• Libri
  • Mercoledì 25 febbraio 2015

I nativi digitali preferiscono i libri di carta?

Lo dice un nuovo libro americano, spiegando e articolando: e i confusi editori di tutto il mondo dovranno tenerne conto

di Michael S. Rosenwald – Washington Post

A student shows US President Barack Obama how he is working to creat an ebook as he visits a classroom at Buck Lodge Middle School in Adelphi, Maryland, on February 4, 2014 before speaking detailing progress toward his ConnectED goal of connecting 99 percent of students to next-generation broadband and wireless technology within five years. AFP PHOTO/Jewel Samad (Photo credit should read JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images)
A student shows US President Barack Obama how he is working to creat an ebook as he visits a classroom at Buck Lodge Middle School in Adelphi, Maryland, on February 4, 2014 before speaking detailing progress toward his ConnectED goal of connecting 99 percent of students to next-generation broadband and wireless technology within five years. AFP PHOTO/Jewel Samad (Photo credit should read JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images)

Frank Schembari ama i libri: i libri stampati. Gli piace il loro odore. Gli piace scribacchiare ai margini, sottolineare le frasi interessanti, piegare un angolo della pagina per tenere il segno. Schembari non è un pensionato che sorseggia tè in una qualche polverosa libreria. Ha vent’anni, è al terzo anno all’American University di Washington DC, sta sfogliando un librone sulla storia di Israele tra una lezione e l’altra, ed è la testimonianza vivente di un fatto piuttosto ironico e peculiare dell’epoca di internet: i nativi digitali preferiscono leggere i libri sulla carta. «Mi piace la sensazione», dice Schembari, mentre legge alla luce del sole nell’atrio del campus universitario, con lo smartphone a portata di mano. «Mi piace tenerlo in mano. Non si scarica. Non emette suoni».

Chi lavora in una casa editrice, i proprietari delle librerie e i sondaggi sugli studenti universitari mostrano che tantissimi ventenni e trentenni preferiscono ancora la stampa per le letture di piacere e lo studio: un’inclinazione che sorprende chi fa ricerca sul modo in cui leggiamo, vista la tendenza dello stesso gruppo d’età a consumare gran parte dei contenuti su digitale. Secondo uno studio pilota della University of Washington sui libri di testo digitali, un quarto degli studenti preferisce ancora la versione stampata. «Queste persone non dovrebbero nemmeno ricordarsi l’odore di un libro», ha detto Naomi S. Baron, linguista alla American University che studia la comunicazione digitale. «È piuttosto sbalorditivo».

All’inizio di febbraio Baron ha pubblicato Parole sullo schermo: il destino della lettura in un mondo digitale (Words Onscreen: The Fate of Reading in a Digital World), un libro (cartaceo ed elettronico) che prende in considerazione la preferenza degli studenti per la carta stampata e che spiega in modo scientifico perché la versione cartacea di un libro è spesso migliore di quella digitale. Per esempio quando si legge su schermo si tende a scorrere rapidamente le parole e la distrazione è inevitabile, a spese della comprensione del testo.

In anni di ricerca, Baron ha chiesto agli studenti cosa piace loro meno del leggere su carta. La sua risposta preferita è: «Ci metto più tempo, perché leggo con più attenzione». La preferenza per la carta rispetto al digitale si riscontra un po’ ovunque, anche nelle librerie indipendenti, come per esempio la Curious Iguana nel centro di Frederick, in Maryland. La sua proprietaria, Marlene England, ha spiegato che ventenni e trentenni preferiscono la stampa perché «è più facile seguire le storie». Gli studi mostrano che le persone che leggono di più su carta sono i 18-29enni, che sono anche quelli che utilizzano in gran numero le biblioteche pubbliche.

Le case editrici che stampano libri di testo universitari stanno promuovendo la diffusione delle versioni digitali, che sono più redditizie dato che produrle costa molto meno. Don Kilburn, responsabile del Nord America per Pearson, la più grande casa editrice del mondo e la più importante nell’ambito dell’istruzione, ha detto che lo spostamento al digitale «al momento non sembra una rivoluzione: sembra più un’evoluzione, anche piuttosto impacciata».

La cosa è evidente soprattutto nei campus universitari, dove gli studenti si trascinano ancora zaini strapieni di libri, anche se durante le lezioni prendono sempre più spesso appunti (o danno un’occhiata a Facebook) sul computer. All’American University, Cooper Nordquist, uno studente di Scienze politiche del terzo anno, si porta dietro La democrazia in America, il librone da più di 900 pagine di Alexis de Tocqueville. «Non penso proprio di poter leggere o capire Tocqueville in e-book», ha detto mentre controllava la posta elettronica aspettando l’inizio di una lezione. «Sarebbe orrendo». Senza aver letto il libro di Baron, il ragazzo ha spiegato la sua preferenza per i libri stampati arrivando agli stessi motivi trovati dalla studiosa.

Per Nordquist infatti la cosa più importante è «costruire nella mia mente una mappa fisica in cui posizionare e ritrovare le cose». I ricercatori dicono che i lettori ricordano più facilmente le cose che hanno letto quando le associano a una certa posizione in una certa pagina: quel dialogo si trovava all’inizio di quella pagina con quel lungo paragrafo e con una macchia nell’angolo. I ricercatori pensano che questo sia anche un aspetto fondamentale per la comprensione del testo. Un meccanismo del genere sullo schermo è più difficile: innanzitutto perché quando leggiamo online scorriamo rapidamente le parole, prendendo raramente “appunti mentali”. Baron cita una ricerca secondo cui i lettori impiegano un po’ più di un minuto sulle pagine web e solo il 16 per cento delle persone legge parola per parola. Un simile comportamento può portare a leggere a blocchi di testo quando si affronta una lettura più lunga sullo schermo. «Non riesco ad assorbire molto», ha detto uno studente a Baron. Un altro ha detto che «online è più difficile tenere il punto».

Un altro problema significativo, specialmente per gli studenti universitari, è la distrazione. Le vite dei 20-30enni sono vissute in buona parte sugli schermi. Nelle sue ricerche Baron ha ottenuto risposte sbalorditive quando chiedeva agli studenti se si distraevano più facilmente con un libro cartaceo o digitale: soltanto l’uno per cento ha indicato i testi stampati, il 90 per cento quelli digitali. All’inizio di febbraio, mentre parlava agli studenti del secondo anno a proposito della lettura online, Baron ha parlato della necessità di dover impegnarsi di più e fare più attenzione quando si studia su schermo. Uno studente ha commentato: «Uno si distrae così facilmente. Finisco un paragrafo e vado su Tumblr, tre ore dopo non ho ancora finito di leggere quel che dovevo».

Poi ci sono anche ragioni bizzarre e piuttosto pigre per la preferenza degli studenti universitari per la stampa: come per esempio prendere in prestito libri di testo già sottolineati e pieni note ai margini. Wallis Neff, studente di giornalismo al secondo anno, ha detto per esempio che era felicissima di aver trovato un libro di testo di psicologia «passato attraverso molte mani. Aveva un sacco di note e altre cose, molte frasi spiegate. È stato parecchio utile».

Quindi quand’è che gli studenti dicono di preferire i testi digitali?

Per le lezioni di scienza e matematica, per esempio. I libri di testo includono spesso l’accesso a siti Internet che aiutano a risolvere problemi e monitorare l’apprendimento. I produttori di libri di testo premono per queste «innovazioni dell’apprendimento digitale», così da renderlo più interessante. Li preferiscono anche per le lezioni in cui bisogna trovare un’informazione rapidamente e si può utilizzare il tasto control F – il comando “Trova”, che non esiste in un libro stampato – per rintracciare al volo le parole chiave.

E li preferiscono per ragioni economiche, soprattutto quando sono gratis. Il Book Industry Study Group ha recentemente scoperto che circa un quarto dei 1.600 studenti intervistati ha scaricato o conosce qualcuno che ha scaricato illegalmente libri di testo digitali. Gli studenti insomma non sono così nobili nelle pratiche di lettura quando hanno bisogno dei soldi per la birra. Diventano “ladri di conoscenza”. Ma forse rubare i testi è più una conseguenza del costo sempre più alto dell’istruzione – dal 2002 al 2012 il prezzo dei libri di testo è aumentato dell’82 per cento negli Stati Uniti – che un segreto desiderio degli studenti di leggere in digitale. Quando il costo non è un fattore, le ricerche di Baron mostrano che gli studenti preferiscono di gran lunga la carta. Studi simili arrivano alle stesse conclusioni.

Il problema, scrive Baron, è anche il “cambiamento pedagogico” messo in atto dalle facoltà universitarie e dalle case editrici di libri di testo, che spingono gli studenti a tagliare i costi «preoccupandosi poco delle conseguenze sull’istruzione. Per esempio dobbiamo riflettere con maggior attenzione sul crescente rifiuto degli studenti per le letture lunghe». Questa riflessione non dovrebbe limitarsi ai 20-30enni, dice Baron. In tutto il paese il sistema scolastico compra milioni di tablet e computer per le classi, promettendo libri di testo più facili da aggiornare, costi più bassi, meno problemi alla schiena dovuti al peso dei libri e più interattività. Ma i potenziali danni non sono stati considerati. «Cosa sta succedendo all’istruzione in America? Questa è la cosa che mi preoccupa. Cosa sta accadendo alle menti degli americani?».

Quando Baron ha iniziato le sue ricerche sulla lettura, alcuni colleghi l’hanno guardata con pietà. «Non lo capivo che la tecnologia va sempre avanti? Che le macchine hanno preso il posto di cavalli e carrozze? Che la stampa ha sostituito i manoscritti, i computer hanno spazzato via le macchine da scrivere e gli schermi digitali i libri? Non avevo forse letto i dati sulla vendita di lettori digitali e tablet? Non avevo forse visto tutte quelle persone leggere ebook sui dispositivi mobili? Non ero semplicemente incapace di adattarmi?»

Ma dopo aver letto cosa pensano i 20-30enni della carta stampata, Baron ha concluso: «Sono stata decisamente vendicata».

@Washington Post 2015

Foto: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images