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  • Domenica 28 settembre 2014

I nuovi attacchi aerei contro l’IS

Gli Stati Uniti hanno attaccato i miliziani dello Stato Islamico a Kobani, nel nord della Siria, con il sostegno di tre paesi arabi: e presto potrebbe aggiungersi anche la Turchia

In this photo taken on Wednesday, Sept. 24, 2014, Turkish soldiers patrol a road that marks the border with Syria near Suruc, Turkey, Wednesday, Sept. 24, 2014. More than 200,000 people fleeing the Islamic State militants’ advance on Kobani, Syria, arrived in Turkey during last five days to find safety. (AP Photo/Burhan Ozbilici)
In this photo taken on Wednesday, Sept. 24, 2014, Turkish soldiers patrol a road that marks the border with Syria near Suruc, Turkey, Wednesday, Sept. 24, 2014. More than 200,000 people fleeing the Islamic State militants’ advance on Kobani, Syria, arrived in Turkey during last five days to find safety. (AP Photo/Burhan Ozbilici)

Il dipartimento della Difesa statunitense ha detto che sabato 27 settembre sono stati compiuti i primi attacchi aerei contro le milizie dello Stato Islamico (IS) nell’area di Kobani, una città nel nord della Siria a maggioranza curda. Nelle ultime settimane l’IS ha compiuto diversi attacchi nell’area, conquistando circa 60 villaggi e costringendo 150 mila curdi a fuggire in Turchia. Alle operazioni hanno partecipato anche aerei di Emirati Arabi Uniti, Giordania e Arabia Saudita: se si considerano gli attacchi in territorio siriano compiuti dall’aviazione francese negli ultimi due giorni, hanno scritto alcuni analisti, è sempre più chiaro come l’azione della coalizione si stia espandendo. Nel frattempo, anche la Turchia, considerata uno degli alleati più reticenti della colazioni anti-IS, sembra aver deciso di aumentare il suo impegno militare.

Con l’aiuto degli attacchi aerei, le milizie curde che presidiano Kobani sono riuscite a fermare la seconda ondata di attacchi dell’IS nella zona. La prima, cominciata intorno al 21 settembre, aveva causato la fuga in Turchia di circa 150 mila curdi (un numero che ha portato il totale di profughi siriani in territorio turco a 1 milione e mezzo). Gli attacchi aerei hanno colpito soltanto un numero limitato di obiettivi e molti giornalisti sul posto sostengono che le milizie dell’IS siano tuttora molto meglio armate rispetto ai curdi. I miliziani dello Stato Islamico possono contare su artiglieria pesante, carri armati (probabilmente vecchi modelli di fabbricazione russa) e jeep blindate Humvee americane, catturate all’esercito iracheno dopo la battaglia di Mosul, lo scorso giugno.

Per il momento sembra però che i curdi siano riusciti a fermare l’avanzata dell’IS. Il fattore che ha cambiato l’esito della battaglia è stato l’arrivo dal confine turco di circa 1.500 miliziani del PKK, il gruppo di guerriglieri curdi che ha a lungo combattuto contro il governo di Ankara. A quanto pare a Kobani sono presenti anche i Peshmerga curdi che provengono dall’Iraq – i Peshmerga sono le milizie curde che rispondono al governo regionale autonomo del Kurdistan Iracheno – e i miliziani di YPG – gruppo formato in gran parte da curdi siriani. La zona dove sono avvenuti i combattimenti è chiaramente visibile dalle colline oltre il confine turco. Sabato decine di curdi, militari turchi e giornalisti si sono radunati per assistere ai combattimenti, esultando e fischiando a seconda dell’andamento degli scontri. Secondo i testimoni, gli attacchi aerei della coalizione hanno distrutto un posto di comando dell’IS oltre a un carro armato e un cannone.

Nel pomeriggio, comunque, l’artiglieria dell’IS è riuscita per la prima volta a bombardare la città di Kobani. L’insistenza dell’IS nell’attaccare quest’area è di natura strategica. La zona infatti si trova incuneata tra due aree controllate dall’IS e costringe i miliziani a compiere una lunga deviazione per passare dalla “capitale” dello Stato Islamico, Raqqa, in Siria, alla città di Jarabulus, controllata dall’IS, che si trova vicino al confine con la Turchia. Stando alle informazioni che arrivano da Kobani, a guidare l’attacco dell’IS ci sarebbe uno dei suoi più famosi comandanti, Abu Omar al-Shishani, di origine cecena.

I curdi soffrono anche dell’atteggiamento ambiguo del governo turco. A quanto pare, nelle aree di confine tra Turchia e Siria in cui gli arabi sono la maggioranza non ci sono molti controlli: in passato sembra che la Turchia abbia chiuso un occhio quando ad attraversarlo erano miliziani dell’IS. Dove invece le aree di confine sono a maggioranza curda i controlli sono più severi e l’afflusso di volontari e miliziani curdi non è sempre semplice (la settimana scorsa ci sono stati scontri tra la polizia e alcuni curdi che tentavano di entrare in Siria).

La Turchia sembra comunque intenzionata a cambiare atteggiamento nei confronti dello Stato Islamico. Fino ad ora era considerata il membro più riluttante della vasta colazione anti-IS formata da decine di paesi. Ad esempio, il governo turco aveva garantito la consegna di aiuti umanitari, ma aveva rifiutato qualunque impegno militare e aveva negato l’utilizzo delle sue basi aeree all’aviazione della coalizione. La riluttanza turca è probabilmente dovuta ad una serie di fattori, tra cui l’ostilità nei confronti dei curdi (che sono una cospicua minoranza in Turchia) e il fatto che fino a poche settimane fa l’IS teneva in ostaggio 46 membri del corpo diplomatico turco (gli ostaggi sono stati liberati lo scorso 20 settembre). Sabato 27 settembre, durante un’intervista con alcuni giornalisti, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato che il 2 ottobre il parlamento voterà una mozione per consentire all’esercito turco, in caso di bisogno, di compiere operazioni oltre il confine.