Cosa ha portato a casa la Grecia?

Per ora quasi niente, in tre mesi di governo Tsipras: domani ci sarà un altro vertice sugli aiuti europei, ma il governo ha soldi fino a giugno, secondo le ipotesi più realistiche

Aggiornamento dell’11 maggio: Il ministero delle Finanze della Grecia ha fatto sapere di aver dato l’ordine di pagamento di 750 milioni di euro verso il Fondo Monetario Internazionale: è una rata del piano di rimborso per i presititi ricevuti che sarebbe scaduta martedì 12 maggio.

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Lunedì 11 maggio i ministri delle Finanze dei paesi che condividono l’euro come moneta si incontreranno ancora una volta per decidere se fornire alla Grecia un prestito da circa 7 miliardi di euro di cui il paese ha bisogno per non dichiarare fallimento. Fino a pochi giorni fa l’impressione generale era che l’incontro di domani avrebbe finalmente messo fine alla questione che dura oramai da gennaio – da quando si è insediato il nuovo governo greco – ma questa settimana le cose si sono di nuovo complicate. I governi europei chiedono che la Grecia si impegni in una serie di riforme, di tagli e di misure per combattere l’evasione fiscale. Il governo greco, invece, sostiene che il paese non è più in grado di affrontare ulteriori sacrifici se non entro ridotti limiti. Non è chiaro quanto tempo resti alla Grecia prima di terminare definitivamente le risorse: secondo le stime fatte dal Consiglio dei ministri delle Finanze dell’Unione Europea la Grecia ne ha per poter sopravvivere senza aiuti fino a giugno.

Dove eravamo rimasti
Lo scorso gennaio la coalizione di sinistra Syriza guidata dall’attuale primo ministro Alexis Tsipras ha vinto le elezioni greche con un programma in cui prometteva di rinegoziare gli accordi stabiliti dal suo predecessore per ottenere gli aiuti europei. Quegli accordi prevedevano varie misure di austerità fiscale e privatizzazioni: misure eccessive, secondo Syriza, e che quindi andavano cambiate. La principale “leva” che i greci possono utilizzare per ottenere questi cambiamenti è la minaccia di uscire dall’euro. Per il resto dell’Europa gli effetti di questa decisione non sarebbero così gravi come sarebbero stati qualche anno fa (in gergo si dice che la Grecia è stata “isolata”), ma avrebbero comunque conseguenze negative soprattutto in una fase in cui la ripresa economica dell’Europa sembra ancora molto incerta.

Inizialmente i negoziatori greci, guidati dal ministro delle finanze Yanis Varoufakis, erano riusciti ad ottenere alcuni piccoli successi. Ad esempio, da gennaio i negoziati si svolgono in maniera diretta tra i rappresentanti greci e i partner europei e non più attraverso la cosiddetta “Troika”, il gruppo negoziale formato dagli inviati di Commissione Europea, Banca Centrale e Fondo Monetario Internazionale. Il resto dei negoziati, però, non ha prodotto molti risultati. Il governo greco ha presentato un piano di riforme che però è stato ritenuto completamente insufficiente (era il piano di cui si è parlato molto e che prevedeva tra l’altro di trasformare studenti e turisti in informatori della polizia tributaria) e di conseguenza i partner europei hanno rifiutato di fornire alla Grecia il nuovo prestito da 7 miliardi di euro fino a che non riceveranno un piano di riforme più dettagliato.

Un professore di legge ed economia all’università di Atene, Aristides Hatzis, ha spiegato al Guardian quali secondo lui sono stati gli errori dei negoziatori greci: «Sono riusciti ad alienare anche i nostri alleati naturali [Italia e Francia, soprattutto] adottando un approccio del tipo “noi siamo meglio di voi”. In questi tre mesi hanno capito invece che negli accordi si può cambiare molto poco». A questo si aggiunge il fatto che in molti vedono nella minaccia greca di uscire dall’euro una “pistola scarica”. In altre parole ritengono che la Grecia avrebbe molto più da perdere del resto dell’Eurozona da un’uscita dall’euro e questo rende molto debole la posizione negoziale di Varoufakis e Tsipras. In Germania, uno dei paesi più severi nei confronti delle richieste greche, diversi politici stanno addirittura chiedendo alla cancelliera Angela Merkel di abbandonare i negoziati e lasciare che la Grecia esca dall’euro.

Cosa succederà ora
Recentemente Varoufakis è stato duramente criticato dagli altri ministri delle Finanze per il suo atteggiamento durante i negoziati e Tsipras ha deciso di affiancargli altre figure nelle trattative. Inizialmente questa scelta era stata vista come un segno che la Grecia fosse pronta a cedere su alcuni punti chiave del negoziato e che la trattativa potesse infine sbloccarsi nell’incontro di domani, ma questa settimana le cose sono cambiate ancora. Il problema è che la stessa coalizione di Tsipras è molto divisa su come comportarsi nel corso dei negoziati. Mentre alcuni esponenti sono favorevoli a trovare un accordo con l’Europa, molti altri, come ad esempio il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis, sostengono che il governo dovrebbe dimettersi piuttosto che accettare condizioni diverse da quelle promesse nel programma presentato alle ultime elezioni.

Nonostante questa situazione estremamente complicata Tispras gode ancora di un tasso di approvazione molto alto tra i greci e ha ancora a disposizione un considerevole capitale politico. Per sfruttare questa situazione, Tsipras ha proposto di fare un referendum nel quale chiedere ai greci se sono disposti ad accettare le condizioni imposte dai partner europei per il salvataggio. In questo modo, ha spiegato Hatzis, Tsipras potrebbe giustificare la marcia indietro rispetto al programma elettorale dello scorso gennaio e nel contempo evitare al paese la bancarotta. La sua maggioranza in parlamento, però, è molto risicata e a quel punto bisognerebbe vedere come reagirebbero i suoi alleati più contrari all’accordo.