Wong, quando gli effetti speciali digitali sono creati con precisione e da artisti dotati possono davvero creare scene meravigliose. Il guaio è che il loro eccessivo utilizzo ha generato molte critiche verso questo tipo di tecnologia e verso chi ne fa uso. Di certo il video di Wong ha toccato un nervo scoperto, dato che in un mese ha ottenuto più di quattro milioni di visualizzazioni su YouTube.

La cosa su cui tutti sono d’accordo è che le due tecnologie non sono in competizione: «ci sono momenti in cui usare la CGI e altri in cui preferire effetti speciali materiali: si tratta di trovare la combinazione giusta», ha spiegato Neil Corbould, un supervisore di effetti speciali che di recente ha vinto un Oscar per il suo lavoro nel film di fantascienza Gravity e che ha lavorato anche a The Martian.

Anche dei pionieri come Muren, che hanno sempre usato con destrezza entrambe le tecnologie, sanno quanto la CGI sia rilevante ma anche delicata da gestire. Quando gli è stato chiesto se i dinosauri creati in digitale in Jurassic World – che riproducono le movenze di attori che hanno recitato indossando dei sensori di movimenti – siano migliori o peggiori di quelli realizzati da lui stesso in digitale nel 1993, Muren ha risposto: «i nuovi effetti digitali, quando li vedo, mi sembrano più realistici di qualsiasi altra cosa abbia mai visto».

©Washington Post 2015