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  • Mercoledì 8 luglio 2015

Cosa ha detto Alexis Tsipras a Strasburgo

Il primo ministro greco ha parlato al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria: ha detto che l'austerità ha fallito e che il debito del suo paese deve essere ridotto

Alexis Tsipras (AP Photo/Francois Walschaerts)
Alexis Tsipras (AP Photo/Francois Walschaerts)

Il primo ministro greco Alexis Tsipras ha parlato al parlamento di Strasburgo riunito in sessione plenaria, preceduto dal presidente della Commissione Jean-Claude Junker e dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Il suo discorso è stato applaudito dalla parte destra e sinistra del parlamento, mentre il centro (con popolari, liberali e socialisti) è rimasto muto. Anche la sua accoglienza è stata festosa e fischiata, allo stesso tempo. Nella notte tra martedì 7 e mercoledì 8 luglio i leader dei paesi che adottano l’euro riuniti a Bruxelles, in Belgio, avevano deciso di dare alla Grecia 48 ore per presentare le sue nuove proposte dopo l’esito del referendum di domenica scorsa, che ha respinto le proposte dei creditori internazionali per un nuovo piano di salvataggio della sua economia in profonda crisi da anni.

Tsipras ha detto che il governo greco presenterà oggi una serie di proposte per ottenere un nuovo prestito internazionale e che invierà le sue richieste all’Esm (il Fondo salva Stati). Ha fatto un discorso più politico che economico, spiegando che l’austerità finora è un «esperimento che non ha avuto successo», che la Grecia è stata il laboratorio di quell’esperimento e che la maggioranza del popolo greco non ha avuto altra scelta «se non cercare di liberarsi da questa strada senza uscita, speranza che ha espresso con il mezzo più democratico possibile». Ha parlato di una scelta coraggiosa del popolo greco che è avvenuta in condizioni di pressioni senza precedenti, con le banche chiuse e i mezzi di informazione che hanno drammatizzato la situazione: «Non si tratta di una scelta di rottura con l’Europa, ma è la scelta di tornare ai valori che stanno alla base dell’Unione europea: è un messaggio chiarissimo. Occorre rispetto per la scelta del nostro popolo».

Tsipras ha quindi parlato della necessità di un accordo che «ci porti fuori dalla crisi e che dia l’impressione che alla fine del tunnel c’è la luce: che preveda riforme basate su una giusta distribuzione dei pesi facendoli gravare soprattutto su chi li può portare» cioè su coloro, ha precisato, «che negli ultimi cinque anni sono stati protetti dai precedenti governi». Ha parlato della necessità di salvaguardare le fasce basse e più povere della popolazione con l’obiettivo di «arrivare a una crescita sostenibile e equilibrata». Delle nuove proposte ha parlato in modo generico, dicendo che sono «affidabili» e che «garantiscono una giusta distribuzione dei pesi». Ha detto che «includono la questione della soddisfazione completa delle esigenze finanziarie del paese» ma anche quella di un programma di crescita: «Ci siamo fatti carico del dovere di avanzare delle proposte concrete e spero che nei prossimi giorni riusciremo a rispondere alle esigenze di questa congiuntura così importante: le esigenze della Grecia e le esigenze dell’eurozona».

Tsipras ha chiesto «un impegno immediato a lanciare un dibattito di merito per affrontare la questione della sostenibilità del debito pubblico. Dobbiamo vedere la realtà per quella che è, cercando di trovare soluzioni necessarie per quanto difficili». Ha poi aggiunto: «Vorrei essere schietto su una cosa: le proposte del governo per la ristrutturazione del debito e per un nuovo finanziamento non hanno l’obiettivo di gravare sui paesi dell’eurozona». Tsipras ha detto che «i fondi stanziati finora non sono mai arrivati al popolo greco ma alle banche greche e europee». Inoltre ha spiegato che dall’agosto del 2014 la Grecia attende la rata di aiuti scaduta il 30 giugno del 2015 pari a 7,2 miliardi di euro e che però non è stata mai erogata: «E non era al potere il nostro governo. Ma a quel tempo, parte del programma non è stato applicato perché non poteva essere applicato. Un programma non deve solo essere corretto ma deve essere anche applicabile, devono cioè sussistere le condizioni sociali per applicarlo». Tsipras ha precisato che negli ultimi tempi la Grecia ha rivendicato quei 7,2 miliardi avendo rispettato finché ha potuto gli obblighi nei confronti di quelle stesse istituzioni che dovevano sbloccare l’ultima rata.

Il primo ministro greco ha spiegato di non essere «di quei politici che ritengono che per tutte le sofferenze» del suo paese «sono colpevoli gli stranieri cattivi: per moltissimi anni i governi che si sono succeduti in Grecia hanno rafforzato la corruzione, creato uno stato clientelare, hanno rafforzato i legami tra potere politico e economia e hanno lasciato incontrollata l’evasione fiscale». Citando una ricerca di Credit Suisse ha detto che il 10 per cento dei greci detiene il 56 per cento della ricchezza nazionale e che questo 10 per cento «durante l’austerità è rimasto fuori dal mirino». Queste «grandi ingiustizie» nei vari memorandum e accordi con i creditori «non hanno trovato soluzione: le nostre proposte si concentrano su riforme concrete che vogliono cambiare la Grecia. E che né i vecchi governi ma nemmeno i programmi di salvataggio volevano venissero realizzate». Tsipras ha parlato del miglioramento del meccanismo fiscale, della necessità «di rompere il forte intreccio che anche prima della crisi c’era tra gli oligarchi e le banche», del funzionamento e dell’efficacia della macchina dello stato che negli ultimi anni «ha imparato a inseguire interessi particolari e non il bene pubblico», degli oligopoli, dei vari cartelli sui mercati e di leggi contro la corruzione: «Queste sono le priorità del nostro governo e ci attendiamo l’accordo dei nostri alleati su queste priorità».

Il primo ministro ha concluso dicendo che «oggi siamo qui forti del mandato del popolo greco e non con la volontà di scontrarci con il resto d’Europa, ma con quelle mentalità che vogliono affondare la Grecia e l’eurozona». La storia europea è una storia di conflitti ma anche di compromessi, di convergenze e divergenze, ma anche di unioni e non di divisioni. Facciamo sì che questa Europa non diventi un’Europa divisa. Siamo chiamati a trovare un compromesso positivo per evitare una frattura che ribalterebbe la tradizione dell’Europa unita. Sono certo che tutti ci assumeremo questa responsabilità storica».