Il buco nell’ozono, 30 anni fa

Il 16 maggio 1985 un gruppo di scienziati pubblicò su Nature uno degli articoli scientifici più influenti del secolo: parlava di un buco nella fascia di ozono che protegge la Terra

Il 16 maggio del 1985 la rivista scientifica Nature pubblicò uno degli articoli scientifici più influenti del secolo. Un gruppo di ricercatori, guidato dal fisico Joe Farman, aveva scoperto che a 22 chilometri di altezza sopra i ghiacci dell’Antartide si era formato un buco nella fascia di ozono, un gas che avvolge la Terra e la protegge dai raggi ultravioletti dannosi del Sole. L’articolo ebbe quasi immediatamente una risonanza mondiale e due anni dopo, nel 1987, una conferenza internazionale vietò i clorofluorocarburi (CFC), i gas responsabili del danneggiamento della fascia di ozono. Trent’anni dopo la fascia di ozono si sta lentamente ricostituendo. Quello causato dall’articolo di Farman fu uno dei pochi eventi nella storia recente in cui i leader mondiali riuscirono a prendere una decisione comune per il bene della Terra.

I CFC
La scoperta di Farman non sarebbe stata possibile senza il lavoro di un altro scienziato che dieci anni prima scoprì che nei CFC c’era qualcosa che non andava: il suo nome era Frank Sherwood Rowland, era un ricercatore di chimica dell’Università della California-Irvine. Nel 1972 Rowland partecipò a una conferenze in cui si parlava dei CFC, un composto molto utilizzato all’epoca come refrigerante, solvente e come propellente nelle bombolette spray. Era una sostanza scoperta negli anni Trenta dalla società DuPont. Il Freon, il marchio con cui era stata commercializzata, aveva avuto successo grazie al fatto che i CFC non erano infiammabili ed erano molto meno tossici delle sostanze utilizzate in precedenza.

I CFC erano considerati composti stabili e quindi sicuri: Rowland, con l’aiuto di un assistente, scoprì però che quando questi gas venivano trasportati nella stratosfera, quindi a grandissime altezze, la luce solare poteva causare una reazione che portava il CFC a scomporsi. Uno degli elementi nei quali i CFC si scomponevano poteva innescare una reazione chimica che poteva causare la distruzione dell’ozono. All’epoca era già ben conosciuta l’importanza dell’ozono, gas che avvolge la Terra e la ripara da alcune delle radiazioni ultraviolette più intense e pericolose tra quelle emanate dal sole. In altre parole, Rowland aveva scoperto che i CFC stavano mettendo seriamente a rischio l’integrità dell’atmosfera terrestre.

La scoperta non venne immediatamente accolta con favore: dietro i CFC c’erano grossi interessi economici ed eliminarli completamente, come chiedeva di fare Rowland insieme al collega Mario Molina, sarebbe costato moltissimo denaro, tanto ai governi quanto alle multinazionali che producevano i gas. Rowland venne addirittura accusato di essere un agente del KGB – i temibili servizi segreti sovietici – e la sua scoperta venne ridicolizzata. Rowland proseguì però con i suoi studi e nel corso degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta continuò a sostenere la pericolosità dei CFC. Come scrisse all’epoca: «A cosa ci serve aver sviluppato una scienza in grado di fare previsioni se tutto quello che siamo disposti a fare è restare fermi e aspettare che quelle previsioni si realizzino?». Nel 1995 la sua scoperta gli valse il premio Nobel per la chimica.

Il buco
Nel 1976 la perseveranza di Rowland e degli scienziati che avevano confermato la sua scoperta cominciò a dare i suoi frutti. Stati Uniti, Canada, Norvegia, Svezia e Danimarca iniziarono ad approvare regolamenti che limitavano l’utilizzo di CFC e nel 1978 gli Stati Uniti vietarono completamente le bombolette spray che li contenevano. Nel frattempo, altri scienziati elaborarono complessi modelli matematici per cercare di capire quanto l’effetto teorizzato da Rowland avesse effettivamente danneggiato lo strato di ozono. I risultati erano incoraggianti e diversi scienziati stimarono che gli effetti dei CFC sulla fascia di ozono sarebbero stati ridotti ancora per molti anni.

Fu allora che Farman pubblicò il suo studio. Farman aveva concentrato le sue ricerche sull’integrità della fascia di ozono sopra l’Antartide, una regione del mondo dove le temperature particolarmente basse creano le condizioni ideali per generare la reazione chimica in grado di dissolvere l’ozono. Nei due poli, la fascia di ozono non è costante tutto l’anno, ma si ispessisce e assottiglia a seconda della stagione. Farman e i suoi colleghi scoprirono che negli ultimi anni, durante l’inverno, le concentrazioni minime di ozono sopra l’Antartide erano crollate fino al 70 per cento: in altre parole avevano scoperto che per molti mesi all’anno nella fascia di ozono compariva un “buco” grande quanto un piccolo continente.

La loro scoperta accelerò rapidamente i cambiamenti che Rowland aveva messo in moto dieci anni prima. L’amministrazione americana, guidata all’epoca dal presidente Ronald Reagan, cominciò a occuparsi della questione: nel 1987 il governo americano contribuì a organizzare a Montreal, in Canada, una conferenza in cui decine di paesi si accordarono per eliminare gradualmente e regolare la produzione e l’utilizzo di CFC in tutto il mondo. Davanti alle pressioni dell’opinione pubblica, degli ambientalisti e infine anche dei governi, l’industria dei CFC aderì alla campagna contribuendo all’introduzione di sostituti più sicuri e meno dannosi.

Negli ultimi trent’anni il buco nell’ozono ha smesso di crescere e si sta lentamente rimarginando. È probabile che ci vorranno decenni per comprendere esattamente quali e quanti danni ha causato. Il fatto che il buco fosse aperto su un territorio sostanzialmente disabitato come l’Antartide ha probabilmente evitato molti danni, ma nei momenti in cui il buco è stato più largo i suoi bordi sono arrivati a sfiorare Australia, Nuova Zelanda e Cile. L’aumento dei raggi UV potrebbe aver avuto conseguenze per le popolazioni locali, come un aumento delle scottature solari e dei tumori della pelle.

Dopo aver contribuito a salvare il mondo avvertendo dei pericolo del CFC, Rowland e Farman hanno continuato la loro attività, contribuendo al dibattito sul riscaldamento globale e chiedendo che i governi del mondo adottassero nei confronti dei gas serra – quelli ritenuti responsabili dell’aumento delle temperature – un’azione simile a quella adottata nei confronti dei CFC. Ma fino ad ora gli sforzi dei governi non hanno avuto la stessa incisività che ebbero quelli portati avanti negli anni Ottanta. Rowland è morto nel marzo del 2012 e Farman quasi esattamente un anno dopo, nel maggio del 2013.