Le ultime sull’infermiere italiano con ebola

Ha avuto un "modesto miglioramento" e non ha febbre; a Sassari 19 persone che sono entrate in contatto con lui sono in autoisolamento

L'arrivo il 13 maggio a Roma dell'aeroplano che ha trasportato l'infermiere affetto da ebola (EPA/Aeronautica Militare)
L'arrivo il 13 maggio a Roma dell'aeroplano che ha trasportato l'infermiere affetto da ebola (EPA/Aeronautica Militare)

A Sassari 19 persone sono in autoisolamento per essere entrate in contatto lo scorso fine settimana con l’infermiere di Emergency affetto dal virus ebola, e attualmente ricoverato presso l’Istituto Spallanzani di Roma. L’isolamento serve a evitare che persone potenzialmente contagiate possano a loro volta contagiarne altre: si tratta comunque di una precauzione ed è improbabile che ci possano essere nuovi casi della malattia. Tra le persone coinvolte ci sono, oltre al personale medico, quelle che hanno eseguito le analisi di laboratorio presso l’ASL di Sassari, che hanno confermato il contagio dell’infermiere di Emergency.

Sempre a Sassari, le autorità sanitarie sono al lavoro per ricostruire i contatti che l’infermiere ha avuto la settimana scorsa dopo il suo rientro dalla Sierra Leone, dove lavorava presso uno dei centri medici allestiti da Emergency per dare aiuto ai malati di ebola. I risultati delle indagini eseguite in questi giorni saranno poi passate all’assessorato regionale alla Sanità, che avrà il compito di fare valutazioni sulle procedure seguite dalla ASL di Sassari per trattare il paziente fino al suo trasferimento a Roma. Il sindacato autonomo FSI (Federazione Sindacati Indipendenti) ha espresso qualche perplessità sulla gestione dell’infermiere, ipotizzando che possano esserci state disattenzioni in alcune fasi del suo trattamento e poi durante il suo trasferimento in aereo verso Roma su un mezzo dell’Aeronautica militare.

Dal 13 maggio scorso l’infermiere di Emergency è ricoverato presso l’Istituto Spallanzani di Roma, la stessa struttura in cui era stato trattato il medico Fabrizio Pulvirenti – sempre di Emergency – alla fine del 2014 e guarito dal virus nei primi giorni del 2015. Secondo l’ultimo bollettino emesso dai medici dello Spallanzani, l’infermiere “ha avuto un modesto miglioramento delle condizioni cliniche generali, è vigile e autosufficiente”. Non ha febbre e ha “modesti sintomi respiratori”, mentre sono “quasi del tutto scomparsi i sintomi gastrointestinali”. L’infermiere è sottoposto a una terapira antivirale che serve a mantenere bassa la concentrazione del virus nel suo organismo, in modo da dare al suo sistema immunitario più possibilità di tenere la malattia sotto controllo.

Non esiste un vaccino per evitare di ammalarsi di ebola, né una cura efficace con farmaci per ridurre al minimo gli effetti del virus. Di solito, quando viene diagnosticata la malattia si viene ricoverati e messi in isolamento, per evitare il contagio di altre persone. Dopodiché vengono avviate terapie per ridurre il più possibile la febbre, mantenere idratati i pazienti e tenere sotto controllo il decorso della malattia. Chi guarisce lo deve principalmente al proprio sistema immunitario, che riesce a superare l’infezione e a rendere innocuo il virus, come avviene dopo qualche giorno per un’influenza. In sostanza, molto della guarigione dipende dalle condizioni di salute generali di ogni individuo, dall’età (più si è giovani meglio è) e da numerose altre variabili a livello genetico: come per le altre malattie virali.

L’epidemia di ebola in Africa occidentale ha causato la morte di almeno 11mila persone, soprattutto in Sierra Leone, Guinea e in Liberia, dove l’emergenza sanitaria è stata dichiarata finita a inizio maggio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’epidemia sta recedendo anche negli altri paesi interessati dall’epidemia. Nel corso dell’ultima settimana in Sierra Leone e Guinea si sono registrati solamente nove nuovi casi di ebola, il numero più basso dall’inizio dell’anno.