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  • Domenica 8 febbraio 2015

A Baghdad è finito il coprifuoco

Durava da 12 anni, quando la capitale irachena fu occupata dagli americani: gli abitanti hanno festeggiato per le strade, ballando e sventolando la bandiera nazionale

Alla mezzanotte tra sabato 7 e domenica 8 febbraio è terminato il coprifuoco che da 12 anni obbligava gli abitanti di Baghdad, in Iraq, a tornare a casa prima di mezzanotte e a non uscirne fino alle cinque di mattina. Migliaia di persone sono scese in strada per festeggiare, sventolare bandiere irachene e ballare. Gli iracheni hanno festeggiato nonostante nella giornata di sabato alcune autobombe esplose in diverse zone della città abbiano ucciso più di trenta persone.

 

Il coprifuoco fu imposto nel 2003, subito dopo l’arrivo delle truppe americane in Iraq che da lì a poco avrebbero destituito l’allora presidente Saddam Hussein. Da allora la situazione della sicurezza a Baghdad è sempre stata piuttosto precaria: in particolare l’esplosione di autobombe nei mercati, nelle moschee e in altri luoghi affollati ha fatto migliaia di morti. Quando la scorsa estate è cominciata la grande avanzata dello Stato Islamico (o ISIS) nell’ovest del paese, con cui i miliziani sono arrivati molto vicini ai confini del Kurdistan iracheno, gli abitanti di Baghdad hanno anche temuto che la città diventasse il terreno di scontro tra esercito iracheno ed estremisti islamici.

In realtà è probabile che le milizie dello Stato Islamico non abbiano mai avuto le forze necessarie per occupare Baghdad. Da allora le sorti del conflitto sono in qualche misura cambiate e, anche grazie all’aiuto dei bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti, l’esercito iracheno è riuscito a riconquistare alcuni territori soprattutto a est e nord di Baghdad. Il primo ministro iracheno Haider al Abadi ha spiegato di aver voluto rimuovere il coprifuoco proprio per indicare che la situazione nel paese si starebbe in qualche misura normalizzando. Si tratta di una decisione che era attesa da tempo, ha scritto Liz Sly, inviata in Medio Oriente del Washington Post. In questi anni, nonostante la situazione della sicurezza continuamente precaria, Baghdad ha visto una sorta di rinascita:

I locali notturni hanno proliferato, le strade sono piene di negozi di liquori e le famiglie salgono in macchina ogni sera per andare a mangiare in uno dei nuovi ristoranti o passeggiare negli sfarzosi centri commerciali della città. Una barca percorre il fiume Tigri tutte le sere, servendo da mangiare su uno dei due ponti e caffè sull’altro. Un edificio con luci al neon rosa chiamato la “Clinica Barbie” coccola le donne con offerta di trattamenti di bellezza fino a tarda notte.

 

Rispetto a pochi anni fa, Baghdad è cambiata molto: allora le potenti milizie sciite paramilitari derubavano gli abitanti della città, assaltavano i negozi di liquori e i locali notturni e si scontravano tra di loro per il controllo di alcuni quartieri. L’operato dei paramilitari era più o meno coperto o tollerato dall’allora primo ministro Nouri al Maliki, costretto a rinunciare al suo incarico qualche mese fa dopo le forti pressioni interne dei suoi oppositori e internazionali dei paesi occidentali. Abadi, anche se sciita come Maliki, viene considerato più tollerante soprattutto nei confronti dei sunniti e dei curdi: lo scontro tra al Maliki e i sunniti – in particolare quelli che abitano la provincia occidentale irachena di Anbar – era stato uno dei motivi del fallimento del governo di Maliki.

Come scrive Sly, gran parte delle milizie sciite si trovano ora impegnate a combattere lo Stato Islamico: non hanno sempre tempo di occuparsi della situazione in città e anche per questo le cose vanno meglio.

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